Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29552 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 24/12/2020, (ud. 15/12/2020, dep. 24/12/2020), n.29552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorsi iscritti al n. 14741/2010 R.G. proposti da:

Equitalia ETR s.p.a., (già E.TR. Esazione Tributi s.p.a.),

rappresentata e difesa dall’Avv. Ivana Carso, con domicilio eletto

in Roma, via Costabella, n. 26, presso lo studio dell’Avv. Antonella

Fiorini;

– ricorrente –

contro

Società G. di G.R. & C. s.a.s., (poi G. s.r.l.),

rappresentata e difesa dall’Avv. Vito A. Martielli e dall’Avv.

Agostino De Zordo, con domicilio eletto in Roma, viale Umberto

Tupini, n. 133, presso lo studio di quest’ultimo;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e nei confronti di:

Agenzia delle entrate, con sede in (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e da:

Agenzia delle entrate, con sede in (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Società G. di G.R. & C. s.a.s., (poi G. s.r.l.),

assistita e difesa nel giudizio di merito dall’Avv. Vito A.

Martielli, con studio in Bari, corso Vittorio Emanuele II, n. 60;

– intimata –

e nei confronti di:

Equitalia ETR s.p.a., (già E.TR. Esazione Tributi s.p.a.), assistita

e difesa nel giudizio di merito dall’Avv. Ivana Carso, con studio in

Bari, via Abbrescia, n. 64;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 124/9/09 depositata il 26 novembre 2009;

nonchè sul ricorso proposto da:

G. s.r.l., (già società G. di G.R. & C. s.a.s.),

rappresentata e difesa dall’Avv. Vito A. Martielli, con domicilio

eletto in Roma, via Cicerone, n. 28, presso lo studio dell’Avv.

Pietro Di Benedetto;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, con sede in (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di (OMISSIS), Ufficio

legale, in persona del Direttore pro tempore, con sede in (OMISSIS);

– intimata –

avverso il provvedimento dell’Agenzia delle entrate, Direzione

provinciale di Bari, protocollo n. (OMISSIS) del 2019 di diniego

della domanda di definizione agevolata della controversia

tributaria.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 dicembre

2020 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

a seguito della liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni modelli 770S/2004 e Unico/2004, presentate per il periodo d’imposta 2003, effettuata ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54-bis, E.TR. Esazione Tributi s.p.a., agente della riscossione per la Provincia di (OMISSIS), notificò alla società G. di G.R. & C. s.a.s. la cartella di pagamento n. (OMISSIS), recante l’iscrizione a ruolo di ritenute alla fonte, IRAP e IVA, dichiarate e non versate, oltre agli interessi e alle correlative sanzioni, oppure di soli interessi e sanzioni per tardivi versamenti delle stesse imposte, per l’importo complessivo di Euro 495.499,98;

con ricorso proposto sia contro E.TR. Esazione Tributi s.p.a. sia contro l’Ufficio di (OMISSIS) dell’Agenzia delle entrate (il quale aveva operato l’iscrizione a ruolo), la cartella di pagamento fu impugnata davanti alla Commissione tributaria provinciale di Bari (hinc anche: “CTP”), che rigettò l’impugnazione della società contribuente;

avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale della Campania (hinc anche: “CTR”), che lo accolse, annullando la cartella di pagamento;

