Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2956 del 03/02/2017


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Cassazione civile, sez. I, 03/02/2017, (ud. 24/11/2016, dep.03/02/2017),  n. 2956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1166-2012 proposto da:

D.S.P. (c.f. (OMISSIS)), F.M.R. (c.f.

FRMMRS70H53H703H), domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato MASSIMO APICELLA, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

DEUTSCHE BANK S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 167,

presso l’avvocato STEFANO DE LUCA MUSELLA, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIANFRANCO CADEDDU, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

G.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1031/2011 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 30/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. SCALDAFERRI ANDREA;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato APICELLA M. che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.S.P. e F.M.R. convennero in giudizio la Deutsche Bank s.p.a. (D.B.). deducendo in sintesi: che nel dicembre 1094 avevano conferito alla filiale di Salerno della convenuta. presso la quale operava quale cassiere G.C.. l’incarico di intermediazione finanziaria mobiliare consistente nell’acquisto di titoli di Stato per un valore nominale di Lire 30 milioni con scadenza 31.12.1005. acquisendone formale ricevuta contrassegnata dal n. 0076 reinvestendo a tal fine il ricavato di titoli in scadenza per Lire 10.000.000 (che erano stati da loro acquistati nel giugno del 1994 mediante versamento di un assegno bancario dell’importo di Lire 53)00.000 e di una cambiale di Lire 0.0003)00 “portati in banca – dalla madre della F., oltre a Lire 5.000.000 in contanti) e aggiungendo l’importo di Lire 10.000.000 portato da un assegno intestato al D.S.: che alla scadenza dei titoli, richiesto alla D.B. il versamento delle somme investite con i relativi interessi, avevano appreso che non risultava alcun acquisto di titoli a loro nome. Chiedevano quindi: a) dichiararsi la responsabilità della convenuta, ex art. 2040 c.c., per fatto illecito posto in essere dal suo dipendente G.C., con la condanna della stessa al pagamento della somma di Lire 30 milioni (oltre rivalutazione ed interessi) ed al risarcimento dei danni: b) in via gradata, qualora non fosse ravvisata la responsabilità della convenuta. condannarsi la stessa alla restituzione della somma di L. 30 milioni oltre rivalutazione cd interessi.

La Deutsche Bank, costituitasi in giudizio, nel merito deduceva in sintesi: alla non corrispondenza della ricevuta n. 0076 – comunque riconducibile ad una operazione intestata ad altri – ai documenti che venivano rilasciati in relazione al tipo di operazione in oggetto: di tale documento peraltro in corso di causa il procuratore degli attori. a fronte della dichiarata intenzione della convenuta di proporre querela di falso, dichiarava di non intendere avvalersi: b) l’assoluta estraneità della operazione allegata dagli attori alla attività svolta dal cassiere: c) la mancanza di alcun collegamento tra la dedotta operazione di negoziazione di due assegni da parte dei genitori della G. e la provvista per 1 investimento in titoli asseritamente effettuato dagli attori. Chiedeva pertanto il rigetto della domanda, e, per il caso di soccombenza, condannarsi l’ex dipendente G.C. (che, chiamato in causa, rimaneva contumace) a rivalere essa convenuta.

Espietato interrogatorio libero delle parti e prova testimoniale, il Tribunale di Salerno condannava la Deutsche Bank al pagamento della somma richiesta, oltre interessi e rivalutazione, condannando altresì il G. a rifonderle tali somme.

Proposto gravame dalla Deutsche Bank, cui resistevano gli originari attori, la Corte d’appello di Salerno, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta nei confronti della appellante, condannando gli appellati costituiti a restituirle le somme da essa corrisposte loro in esecuzione della sentenza di primo grado, ha osservato la corte distrettuale che della dedotta responsabilità indiretta del datore di lavoro gli attori non hanno dimostrato i fiati costitutivi, a partire dalla consegna, da parte loro, al cassiere della banca convenuta nei locali della stessa. della somma di 30 milioni di Lire destinata ad un’operazione di acquisto titoli a nome degli stessi attori. Ciò tenendo presente che. contrariamente a quanto affermato dal primo giudice. dalle dichiarazioni testimoniali rilasciate dalla madre dell’attrice none possibile, per più ragioni. trarre argomenti di prova: e che la pretesa ricevuta n. 0076 – in quanto espunta per dichiarazione a verbale del procuratore degli attori dalla produzione documentale – deve ritenersi assolutamente inutilizzabile quale documento probatorio.

