Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2956 del 10/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2956 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 8931-2008 proposto da:
MAGNO

ANTONIO

(c.f.

MGNNTN33E08L049D),

elettivamente domiciliato in ROMA, Via COSSERIA 2,
presso il dott. ALFREDO PLACIDI, rappresentato e
difeso dall’avvocato CIGLIOLA GIOVANNI, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2013
1982

contro

FALLIMENTO N.47/06 CO.M.A.T. COSTRUZIONI MARITTIME
AEROPORTUALI TERRESTRI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

Data pubblicazione: 10/02/2014

- intimato

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di TARANTO,
depositato il 18/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 11/12/2013 dal Consigliere

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

2

Rilevato che Il Tribunale di Taranto – sez. Fallimentare,

con provvedimento in data 4/1/2008, ha liquidato (nella
misura di E 27.000,00 oltre accessori) il compenso in
favore dell’avv. Antonio Magno, qualificato <>, risolto con sentenza dello
stesso Tribunale, n. 47/06, che ne ha dichiarato il
fallimento nominando altro professionista come curatore;
che, con successivo decreto, in data 18.1.2008, lo stesso
giudice, <>, ha rettificato
la precedente liquidazione in favore del menzionato avv.
Magno, <> del
citato concordato preventivo, portando l’importo
liquidato a E 47.000,00, per l’opera prestata <>;
che l’avv.

Magno ha impugnato tale decreto di

liquidazione con ricorso per cassazione affidato a due
motivi, illustrati anche con memoria, mentre la curatela
fallimentare intimata non ha svolto attività difensiva;
Considerato che con il primo mezzo (con il quale si duole

della violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. e della falsa
applicazione dell’art. 39 della 1.f. e dell’art. 1, commi
l e 2, DM 28.7.1992) il ricorrente pone il seguente
quesito di diritto: se possa il Tribunale (fallimentare)
provvedere con un’unica liquidazione in presenza di due
3

funzioni distinte svolte dal richiedente, al contempo
commissario giudiziale e liquidatore;
che, osserva il ricorso, le funzioni attribuite al
professionista erano duplici e tra loro ontologicamente
diverse: l’una (quelle di commissario giudiziale), di

vigilanza, sotto la direzione del GD, di controllo del
debitore nell’amministrazione dei beni e nell’esercizio
dell’impresa e di sorveglianza sull’adempimento del
concordato, secondo le modalità contenute nella sentenza
di omologazione, con il conseguente potere-dovere di
riferire al GD e chiedere la risoluzione dello stesso
concordato; l’altra (quella del liquidatore), di
realizzazione dell’attivo e di ripartizione del ricavato,
al pari di quanto compete al curatore fallimentare;
che, da tale diversità di funzioni, conseguirebbe anche
un diverso criterio di liquidazione delle relative
spettanze: ai sensi dell’art. 39 1.f. e 1 e 5 del DM n.
570 del 1992, per il commissario giudiziale, considerando
l’opera prestata, i risultati ottenuti, l’importanza del
concordato e la sollecitudine mostrata nello svolgimento
della propria opera, sulla base dei valori d’inventario;
ai sensi dell’art. 1 DM n. 570 del 1992 per il
liquidatore, considerando l’attivo effettivamente
realizzato;

4

che, in ogni caso, non sussisterebbe alcuna motivazione
in ordine alla mancata distinzione dei compensi, con
violazione del principio costituzionale fissato dall’art.
111, primo comma, Cost.;
che con il secondo motivo (con il quale si duole della

violazione dell’art. 360 nn. 4 e 5 c.p.c., in relazione
all’art. 39 della 1.f. e dell’art. 1, commi 1 e 2, DM
28.7.1992 n. 570) il ricorrente pone il seguente quesito
di diritto: se il Tribunale (fallimentare) possa, senza
alcun ragionamento, unificare le due funzioni e liquidare
un unico compenso, e liquidare al di sotto dei minimi
previsti, non considerando l’ammontare del passivo,
l’attività di commissario giudiziale, di contro alla
previsione dell’art. 39 1.f. che equipara, ai fini della
liquidazione, le funzioni di commissario a quelle del
curatore fallimentare;
che, osserva il ricorso, i provvedimenti censurati
confonderebbero le due diverse qualità cumulate dal
professionista, non tenendo conto dei parametri richiesti
dalla normativa applicabile (nonché dei valori minimi
tariffari inderogabili) e unificando indebitamente le due
diverse attività svolte, omettendo il riferimento
all’attivo ed al passivo per il commissario ed all’attivo
realizzato per il liquidatore;