in particolare, la CTR: a) in via preliminare, rigettò: a.1) l’eccezione di inammissibilità del terzo motivo di appello là dove la società contribuente aveva denunciato l’annullabilità della cartella di pagamento impugnata perchè priva dell’indicazione del responsabile del procedimento sollevata dall’Ufficio di (OMISSIS) sull’assunto che la suddetta doglianza era stata proposta per la prima volta solo nel giudizio di appello; a.2) l’eccezione di avvenuta formazione di un giudicato interno sulla questione relativa all’invalidità della cartella di pagamento per mancata sottoscrizione sollevata da E.TR. Esazione Tributi s.p.a. sull’assunto che, nel ricorso in appello – e, in particolare, sempre nel terzo motivo – la società G. di G.R. & C. s.a.s. non aveva censurato la sentenza della CTP nella parte concernente tale questione, essendosi limitata a lamentare l’annullabilità della cartella di pagamento perchè priva dell’indicazione del responsabile del procedimento; b) “in ordine alle cartelle di pagamento e al vizio dedotto di omessa sottoscrizione delle stesse”, premesso che “(a)lla luce della L. 28 febbraio 2008, n. 31, art. 36, comma 4-ter, che ha sanzionato di nullità le cartelle di pagamento emesse in relazione a ruoli consegnati solo a far data dall’1.06.2008 sembrerebbe che le cartelle di pagamento antecedenti a tale data (tali sono quelle in esame) sarebbero da considerarsi valide ancorchè irregolari”, tuttavia “non può legittimamente argomentarsi che l’assenza di previsione legislativa che sanziona di nullità gli atti in questione comporti sul piano interpretativo la legittimità degli atti medesimi”, atteso che “secondo i principi generali le cartelle di pagamento, in quanto atti amministrativi privi di sottoscrizione e/o della indicazione del responsabile del procedimento, non si sottraggono alle censure di annullamento (..). Peraltro il sistema di garanzie apprestato dalla L. n. 212 del 2000, ed in particolare per quello che ci occupa dall’art. 7, comma 2, secondo cui “le cartelle di pagamento devono tassativamente indicare il responsabile del procedimento”, recupera l’esigenza di protezione degli interessi del contribuente e, la invalidità delle cartelle prive di sottoscrizione”, sicchè “(p)uò (..) conclusivamente asserirsi che le cartelle di pagamento emesse in relazione a ruoli consegnate prima dell’01.06.2008, viziate dalla mancata sottoscrizione, sono annullabili mentre quelle successive all’01.06.2008 sono nulle per effetto dell’inasprimento della sanzione (nullità) che il legislatore ha impresso alla medesima fattispecie, ai sensi della L. n. 31 del 2008″; c) dichiarò l'”assorbimento di tutte le altre censure”;

avverso tale sentenza della CTR – depositata il 26 novembre 2009 e non notificata – ricorre per cassazione Equitalia ETR s.p.a. (già E.TR. Esazione Tributi s.p.a.), che affida il proprio ricorso, notificato il 26 maggio 2010, a cinque motivi;

G. s.r.l. resiste con controricorso, notificato il 5 luglio 2010. Con lo stesso atto, G. s.r.l. ha altresì proposto ricorso incidentale, “in relazione ai (..) motivi assorbiti”, affidato a due motivi;

avverso la medesima suddetta sentenza della CTR, ricorre per cassazione anche l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, notificato il 6 luglio 2010, a tre motivi;

l’Agenzia delle entrate deposita altresì controricorso al ricorso proposto da Equitalia ETR s.p.a., al fine di aderire alla richiesta di cassazione della sentenza della CTR in esso contenuta e di contraddire al ricorso incidentale proposto da G. s.r.l.;

G. s.r.l. ha chiesto, ai sensi del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, art. 11, comma 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, la sospensione del processo, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni di detto art. 11;

considerata tale richiesta, questa Corte, con ordinanza deliberata nella camera di consiglio del 12 settembre 2017, ha disposto la sospensione del processo;

G. s.r.l. ha successivamente chiesto la sospensione del processo ai sensi del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6, comma 10, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, depositando copia della domanda di definizione agevolata della controversia presentata a norma di detto art. 6 e del versamento della prima rata;

il 21 novembre 2019, l’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di (OMISSIS), ha notificato a G. s.r.l. il provvedimento di diniego di tale definizione protocollo n. (OMISSIS);

avverso questo provvedimento di diniego ricorre dinnanzi a questa Corte G. s.r.l., che affida tale ricorso, notificato il 20 gennaio 2020, a un unico motivo;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, notificato il 14 febbraio 2020;

a seguito del predetto diniego, il 23 novembre 2020 l’Agenzia delle entrate ha depositato istanza di fissazione di udienza;

