Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29557 del 16/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 16/11/2018, (ud. 21/09/2018, dep. 16/11/2018), n.29557

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10416/2015 R.G. proposto da:

Pastorino Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Vaccaro,

elettivamente domiciliata presso l’Avv. Antonino Dierna in Roma via

S. Tommaso D’Aquino n. 116, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate e del territorio, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e contro

Riscossione Sicilia Spa (già SERIT Sicilia Spa), rappresentata e

difesa dall’Avv. Gaetano Mirmina, con domicilio eletto presso l’Avv.

Mario Ferri in Roma via Puccini n. 10, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia sez. staccata di Siracusa n. 920/16/15, depositata il 9

marzo 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 settembre

2018 dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Vista la memoria depositata dall’Avv. Giuseppe Vaccaro per la

contribuente.

Fatto

RILEVATO

Che:

– Pastorino Srl impugna per cassazione, con cinque motivi, la decisione della CTR della Sicilia che, confermando la sentenza di primo grado, aveva ritenuto legittima la cartella di pagamento emessa dall’Agenzia delle entrate a seguito di controllo automatizzato del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, per Iva, Irap Irpef, addizionale comunale e regionale, per l’anno d’imposta 2009, oltre interessi e sanzioni, poi notificata dall’agente della riscossione;

– resistono l’Agenzia delle entrate ed il concessionario della riscossione con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, dell’art. 2697 c.c., degli artt. 148,156 e 160 c.p.c. e della L. 212 del 2000, art. 6, comma 1, per aver la CTR erroneamente ritenuto che la mancanza della relata di notifica sulla copia della cartella di pagamento consegnata al destinatario non determinasse l’inesistenza della notificazione, neppure ritenendosi intervenuta alcuna sanatoria;

– il motivo è infondato;

– occorre premettere che la notifica prodotta dall’agente della riscossione è munita di copia della relata, che la CTR ha escluso sia stata correttamente disconosciuta, sicchè è idonea ad attestare pienamente la regolarità della notifica, attesa, tra l’altro, l’assenza di censure da parte del ricorrente sulla specifica questione;

– ne deriva che trova applicazione il principio, affermato da questa Corte, secondo il quale “in tema di notificazione degli avvisi di accertamento tributario, l’omessa riproduzione della relazione di notifica nella copia consegnata al destinatario non comporta nè l’inesistenza della notificazione, ove non sorgano contestazioni circa l’esecuzione della stessa come indicata nell’originale dell’atto, nè la nullità, prevista invece nella diversa ipotesi di difformità del contenuto delle due relate, bensì una mera irregolarità” (Cass. n. 11134 del 05/05/2017; Cass. n. 12750 del 23/05/2018);

– va peraltro esclusa la configurabilità della dedotta inesistenza, riscontrabile, “oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità” “come tale sanabile, con efficacia ex tunc per raggiungimento dello scopo” (Sez. U, n. 14916 del 20/07/2016; v. anche, in termini specifici, Cass. n. 21865 del 28/10/2016, che ha ritenuto nulla e, pertanto, successivamente sanata dalla tempestiva impugnazione dell’atto la notificazione della cartella di pagamento effettuata presso la residenza del socio accomandatario invece che presso la sede legale della società; v. da ultimo Cass. n. 6678 del 15/03/2017);

– correttamente, dunque, la CTR ha ritenuto sanata ogni eventuale irregolarità;

– il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 4: la contribuente lamenta, in sostanza, di essere stata onerata dalla CTR della prova della eccepita mancata sottoscrizione del ruolo, spettante invece all’agente della riscossione;

– il motivo è infondato, dovendosi richiamare il principio, cui non v’è motivo di discostarsi, secondo il quale, in tema di ruolo esattoriale, spetta al contribuente che “lamenti la carenza di sottoscrizione prescritta dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 4, darne dimostrazione tramite istanza di accesso, fermo restando, peraltro, che, in virtù del principio di tassatività delle nullità, in mancanza di sanzione espressa, la violazione di detta disposizione non dà luogo ad alcuna invalidità” (Cass. n. 26546 del 21/12/2016; Cass. n. 12243 del 18/05/2018);

– va del resto considerato che l’iscrizione a ruolo non ha autonomo rilievo esterno essendo portata dalla cartella di pagamento, che deve essere notificata al contribuente e per la quale non è prescritta la sottoscrizione del titolare dell’ufficio (Cass. n. 26053 del 30/12/2015);

– non ricorrono, dunque, i presupposti per la rimessione della questione alle Sezioni Unite;

– il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, della L. n. 212 del 2000, art. 6, e del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2, per aver escluso la nullità della cartella perchè non preceduta dalla notifica dell’avviso bonario o della comunicazione d’irregolarità;

– il motivo è infondato atteso che, per consolidato orientamento della Corte, “la L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso” (Cass. n. 27716 del 21/11/2017), circostanza che non ricorre nella vicenda in esame poichè – come emerge dalla sentenza impugnata – il recupero ha riguardato omessi o tardivi versamenti di imposte dichiarate ma non versate;

– il quarto motivo denuncia nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, ovvero, in subordine, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per aver la CTR fondato la decisione su documenti depositati tardivamente nel giudizio di primo grado, in violazione dell’art. 32 cit.;

– il motivo è infondato;

– premesso che non risulta, nè viene in alcun modo dedotto, che l’Agenzia delle entrate si sia costituita tardivamente in primo grado (sicchè la produzione della citata documentazione avrebbe dovuto ritenersi regolare in forza del disposto di cui D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, è peraltro dirimente il principio di diritto per cui, secondo la costante e consolidata giurisprudenza della Corte, “il documento irritualmente prodotto in primo grado può essere nuovamente prodotto in appello, nel rispetto delle modalità previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, ed in forma analoga nell’art. 87 disp. att. c.p.c.; tuttavia, ove lo stesso sia inserito nel fascicolo di parte di primo grado e quest’ultimo sia depositato all’atto della costituzione unitamente a quello di appello, si deve ritenere raggiunta – ancorchè le modalità della produzione non corrispondano a quelle previste dalla legge – la finalità di mettere quel documento a disposizione della controparte, così da consentirle l’esercizio del diritto di difesa, onde l’inosservanza del citato art. 32 deve ritenersi sanata” (Cass. n. 24398 del 30/11/2016; Cass. n. 30537 del 19/12/2017; Cass. n. 5429 del 07/03/2018);

– sul punto va altresì ricordato che il documento, anche tardivamente prodotto in primo grado, resta inserito nel fascicolo di parte, il quale, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 25, comma 2, rimane inserito in modo definitivo in quello d’ufficio e può essere restituito solo dopo il passaggio in giudicato della decisione, sicchè esso deve ritenersi acquisito automaticamente e ritualmente nel giudizio di gravame (v. Cass. n. 16652 del 25/06/2018);

– il quinto motivo, infine, denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. per aver la CTR liquidato le spese del giudizio d’appello in maniera difforme da quanto previsto dal D.M. n. 55 del 2014;

– il motivo è inammissibile perchè assolutamente generico, non avendo il ricorrente in alcun modo specificato quali siano i termini delle eventuali difformità lamentate;

– il ricorso va pertanto rigettato e le spese liquidate, come in dispositivo, per soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la contribuente al pagamento delle spese a favore di Riscossione Sicilia Spa, che liquida in Euro 10.200,00, oltre 15% a titolo di spese forfettarie e accessori di legge, ed a favore dell’Agenzia delle entrate e del territorio, che liquida in Euro 10.200,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2018

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