Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2956 del 10/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/02/2010, (ud. 15/01/2010, dep. 10/02/2010), n.2956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31498-2005 proposto da:

P.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO

109 presso lo studio dell’Avvocato SEBASTIO GIOVANNA, rappresentata e

difesa dall’Avvocato LUCENTI LUCA giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 47/2004 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di ANCONA, depositata il 14/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/01/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito per il ricorrente l’Avvocato SALVATORE BARTOLI (su delega

Avvocato LUCA LUCENTI), che si riporta al ricorso;

udito per il resistente l’Avvocato PAOLO GENTILI, che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia Entrate di Pesaro ha notificato a P.P. avvisi di accertamento per IVA evasa negli anni 1992,1993 e 1994 e di rettifica di IRPEG-ILOR p. a seguito di ritrovamento, da parte della Guardia di Finanza, di documentazione extracontabile rinvenuta presso una terza (la ditta TECNO s.r.l.) da cui risultavano forniture di mobili pagate con assegni.

I ricorsi della P., che contestava la valenza probatoria della documentazione rinvenuta presso terzi, sono stati accolti, per quanto attiene le imposte dirette dalle Commissioni di primo grado con due diverse sentenze, e rigettati in relazione all’IVA con tre altre sentenze.

La Commissione Tributaria Regionale delle Marche, riuniti tutti gli appelli proposti dall’Agenzia e dalla contribuente, li ha decisi in senso sfavorevole alla P. con sentenza 14 dicembre 2004.

P.P. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria.

Il Ministero dell’Economia e Finanze e l’Agenzia delle Entrate resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, adducendo violazione dell’art. 273 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23 la ricorrente sostiene che la riunione degli appelli, seppure effettuata a fini ordinatoria colmato la lacuna istruttoria riscontrata dai giudici di primo grado nei giudici in materia di II.DD., nei quali agli avvisi di accertamento non era stata allegata la documentazione relativa alle risultanze delle indagini fiscali presso terzi (constatazione che aveva comportato l’accoglimento dei ricorsi della P.), mentre tale documentazione era stata prodotta soltanto nel corso dei giudizi relativi all’IVA. Ciò avrebbe consentito il superamento di preclusioni ormai verificatesi,consentendo alla parte inadempiente di non assolvere gli oneri istruttori, relativamente ad una parte dei giudizi, giovandosi delle risultanze emerse in giudizi diversi, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23.

Col secondo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 52 e 56, e della L. n. 241 del 1990, art. 31 oltrechè per vizio di motivazione, con riferimento al mancato esame, da parte della CTR, delle doglianze proposte in sede d’appello dalla contribuente in ordine alla omessa allegazione agli atti di accertamento, fin dalla fase precontenziosa, delle risultanze delle indagini svolte nei confronti di soggetto diverso dalla contribuente,non essendo stato il relativo processo verbale comunicato e reso disponibile à sensi della L. n. 241 del 1990, ma soltanto richiamato “per relationem” dall’atto di accertamento. Tale comunicazione è infatti mai avvenuta con riferimento agli accertamenti relativi alle II.DD., mentre per quanto attiene l’IVA, l’obbligo di allegazione, imposto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 è stato assolto soltanto col deposito dei verbali nel processo di primo grado.

Col terzo motivo, ulteriormente adducendo vizio di motivazione della sentenza impugnata la ricorrente si duole della ritenuta validità delle presunzioni fondate su labili indizi, quale il ritrovamento del nome ” P.”, senza alcun cognome, nelle schede extracontabili della Ditta verificata,mentre nome ed indirizzo sarebbero frutto di ipotetiche ricostruzioni della Guardia di Finanza.

Col quarto motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 41 bis, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 53, 54 e 55 nonchè contraddizione della sentenza impugnata su un punto decisivo della controversia,per non aver la CTR dato conto dei criteri presuntivi seguiti e della ragionevolezza di tali criteri, costituendo la deduzione del cognome della P. una presunzione “de presumpto”, rispetto alla ” P.” che aveva scambiato dei beni con la Ditta verificata. La CTR non avrebbe insomma spiegato perchè alcuni appunti su un brogliaccio avessero le caratteristiche della gravità,precisione e concordanza,e in tal senso fossero stati valorizzati, senza tenere in alcun conto le valutazioni del GIP del Tribunale di Pesaro che aveva ritenuto dubbia l’attribuzione di quei dati alla contribuente, la quale aveva cessato da tempo l’attività commerciale e non possedeva locali in cui depositare i mobili di cui le è stato contestato l’acquisto.

Col quinto motivo,adducendo violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 nonchè degli artt. 90, 91 e 92 c.p.c. la ricorrente si duole di essere stata condannata alla rifusione delle spese,liquidate in difetto di deposito della relativa nota da parte dell’Ufficio. Il primo motivo di ricorso è infondato.