G. s.r.l. ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

partendo dal ricorso proposto avverso la sentenza della CTR da Equitalia ETR s.p.a., con il primo motivo tale società denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, e dell’art. 345 c.p.c., per avere la CTR negato – rigettando l’eccezione sollevata dall’Ufficio di (OMISSIS) – che costituisse domanda nuova quella formulata dalla società G. di G.R. & C. s.a.s. con il terzo motivo di appello là dove veniva dedotta l’annullabilità della cartella di pagamento impugnata perchè priva dell’indicazione del responsabile del procedimento;

con il secondo motivo, Equitalia ETR s.p.a. denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4-ter, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, e dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 5, comma 2, e art. 21-octies, per avere la CTR ritenuto l’annullabilità della cartella di pagamento impugnata, recante ruoli consegnati anteriormente al 1 giugno 2008, perchè priva dell’indicazione del responsabile del procedimento;

con il terzo motivo, Equitalia ETR s.p.a. denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullità della sentenza impugnata per non essersi la CTR pronunciata, in violazione dell’art. 112 c.p.c., “sull’eccezione proposta da(lla stessa) Equitalia circa l’applicabilità del disposto di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 5, comma 2, e di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 21 octies”;

con il quarto motivo, Equitalia ETR s.p.a. denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), che la CTR non ha motivato “su(l) punto decisivo della controversia” costituito dall’eccezione indicata nel motivo che precede;

con il quinto motivo, Equitalia ETR s.p.a. denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, comma 2, del D.M. n. (recte: D.Dirig.) 28 giugno 1999 e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 2, lett. a), avere la CTR ritenuto l’invalidità della cartella di pagamento impugnata perchè non sottoscritta e perchè priva dell’indicazione del responsabile del procedimento;

passando al ricorso incidentale proposto avverso la sentenza della CTR, “in relazione ai (…) motivi assorbiti”, da G. s.r.l., con il primo motivo tale società denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, perchè la CTR, col dichiarare l'”assorbimento di tutte le altre censure”, non ha accolto quella (prospettata nel ricorso introduttivo e ribadita nel ricorso in appello), fondata, di nullità della cartella di pagamento impugnata perchè non preceduta dalla comunicazione alla stessa società contribuente dell’esito della liquidazione delle dichiarazioni;

con il secondo motivo del ricorso incidentale, G. s.r.l. denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi, della L. n. 241 del 1990, art. 3, “con riferimento” alla L. 31 luglio 2005, n. 156, art. 1, comma 5-bis, (recte: del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 156 del 2005), e al combinato disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, nel testo applicabile ratione temporis, perchè la CTR, col dichiarare l'”assorbimento di tutte le altre censure”, non ha accolto quella (prospettata nel ricorso introduttivo e ribadita nel ricorso in appello), fondata, di decadenza;

passando, poi, al ricorso proposto avverso la sentenza della CTR dall’Agenzia delle entrate, con il primo motivo, tale Agenzia denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, dell’art. 345 c.p.c., e dell’art. 2909 c.c., per avere la CTR: a) negato – rigettando l’eccezione sollevata dall’Ufficio di (OMISSIS) – che costituisse domanda nuova quella formulata dalla società G. di G.R. & C. s.a.s. con il terzo motivo di appello là dove veniva dedotta l’annullabilità della cartella di pagamento impugnata perchè priva dell’indicazione del responsabile del procedimento; b) statuito – rigettando l’eccezione sollevata da E. TR. Esazione Tributi s.p.a. – sulla domanda formulata dalla società G. di G.R. & C. s.a.s. con lo stesso terzo motivo di appello là dove veniva dedotta l’invalidità della cartella di pagamento impugnata per mancata sottoscrizione;

con il secondo motivo, l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4-ter, della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, lett. a), e della L. n. 241 del 1990, art. 5, comma 2, per avere la CTR ritenuto l’annullabilità della cartella di pagamento impugnata, recante ruoli consegnati anteriormente al 1 giugno 2008, perchè priva dell’indicazione del responsabile del procedimento;

con il terzo motivo, Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2, del D.M. n. (recte: D. Dirig.) 28 giugno 1999, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, lett. a), avere la CTR ritenuto l’invalidità della cartella di pagamento impugnata perchè non sottoscritta e perchè priva dell’indicazione del responsabile del procedimento;

