Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29553 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/12/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 24/12/2020), n.29553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29993-2018 proposto da:

SOCIETA’ COOPERATIVA (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE, in persona del

liquidatore e legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata

presso l’avv. ANDREA BONI, dal quale è rappresentata e difesa, con

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO della (OMISSIS) SOCIETA’ COOPERATIVA IN LIQUIDAZIONE, in

persona del curatore p.t.; B.F.; L.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2501/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 07/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/09/2020 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

L'(OMISSIS), coop. in liquidazione propose reclamo avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Verona, in data (OMISSIS), che ne aveva dichiarato il fallimento, escludendo la condizione ostativa di cui alla L. Fall., art. 15, u.c., inerente all’inesistenza di debiti superiori ad Euro 30000,00.

Con sentenza emessa il 7.9.18, la Corte d’appello di Venezia respinse il reclamo, osservando che: era emerso dall’istruttoria prefallimentare un debito della reclamante verso l’Inps per oltre Euro 50000,00 e che tale evidenza concretizzava la soglia di cui alla L. Fall., art. 15, a nulla rilevando che tale credito era stato contestato, posto che la relativa richiesta non appariva pretestuosa.

La suddetta società ricorre in cassazione con due motivi.

Non si è costituito il fallimento e gli altri intimati.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 15, comma 9, avendo la Corte d’appello erroneamente ritenuto superata la soglia di fallibilità sulla base del credito insinuato al passivo dall’Inps che, in quanto contestato, non poteva essere considerato non pagato ai sensi del suddetto art. 15.

Il secondo motivo denunzia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per omesso esame di fatti decisivi, per aver la Corte territoriale affermato l’insussistenza di elementi tali da evidenziare l’infondatezza del credito dell’Inps, o quanto meno ad incidere su esso in misura tale da escludere il superamento della soglia di cui alla L. Fall., art. 15, considerato che l’importo non contestato dei debiti scaduti, accertati nell’istruttoria prefallimentare, ammontava a Euro 6660,75.

I due motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi, sono infondati.

Al riguardo, va richiamata in premessa la consolidata giurisprudenza di questa Corte a tenore della quale, per accertare il superamento della condizione ostativa alla dichiarazione di fallimento prevista dalla L. Fall., art. 15, comma 9, deve aversi riguardo alla prova, comunque acquisita nel corso dell’istruttoria prefallimentare, dell’esistenza di una esposizione debitoria complessiva superiore ad Euro trentamila (Cass., n. 26926/17; n. 16683/18; n. 5377/16).

Ora, nel caso concreto, la Corte d’appello ha ritenuto superata la soglia di fallibilità, L. Fall., ex art. 15, in quanto all’esito dell’istruttoria prefallimentare era emerso un debito della ricorrente nei confronti dell’Inps, iscritto a ruolo, per oltre 50000,00 che integrava il superamento della soglia di fallibilità sebbene contestato dal debitore. Al riguardo, il giudice di merito ha compiuto un accertamento incidentale del suddetto credito dell’Inps, non censurabile in questa sede, rilevando che il ricorso che l’aveva impugnato era fondato esclusivamente su prove testimoniali da verificare il cui contenuto cioè non consentiva l’inequivoco emergere dell’insussistenza del credito. Rispetto a tale accertamento il secondo motivo di ricorso appare una censura inammissibile, da un lato perchè declinata secondo la fattispecie abrogata dell’art. 360, comma 1, n. 5, non applicabile ratione temporis, dall’altro affatto generica, in quanto priva di riferimenti ai contenuti specifici delle testimonianze ed invece richiamante in fatto (accordo sindacale siglato nel periodo in contestazione) non solo genericamente descritto, ma neppure risultante allegato in sede di merito.

Nulla per le spese attesa la mancata costituzione degli intimati.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

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