Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29562 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. II, 14/11/2019, (ud. 08/03/2019, dep. 14/11/2019), n.29562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4677/2018 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO

MAGNO N. 2/B, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PICONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ORLANDO MARIO CANDIANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BARI, depositate il

21/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/03/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO.

Fatto

RILEVATO

che:

– con ricorso al presidente della Corte di Appello di Bari, F.G. chiese, ai sensi della L. n. 89 del 2001, la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento dell’indennizzo per la irragionevole durata di un giudizio pensionistico iniziato dinanzi alla Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per la Puglia il 10/3/2006;

– il consigliere designato emise decreto col quale rigettò la domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, lett. a), per essere stata la domanda del giudizio presupposto proposta nella consapevolezza della sua inammissibilità, essendo il ricorso introduttivo di quel giudizio privo dei necessari dati anagrafici ed essendo assolutamente incerta la causa petendi posta a fondamento della domanda;

– avverso tale decreto, il ricorrente propose opposizione, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter;

– la detta Corte di Appello, in composizione collegiale, emise decreto col quale rigettò l’opposizione;

– per la cassazione di quest’ultimo decreto F.G. ha proposto ricorso affidato a sei motivi;

– il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con i primi quattro motivi (proposti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), il ricorrente deduce: 1) che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere applicabile alla fattispecie per cui è causa la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, lett. a), come modificato dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208 (a tenore del quale “Non è riconosciuto alcun indennizzo in favore della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza delle proprie domande o difese”), trattandosi di norma applicabile solo a decorrere dall’1 gennaio 2016, con esclusione, quindi, dei rapporti già esauriti prima della sua entrata in vigore; 2) che la Corte territoriale avrebbe dovuto applicare la precedente disciplina, che escludeva l’indennizzo nel solo caso di condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., condanna nella specie non pronunciata; 3) che l’amministrazione convenuta non aveva comunque provato la temerarietà della lite e che la stessa non poteva essere rilevata d’ufficio; 4) che la Corte territoriale avrebbe violato il giudicato formatosi con la sentenza che aveva definito il giudizio presupposto, che aveva escluso la temerarietà della lite;

– i motivi in esame non possono trovare accoglimento perchè, se è vero che alla fattispecie per cui è causa non può essere applicato il nuovo testo della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, lett. a), introdotto dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208, in quanto il giudizio presupposto è stato definito con sentenza emessa prima della data di entrata in vigore di tale ultima legge (1 gennaio 2016) e che va pertanto applicato il precedente testo della disposizione (a tenore della quale “Non è riconosciuto alcun indennizzo in favore della parte soccombente condannata a norma dell’art. 96 c.p.c.”), legittimamente tuttavia la Corte territoriale ha apprezzato autonomamente il carattere temerario della domanda promossa dal ricorrente nel giudizio presupposto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, secondo cui “Stante il carattere non tassativo dell’elenco di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, l’indennizzo per irragionevole durata del processo può essere negato a chi abbia agito o resistito temerariamente nel giudizio presupposto, anche in assenza di un condanna, all’esito dello stesso, per responsabilità aggravata, potendo il giudice del procedimento di equa riparazione, già prima della novella apportata dalla L. n. 208 del 2015, autonomamente valutare tale temerarietà, come evincibile dalla lett. f) dello stesso art. 2, comma 2 quinquies cit., che attribuisce carattere ostativo ad ogni altra ipotesi di abuso dei poteri processuali. Tale valutazione non è soggetta al sindacato di legittimità motivazionale, per effetto dei limiti introdotti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nè, ove svolta d’ufficio, è censurabile in cassazione per pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c., essendo, al contrario, doverosa, in quanto relativa ad un requisito negativo dell’esistenza del diritto” (Cass., Sez. 2, n. 24190 del 13/10/2017; Cass., Sez. 6 – 2, n. 9100 del 05/05/2016);

– non è ravvisabile poi, con riferimento al quarto motivo, il dedotto vincolo di giudicato, non risultando (nulla dice in proposito lo stesso ricorrente) che il giudice del giudizio presupposto abbia esplicitamente escluso, con apposita statuizione, il carattere temerario della lite;

– il quinto motivo – col quale il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia omesso di motivare in ordine alla misura (Euro 4000) della irrogata sanzione pecuniaria di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5 quater – è fondato, risultando che la misura della sanzione irrogata è priva del tutto di motivazione, che invece è sempre necessaria, essendo la mancanza assoluta o l’apparenza della motivazione – pur dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 – sempre sindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass., Sez. Un., n. 8053 del 07/04/2014);

– il sesto motivo – col quale si solleva questione di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 5-quater, per contrasto con l’art. 24 Cost., assumendosi che tale disposizione pone in pericolo la effettività della tutela giurisdizionale – è privo di ogni fondamento, avendo questa Suprema Corte ha già statuito che “In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, è manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3,24 e 111 Cost., l’eccezione d’illegittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 5-quater, in quanto, senza alcun automatismo, rientra nel potere discrezionale del giudice valutare se sussistono i presupposti per disporre una sanzione pecuniaria a carico della parte nelle ipotesi di declaratoria di inammissibilità o rigetto della domanda per manifesta infondatezza e la previsione di detta sanzione, pur costituendo un deterrente rispetto alla proposizione dell’azione, è compatibile con i parametri costituzionali ed in particolare con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che, per realizzarsi concretamente, presuppone misure volte a ridurre i rischi di abuso del processo” (Cass., Sez. 6-2, n. 5433 del 18/03/2016);

– in definitiva, va accolto il quinto motivo di ricorso, vanno rigettati gli altri, il decreto impugnato va cassato in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari, che provederà anche in ordine alla spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il quinto motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa il decreto impugnato in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di Bari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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