venendo, infine, al ricorso proposto da G. s.r.l. avverso il provvedimento dell’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di (OMISSIS), protocollo n. (OMISSIS) del 2019 di diniego della definizione agevolata della controversia chiesta dalla stessa società ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, con l’unico motivo, la ricorrente denuncia l’illegittimità di tale provvedimento – che aveva rigettato la predetta domanda con la motivazione che “(l)a cartella di pagamento oggetto della controversia è stata emessa ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, a seguito di imposte dichiarate e non versate o versate tardivamente. Pertanto, tenuto conto che l’Ufficio si è limitato a determinare l’entità del tributo dovuto secondo i dati dichiarati dal contribuente stesso e che la cartella oggetto di impugnazione è atto di mera liquidazione e riscossione, emessa per il recupero delle imposte non versate, la lite non è definibile” – per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 1, in quanto, poichè la cartella di pagamento impugnata “è il primo e unico atto con cui è stata comunicata alla Società (…) la pretesa tributaria (e) in ogni stato e grado del giudizio si è contestato il merito della pretesa impositiva”, la stessa cartella non è un “atto di mera liquidazione e riscossione” ma un atto impositivo, con la conseguente possibilità di definire la controversia a norma dell’invocato art. 6, comma 1, il quale prevede la possibilità di definire le controversie tributarie aventi a oggetto, appunto, “atti impositivi”;

si deve anzitutto rilevare che, nonostante la dichiarazione di volersi avvalere delle disposizioni del D.L. n. 50 del 2015, art. 11, G. s.r.l. non risulta essersi poi effettivamente avvalsa di esse;

ciò rilevato, in ordine di priorità logico-giuridica, va ora esaminato l’unico motivo del ricorso proposto da G. s.r.l. avverso il provvedimento dell’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di (OMISSIS), protocollo n. (OMISSIS) di diniego della domanda di definizione agevolata della controversia presentata dalla stessa società ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6;

il motivo non è fondato;

come altre precedenti normative che, negli ultimi venti anni, hanno previsto forme di definizione agevolata delle liti fiscali – della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, (il cui comma 3, lett. a, fa riferimento alle liti aventi a oggetto “avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione”) e del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39, comma 12, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 luglio 2011, n. 111, (il cui alinea richiama le disposizioni della L. n. 289 del 2002, art. 16), – e diversamente dalla definizione contemplata dal D.L. 24 aprile 2017, n. 50, art. 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, (che ha riguardo, in generale, all'”atto impugnato”), del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, circoscrive l’ambito applicativo della definizione agevolata da esso prevista alle controversie (attribuite alla giurisdizione tributaria e in cui è parte l’Agenzia delle entrate) aventi a oggetto “atti impositivi” (comma 1);

il motivo in esame pone quindi la questione se la cartella di pagamento emessa a seguito della liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni effettuata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, o del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, e che rechi l’iscrizione a ruolo di imposte dichiarate e non versate, oltre agli interessi e alle correlative sanzioni, oppure dei soli interessi e sanzioni per tardivi versamenti, sia o no un atto impositivo;

il Collegio reputa che – come già ritenuto dalla Corte in diverse precedenti pronunce (Cass., 26/02/2014, n. 4608, 28/01/2015, n. 1571, 13/04/2016, n. 7279, 08/06/2017, n. 14344, 02/11/2018, n. 28064, tutte relative alla definizione prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 16) – a tale questione si debba rispondere, in linea generale, negativamente;

la natura impositiva dell’atto è correlata alla determinazione e alla pretesa di un’imposta maggiore di quella liquidata e dichiarata dal contribuente o dal sostituto d’imposta, e presuppone, perciò, una rettifica dei dati e degli elementi indicati nelle dichiarazioni;