Avverso tale sentenza, depositata il 30 novembre 2011, D.S.P. e F.M.R. propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi. cui resiste con controricorso Deutsche Bank.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denunzia la nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 112 c.p.c., deducendo che la corte di merito avrebbe provveduto sulla sola domanda principale avente ad oggetto la responsabilità della convenuta a norma dell’art. 2040 c.c., omettendo di provvedere sulla domanda subordinata di condanna della convenuta alla restituzione della somma di Lire 30 milioni che le sarebbe stata consegnata dagli attori – appellati, i quali anche nella comparsa di risposta in appello avrebbero insistito in tale domanda subordinata.

La doglianza è pro a di fondamento. La corte salernitana, nell’escludere la sussistenza in atti della prova della consegna, da parte degli attori, al cassiere della banca convenuta nei locali della stessa, della somma di 30 milioni di Lire, ha implicitamente ritenuto infondata anche la domanda subordinata di restituzione della somma stessa. Domanda il cui accoglimento non può prescindere dalla prova della riferibilità alla convenuta della pretesa ricezione della somma da parte del suo dipendente, non avendo peraltro gli odierni ricorrenti precisato a quali ulteriori e distinti fatti costitutivi della loro pretesa restitutoria avrebbero fatto riferimento in sede di merito.

Il secondo, subordinato, motivo denuncia l’omessa e,o insufficiente motivazione circa la prova della responsabilità della convenuta ex art. 2049 c.c.. La corte di merito avrebbe omesso di considerare alcuni elementi, quali la notoria condanna penale di G.C., o le dichiarazioni di conferma dell’avvenuto versamento rilasciate in udienza da un funzionario della D.B. o la stessa chiamata in causa del G. effettuata dalla D.B., che costituirebbe conferma della consapevolezza della condotta lesiva in danno dei ricorrenti. Inoltre la corte stessa avrebbe ignorato il fatto che gli attori avevano prontamente impugnato la documentazione esibita dalla banca al fine di provare che i titoli di credito in questione avevano subito vicende affatto di diverse da quelle indicate in citazione e confermate in qualità di teste dalla madre della attrice, che peraltro del tutto genericamente la corte avrebbe qualificato come inattendibile.

Si tratta tuttavia di doglianze inammissibili, in quanto del tutto generiche circa gli elementi che la corte di merito non avrebbe considerato nella valutazione ad essa riservata, della quale in effetti si chiede una revisione estranea alla verifica di legittimità. Inammissibilmente generico si mostra anche il riferimento ad una imprecisata “impugnazione” da parte degli originari attori della documentazione prodotta dalla controparte per smentire il colle amento tra i titoli versati in banca e l’operazione controversa: invero il ricorso non precisa i termini ed il contesto processuale nei quali tale – impugnazione – sarebbe stata effettuata, ne in qual modo essa sarebbe stata ribadita in appello, in tal modo non consentendo al Collegio di apprezzare esattamente la doglianza. Quanto poi alla inattendibilità della teste R., trattasi, da un lato, di elemento non decisivo (non avendo la sentenza impugnata fondato su tale sola valutazione, bensì sulla oggettiva inidoneità della prova testimoniale, il proprio giudizio, dall’altro di valutazione di merito che appare congruamente motivata dalla corte stessa, la quale non ha mancato di evidenziare come la teste, oltre ad essere madre della attrice, si trovi ad essere sia pure indirettamente coinvolta nella controversia quale pretesa partecipe di una precedente operazione con la stessa D.B. di acquisto titoli dalla quale sarebbe derivata la contestata provvista della successiva operazione in discussione.

Si impone pertanto il rigetto del ricorso. con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio. che si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al rimborso in favore della parte resistente delle spese di questo giudizio di cassazione, in Euro 2.700.00 (di cui Euro 200.00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sezione prima civile della Corte di Cassazione, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2017

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