5

che la curatela fallimentare intimata non ha svolto
difese;
che,

in prossimità dell’udienza,

il ricorrente ha

depositato, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., memoria

Considerato

contenente note illustrative.
che i due motivi di ricorso, tra loro

strettamente connessi, devono essere trattati
congiuntamente;
che, infatti, i due mezzi censurano il decreto del
Tribunale del 18 gennaio 2008 imputandogli: 1) la
mancata distinzione tra le funzioni giurisdizionali
svolte dall’unico professionista nominato come
commissario giudiziale e liquidatore dello stesso
concordato preventivo, successivamente risolto con la
dichiarazione di fallimento della società di capitali a
tale procedura sottoposta; 2) il mancato richiamo ai
diversi criteri di liquidazione dei due compensi
spettanti al medesimo professionista, in ragione della
duplice diversità di funzioni assegnategli; 3) il mancato
rispetto dei parametri minimi imposti dall’art. 1 del DM
28.7.1992 n. 570, anche in relazione al volume del
passivo (valevole per il commissario) ed all’attivo
realizzato (valevole per il liquidatore); 4) la mancata
motivazione della liquidazione concretamente adottata;

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che il ricorso, nel suo complesso, è fondato e deve
essere accolto;
che, infatti, il decreto del Tribunale del 18 gennaio
2008, in quanto modificativo e sostitutivo del
provvedimento del 4 gennaio 2008, costituisce la fonte

regolativa delle spettanze del professionista ricorrente
in relazione alla sua legittima richiesta di liquidazione
per la duplice attività (di commissario giudiziale e di
liquidatore del concordato preventivo) svolta fino al
momento della risoluzione della procedura;
che in relazione ad esso, pertanto, è pienamente
giustificato ed attuale l’interesse a ricorrere
dell’odierno istante;
che, con riferimento alle doglianze espresse con i due
mezzi d’impugnazione, risulta preliminarmente fondata
quella con la quale l’interessato si duole della mancata
motivazione del decreto del Tribunale, sia in ordine ai
parametri di liquidazione (rispetto ai quali si censura
la violazione dei minimi tariffari stabiliti dal DM n.
570 cit., in relazione ai valori dell’attivo realizzato e
del passivo stimato), sia in ordine alla duplicità di
funzioni svolte (seppure in parte – e solo
nominalisticamente – riconosciute nella premessa del
provvedimento impugnato, ma non anche nella sua parte
motiva e dispositiva);
7

che tale ultimo profilo costituisce una violazione del
complesso normativo disciplinante il concordato
preventivo il quale, sebbene (e da ultimo) abbia portato
questa Corte ad affermare il principio di incompatibilità
delle due funzioni in vista e per l’espletamento della

sua fase esecutiva (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1237 del
2013), non consente di obliterarne, per tutti i casi in
cui – anteriormente a quest’ultima pronuncia – vi sia
stata una duplicità di ruoli affidati e svolti dalla
stessa persona, con la conseguente necessità di
assicurare la doppia liquidazione in ragione del duplice
incarico svolto e dei parametri normativi di riferimento (‘per la liquidazione dei conseguenti compensi
professionali: cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 27085 del
2011 che ha stabilito il principio (valido ogniqualvolta
lo stesso professionista sia stato munito di tale
duplicità di attribuzioni, con stabile provvedimento
giurisdizionale) secondo cui, in tema di concordato
preventivo con cessione di beni, nel caso in cui il
medesimo soggetto ricopra il doppio incarico, prima di
commissario giudiziale del concordato e poi anche di
liquidatore, il relativo compenso non può prescindere dal
distinto ruolo assunto e dal conseguente espletamento
dell’ulteriore e diversa attività, che merita, quindi,
separata ed autonoma remunerazione;

8

che tale principio, unitamente a quello della mancata
motivazione del provvedimento di liquidazione nel caso
concreto, è stato violato nella specie onde s’impone il
suo annullamento e il rinvio della causa (anche per la
liquidazione delle spese di questa fase) ad altra sezione

enunciato ed a quello della necessaria motivazione dei
provvedimenti giurisdizionali, venga riesaminata
l’istanza del professionista tesa alla duplice
liquidazione del compenso richiesto per ciascuna delle
due diverse funzioni svolte nel corso delle varie fasi
del concordato in questione ed osservato il principio del
rispetto delle previsioni tariffarie.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia,
anche per le spese di questa fase, al Tribunale di
Taranto in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 1
sezione civile della Corte di cassazione, 1’11 dicembre
2013, dai magistrati sopra indicati.

dello stesso Tribunale perché, in ossequio al principio

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