a differenza di altre ipotesi contemplate dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, – come, ad esempio, quelle dell’esclusione o della riduzione di detrazioni o deduzioni in tutto in parte non spettanti, ai sensi dell’art. 36-bis, comma 2, lett. c) e d), (ipotesi in cui la possibilità di definire la lite avente a oggetto il ruolo e/o la cartella di pagamento è stata affermata anche dalle circolari dell’Agenzia delle entrate 21 febbraio 2003, n. 12/E, 24 ottobre 2011, n. 48/E e 1 aprile 2019, n. 6/E, con riferimento alle definizioni agevolate previste, rispettivamente, dalla L. n. 289 del 2002, art. 16, dal D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, e dal D.L. n. 119 del 2018, art. 6) -, nei casi (riconducibili alla liquidazione/controllo a norma dell’art. 36-bis, comma 2, lett. f, o a norma dell’art. 54-bis, comma 2, lett. c), di imposte dichiarate e non versate, o versate tardivamente, l’iscrizione a ruolo delle stesse imposte e/o degli interessi non presuppone alcuna rettifica dei dati e degli elementi indicati nelle dichiarazioni, ma opera il mero recupero dell’imposta dichiarata dal contribuente e da lui non versata (con i relativi interessi) o dei soli interessi sulla stessa imposta tardivamente versata;

da ciò discende che tali ruoli e le pedisseque cartelle di pagamento costituiscono atti di mera riscossione, privi di natura anche impositiva, con la conseguenza che gli stessi ruoli, così come le cartelle che li recano, non possono ritenersi suscettibili di definizione agevolata ai sensi (per quanto qui rileva) del D.L. n. 119 del 2018, art. 6;

tale conclusione non è inficiata dagli argomenti – addotti da G. s.r.l. nel motivo di ricorso – che la cartella di pagamento emessa a seguito della liquidazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, o del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, è il primo e unico atto con cui la pretesa tributaria è comunicata al contribuente e che, con il ricorso avverso la stessa cartella, questi abbia “contestato il merito della (suddetta) pretesa”;

a confutazione della validità di tali argomenti, si deve osservare, quanto al primo, che, se è vero che la cartella di pagamento del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, o del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54-bis, non essendo previsto che sia preceduta da un avviso di accertamento, è il primo atto notificato al contribuente, tale circostanza non è tuttavia tale da fare assumere natura impositiva a atti (il ruolo e la cartella) con i quali ci si limiti a riscuotere le imposte dichiarate dal contribuente e non versate e che, perciò, non presuppongono alcuna rettifica dei dati e degli elementi indicati nelle dichiarazioni (diverso potendo essere eventualmente il caso in cui una cartella di pagamento sia notificata quale “primo atto” in difetto della previa doverosa notificazione dell’atto impositivo/avviso di accertamento presupposto);

quanto al secondo argomento, appare evidente che la natura impositiva o no di un atto non può essere stabilita che sulla base del contenuto di esso e non di elementi estrinseci – e, addirittura, a posteriori – quali sono i motivi del ricorso proposto dal contribuente avverso lo stesso atto, con la conseguenza che il ruolo e la cartella di pagamento emessi per imposte dichiarate e non versate non potranno che continuare a essere atti di riscossione anche se il contribuente li abbia impugnati per motivi “di merito” (cioè, in questo caso, essenzialmente per fare valere errori commessi nella dichiarazione);

della natura non impositiva dell’atto (ruolo e cartella di pagamento) partecipano anche le sanzioni per l’omesso o il ritardato versamento delle imposte dichiarate, atteso che l’iscrizione a ruolo di tali sanzioni, previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, consegue automaticamente al suddetto omesso o ritardato versamento;

pertanto, il motivo è infondato e l’impugnato diniego della definizione agevolata chiesta da G. s.r.l. ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, deve essere confermato;