I provvedimenti di riunione e separazione di cause costituiscono infatti, come riconosce la ricorrente,esercizio del potere discrezionale del giudice, hanno natura ordinatoria e si fondano su valutazioni di mera opportunità, con la conseguenza che essi non sono sindacabili in sede di legittimità e non comportano, per gli effetti che ne discendono sulla svolgimento dei processi, alcuna nullità (Cass. 9336/2004; 11187/2007). Ciò nondimeno la ricorrente sostiene che il provvedimento di riunione avrebbe consentito all’Agenzia di superare la preclusione derivante, nei procedimenti relativi alle II.DD., la nullità derivante dalla mancata allegazione del verbale all’avviso di accertamento che ad esso faceva riferimento. L’assunto non è condivisibile, perchè la riunione ha comportato l’acquisizione, in sede dibattimentale d’appello dei dati acquisiti nei procedimenti in cui era stato prodotto il verbale – unico peraltro per tutte le cause e del quale pertanto la contribuente aveva già piena conoscenza – per cui l’unitaria trattazione delle cause stesse rendeva inutile l’ulteriore produzione del medesimo documento per i procedimenti ai quali non risultava allegato produzione che comunque l’Agenzia, ove non si fosse proceduto alla riunione, avrebbe potuto effettuare à sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, n. 2. Anche il secondo motivo è infondato.

Infatti gli avvisi di accertamento notificati,come nella specie prima dell’entrata in vigore della L. n. 212 del 2000, art. 58, n. 2 non dovevano necessariamente contenere in allegato l’atto a cui la motivazione faceva riferimento, poichè la normativa sopravvenuta non ha efficacia retroattiva e l’avviso di accertamento motivato “per relationem” è valido semprechè contenga un rinvio ad atti e documenti, che seppur non immediatamente allegati, siano conosciuti o conoscibili dal contribuente, il quale deve essere sostanzialmente posto in condizioni di contestare l'”an” e il “quantum” dell’avviso stesso, del quale non può essere dichiarata la nullità quando indichi il presupposto della maggiore imposizione e renda palese la fonte informativa sottostante alla rettifica operata dall’Ufficio finanziario (Cass. 1209/2000;4989/2003).Nella specie gli avvisi notificati alla ricorrente facevano tutti riferimento al verbale di constatazione, e agli elementi extracontabili rinvenuti presso la Ditta Tecno, per cui la P. è stata in grado di difendersi – come ha ampiamente fatto-ancor prima della produzione, nel giudizio di primo grado, del verbale di constatazione,produzione attraverso la quale l’Agenzia ha adempiuto al proprio onere probatorio, senza necessitò di rinnovazione dell’istruttoria, come si è detto, in sede di riunione di tutte le cause, di cui il suddetto verbale costituiva l’unitario presupposto. I primi due motivi di ricorso debbono dunque essere rigettati,analogamente al terzo che attribuisce ad una mera ipotesi della Guardia di Finanza l’identificazione della P. quale acquirente della merce fornita dalla Tecno, eludendo il fatto che la ricorrente era stata identificata in base ai dati derivanti dagli assegni a sua firma rilasciati alla Tecno, e ciò è sufficiente a rigettare anche il quarto motivo di ricorso, perchè la CTR ha avuto cura di menzionare, quali presunzioni gravi, precise e concordanti, le “schede contabili dalle quali risultavano forniture di mobili pagate con assegni, dei quali non furono trovate le fatture corrispondenti”, a nulla rilevando che la P. non esercitasse più ufficialmente attività commerciale ovvero che non avesse un deposito, ben potendo la stessa far operare direttamente dalla Tecno le consegne ai suoi clienti, mentre la censura relativa alla mancata prova del riferimento degli assegni alla ricorrente appare priva di autosufficienza, postochè la P. la supporta con meri riferimenti a questioni di fatto (non esaminabili in questa sede) quali la trascrizione del mero nome, e non del suo cognome sul brogliaccio rinvenuto, ed a valutazioni del GIP – che non trascrive nel ricorso – senza addurre piuttosto elementi a suo favore, quali, per esempio, i propri estratti conto bancari dell’epoca.

Quanto alle valutazioni poste dal GIP a sostegno della sentenza assolutoria della P., le stesse,oltre a non far stato nel giudizio tributario, se non in relazione alla oggetti vita dei fatti considerati, sono state dalla CTR – che dunque le esaminate contraddette con argomentazioni di segno opposto, adeguatamente motivate sul piano logico-giuridico e quindi esenti dalle censure formulate.

Il quinto motivo di ricorso è infondato, potendo la condanna alle spese essere censurata soltanto se pronunciata in danno della parte totalmente vittoriosa, senza che rilevi in proposito la produzione di notula, stante la ufficialità delle tabelle di liquidazione degli onorari.

Il ricorso pertanto va integralmente rigettato.

I profili processuali della vicenda comportano la compensazione delle spese del grado.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2010

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