passando, quindi, all’esame dei ricorsi proposti da Equitalia ETR s.p.a. e dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTR, deve essere anzitutto rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso di Equitalia ETR s.p.a. sollevata da G. s.r.l. nel controricorso sull’assunto che “l’enunciazione dei motivi di diritto, priva di un’adeguata “riproduzione” dei fatti oggetto della controversia, così come di un’adeguata critica al percorso logico della motivazione, rende inammissibile l’atto di ricorso per violazione del principio di autosufficienza”, atteso che: a) quanto alla lamentata mancanza di “un’adeguata “riproduzione” dei fatti oggetto della controversia” profilo che avrebbe dovuto essere più esattamente ricondotto al requisito dell'”esposizione sommaria dei fatti della causa”, di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3) – il ricorso di Equitalia ETR s.p.a. presenta una parte iniziale (intitolata “La vicenda processuale”; pagine da 1 a 7), che contiene proprio quella sintetica esposizione riassuntiva della vicenda sostanziale e dello svolgimento del processo, effettivamente funzionale alla comprensione e allo scrutinio delle censure mosse alla sentenza impugnata, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, soddisfa il requisito in questione (Cass., Sez. U., 11/04/2012, n. 5698); b) quanto al lamentato difetto di autosufficienza, Equitalia ETR s.p.a. ha: b.1) indicato – e, nei punti salienti, anche testualmente trascritto – gli atti del giudizio di merito (in specie, il ricorso introduttivo e il ricorso in appello della società G. di G.R. & C. s.a.s. e le proprie controdeduzioni nel giudizio di appello) sui quali il ricorso (in particolare, il primo, il terzo e il quarto motivo, che ciò richiedevano) si fonda, in tale modo rispettando la previsione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), (la quale peraltro, contrariamente a quanto sostenuto da G. s.r.l., non richiede che il ricorrente che abbia trascritto parti di un atto e indicato la relativa pagina di esso debba anche “precisare il capoverso ovvero i righi in cui è previsto il testo riportato”); b.2) allegato i predetti atti del giudizio di merito al ricorso, in tale modo rispettando anche la previsione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4)); c) alla luce della lettura dei motivi di ricorso, la “critica al percorso logico della motivazione” emerge in modo immediato e pienamente comprensibile;

il primo motivo del ricorso proposto da Equitalia ETR s.p.a. e il primo motivo del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate possono essere esaminati congiuntamente, in quanto chiaramente connessi (e, con riguardo alla denuncia di violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, e dell’art. 345 c.p.c., coincidenti);

tali motivi sono fondati;

il processo tributario ha un oggetto che è rigidamente delimitato per quanto qui rileva – dalle contestazioni comprese nei motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo prospettati nel ricorso introduttivo (del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 24), i quali costituiscono la causa petendi dell’auspicato annullamento del medesimo atto (Cass., 24/06/2011, n. 13934);

questa Corte ha conseguentemente affermato che, nel giudizio tributario di appello, si ha domanda nuova, come tale improponibile a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 1, quando il contribuente, nel ricorso in appello, “introduce, al fine di ottenere l’eliminazione – o la riduzione delle conseguenze – dell’atto impugnato, una “causa petendi” diversa, fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, sicchè risulti inserito nel processo un nuovo tema d’indagine” (Cass., 30/07/2007, n. 16829);

nella specie, con il terzo motivo del ricorso introduttivo (pagine da 10 a 12), la società G. di G.R. & C. s.a.s. dedusse l'”(I)llegittimità dell’atto impugnato per omessa sottoscrizione del concessionario della riscossione”, con la motivazione che “la Cartella di pagamento impugnata risulta illegittima, in quanto priva della sottoscrizione del Concessionario. Militano in tal senso le conclusioni cui sono pervenuti i Giudici della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con la Sentenza n. 56/8/06 dell’8.11.2006 (cfr. all.), che hanno chiarito come sia indispensabile la sottoscrizione della Cartella di pagamento da parte del concessionario, precisando che si tratta di un atto produttivo di conseguenze giuridiche, che inevitabilmente finisce per incidere sulla sfera patrimoniale del contribuente. Per tale motivo, continuano i Giudici veneti, il cittadino deve essere messo in condizione di conoscere l’autore dell’atto, per proporre contestazioni e far emergere eventuali responsabilità; non è sufficiente, quindi, il semplice rispetto da parte del concessionario del modello ministeriale. Difatti, la giustificazione del rispetto del modello ministeriale dietro cui spesso si nascondono i Concessionari della riscossione, non può essere ritenuta sufficiente a ritenere legittima la Cartella di pagamento, poichè l’omissione della sottoscrizione da parte del concessionario che la redige, a prescindere dalla presenza o meno di un apposito spazio, non consente l’individuazione dell’autore dell’atto, impegnandolo alle proprie responsabilità. Anche la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16204/00, ha stabilito che “gli atti amministrativi vengono emessi a conclusione di procedimenti amministrativi più meno complessi, per i quali la sottoscrizione del funzionario responsabile consente, tra l’altro, l’accertamento della paternità dell’atto, in funzione della verifica della legittimazione dell’autore ad emettere il provvedimento e l’attribuibilità dello stesso all’amministrazione di appartenenza del funzionario medesimo”. E’, dunque, evidente l’illegittimità dell’atto impugnato per omessa sottoscrizione da parte del responsabile legittimato, in violazione della L. 27 luglio 2000 n. 212, art. 7, (c.d. “Statuto dei diritti del contribuente”), ove si prevede che gli atti dell’Amministrazione finanziaria e dei concessionari debbano “tassativamente” indicare, tra l’altro, “l’Ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato, o comunicato, e il responsabile del procedimento”. Ed invero, la Cartella di pagamento deve essere considerata un vero e proprio atto amministrativo, quale atto conclusivo ed “esterno” del procedimento e conseguentemente, alla stessa devono ritenersi comunque applicabili i principi di ordine generale indicati per ogni provvedimento amministrativo dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, espressamente recepiti per la materia tributaria dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, ponendosi una diversa interpretazione in insanabile contrasto con l’art. 24 Cost., (cfr. in senso conforme: Cassazione Civile, Sez. Tributaria, Sentenza n. 18415 del 16.9.2005)” (enfasi aggiunte);

premesso che l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento e l’omessa indicazione, nella stessa, del responsabile del procedimento integrano due vizi diversi dell’atto (Cass., 05/05/2010, n. 10805), dalla lettura del trascritto terzo motivo risulta evidente che, con esso, la società G. di G.R. & C. s.a.s. contestò unicamente il primo di tali vizi e che anche il richiamo della L. n. 212 del 2000, art. 7, (comma 2, lett. a), – che impone l’indicazione del responsabile del procedimento (anche) sugli atti degli agenti della riscossione – è operato nel motivo soltanto a (erroneo) sostegno della contestazione del vizio di omessa sottoscrizione e non può, perciò, configurare la contestazione del vizio di invalidità della cartella per l’omessa indicazione del responsabile del procedimento;

d’altro canto, dalla lettura del ricorso in appello, emerge che, con il terzo motivo di appello (pagine da 8 a 12), la società G. di G.R. & C. s.a.s., pur sotto la rubrica “errata ed insufficiente motivazione in ordine alla mancata sottoscrizione dell’agente della riscossione”, contestò in realtà esclusivamente l’annullabilità della cartella di pagamento impugnata perchè priva dell’indicazione del responsabile del procedimento;

risulta perciò che, con il terzo motivo di appello, la società G. di G.R. & C. s.a.s.: a) da un lato, col contestare l’annullabilità della cartella di pagamento impugnata perchè priva dell’indicazione del responsabile del procedimento, ha introdotto una nuova causa petendi, non compresa nella domanda originaria, che ha comportato l’inserimento nel processo di nuovi temi di indagine, sia in diritto (in ordine all’obbligo di detta indicazione e alle conseguenze della sua inosservanza) sia in fatto (circa l’esistenza della stessa indicazione nella cartella impugnata); b) dall’altro lato, non contestando la sentenza della CTP nella parte in cui rigettava la censura di illegittimità della stessa cartella per omessa sottoscrizione, ha prestato acquiescenza a tale parte (art. 329 c.p.c., comma 2);

ne consegue che erroneamente la sentenza impugnata non ha rilevato, con riguardo al terzo motivo di appello: a) l’improponibilità di esso, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 1, là dove veniva contestata l’annullabilità della cartella di pagamento impugnata perchè priva dell’indicazione del responsabile del procedimento; b) la preclusione, ai sensi dell’art. 329 c.p.c., comma 2, e dell’art. 2909 c.c., della contestazione di illegittimità della stessa cartella per omessa sottoscrizione;

da ciò la fondatezza dei motivi di ricorso;

può essere comunque utile notare come le predette due contestazioni siano ritenute infondate dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, che ha affermato: a) con riguardo alla prima, che “(l)a cartella esattoriale che ometta di indicare il responsabile del procedimento, se riferita a ruoli consegnati agli agenti della riscossione in data anteriore al 1 giugno 2008, pur essendo in violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 2, lett. a), non è affetta nè da nullità, atteso che il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4-ter, convertito dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, ha previsto tale sanzione solo in relazione alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008, nè da annullabilità, perchè, essendo la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7, priva di sanzione, e non incidendo direttamente la violazione in questione sui diritti costituzionali del destinatario, trova applicazione la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21 octies, il quale, allo scopo di sanare con efficacia retroattiva tutti gli eventuali vizi procedimentali non influenti sul diritto di difesa, prevede la non annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, per la natura vincolata del provvedimento, come nel caso di cartella esattoriale, il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” (Cass., 21/03/2012, n. 4516; nello stesso senso, Cass., 15/02/2013, n. 3754, 05/12/2014, n. 25773, 12/01/2016, n. 332); b) con riguardo alla seconda contestazione, che “(I)n tema di riscossione delle imposte sul reddito, l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo l’apposito modello approvato con D.M., che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice” (Cass., n. 25773 del 2014, 04/12/2019, n. 31605; nello stesso senso, Cass., n. 24/11/2016, n. 24018);

il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo del ricorso proposto da Equitalia ETR s.p.a. e il secondo e il terzo motivo del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo del ricorso proposto da Equitalia ETR s.p.a. e del primo motivo del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate;

il ricorso incidentale proposto da G. s.r.l. è inammissibile;

va infatti al riguardo ribadito il principio – costantemente affermato da questa Corte – secondo cui è inammissibile il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, con il quale la parte interamente vittoriosa nel giudizio di merito riproponga questioni che il giudice d’appello non ha deciso, non avendole esaminate o avendole ritenute assorbite dalla statuizione adottata, atteso che, in tale ipotesi, difetta il presupposto dell’impugnazione costituito dalla soccombenza, sia pure teorica e che, qualora, in accoglimento del ricorso principale, la sentenza impugnata venga cassata, la suddetta parte vittoriosa potrà riproporre le questioni menzionate davanti al giudice del rinvio (Cass., Sez. U., 08/10/2002, n. 14382; Cass., 23/05/2006, n. 12153, 18/10/2006, n. 22346, 15/02/2008, n. 3796, 10/12/2009, n. 25821, 20/12/2012, n. 23548, 15/01/2016, n. 574, 20/01/2016, n. 938, 05/01/2017, n. 134);

in conclusione: il ricorso proposto da G. s.r.l. avverso il provvedimento dell’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Bari, protocollo n. (OMISSIS) del 2019 di diniego della definizione agevolata della controversia ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, deve essere rigettato; il primo motivo del ricorso per cassazione proposto da Equitalia ETR s.p.a. e il primo motivo del ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle entrate devono essere accolti, assorbiti gli altri motivi degli stessi ricorsi; il ricorso incidentale proposto da G. s.r.l. deve essere dichiarato inammissibile; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti dei ricorsi proposti da Equitalia ETR s.p.a. e dall’Agenzia delle entrate e la causa deve essere rinviata alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, che dovrà provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso proposto da G. s.r.l. avverso il provvedimento dell’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Bari, protocollo n. (OMISSIS) del 2019 di diniego della definizione agevolata della controversia ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6; accoglie il primo motivo del ricorso per cassazione proposto da Equitalia ETR s.p.a. e il primo motivo del ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle entrate, assorbiti gli altri motivi degli stessi ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto da G. s.r.l.; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti dei ricorsi per cassazione proposti da Equitalia ETR s.p.a. e dall’Agenzia delle entrate e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

 

 

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