Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29552 del 16/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 16/11/2018, (ud. 21/09/2018, dep. 16/11/2018), n.29552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3309/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata ex lege in

Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Pastorino Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Claudio Coggiatti,

presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma via Lazio n.

20/c, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 117/36/10, depositata il 9 dicembre 2010.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 settembre

2018 dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Vista la memoria depositata dall’Avv. Claudio Coggiatti per la

contribuente.

Fatto

RILEVATO

Che:

– Pastorino Srl, concessionaria Volkswagen, impugnava l’avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2002, emesso dall’Agenzia delle entrate per operazioni soggettivamente inesistenti relative all’acquisto di autovetture provenienti da paesi comunitari, contestando l’indebita detrazione dell’Iva, l’omessa integrazione di operazioni di acquisto intracomunitarie e l’infedele presentazione della dichiarazione annuale;

– il giudice di primo grado accoglieva l’impugnazione; la sentenza era confermata dalla CTR del Piemonte;

– l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione con un motivo, cui resiste la contribuente con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– l’unico motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2697 c.c. e dei principi in materia di riparto dell’onere probatorio in tema di frodi carosello, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione;

– va preliminarmente affermata l’ammissibilità della censura nonostante il cumulo delle doglianze – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – in quanto partitamente trattate, nel rispetto dei canoni di chiarezza e specificità, nell’articolazione del motivo stesso (v. ex multis Cass. n. 9793 del 23/04/2013);

– è infondata la dedotta violazione di legge;

– va premesso, sul punto, che in tema di operazioni soggettivamente inesistenti questa Corte, con la sentenza n. 9851 del 10 aprile 2018, ha precisato che:

1. l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta;

2. la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente;

3. incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi;

– il giudice d’appello, invero, si è attenuto a tali criteri poichè, ritenuta la qualità di cartiera del venditore e la correttezza dell’originaria contestazione dell’Ufficio, ha soffermato la sua attenzione esclusivamente sulla prova contraria fornita dalla contribuente, ritenendo la stessa adeguatamente fornita;

– è, peraltro, fondata la lamentata carenza motivazionale;

– la CTR, difatti, ha concluso che la contribuente potesse “non essere a conoscenza della frode” attesa “la sporadicità dei rapporti commerciali” “il modesto volume d’affari” “gli accertamenti preventivi eseguiti dalla Pastorino Srl sulla Business Agent Srl che hanno indotto a considerare la società commercialmente valida quali: – riscontro dell’effettiva iscrizione della società cedente alla Camera di Commercio; – la presenza di un sito internet; – le informazioni bancarie hanno dato riscontri negativi; – informazioni da altri operatori del settore”;

– orbene, nell’operare siffatta valutazione il giudice d’appello da un lato ha integralmente omesso di considerare i numerosi elementi allegati dall’Agenzia e, in particolare, che i pagamenti avvenivano anticipatamente, circostanza che imponeva una considerazione di particolare affidabilità del contraente e specifici riscontri, e che il prezzo di acquisto era inferiore a quello di mercato, circostanza rimasta assolutamente inspiegata (trattandosi di veicoli nuovi) e particolarmente significativa attesa la qualità della stessa contribuente (concessionaria ufficiale della Volkswagen);

– dall’altro, ha dato rilevanza a circostanze prive di rilievo ai fini della configurabilità della buona fede (i non frequenti contatti e il modesto volume di affari; la presenza di un sito internet) o meramente formali (l’iscrizione alla Camera di Commercio) ovvero di contenuto assolutamente generico (le informazioni raccolte da operatori del settore e bancarie);

– la motivazione, dunque, oltre che insufficiente, per l’omessa considerazione di elementi decisivi, è altresì carente per la mancanza di una valutazione unitaria e globale delle circostanze in giudizio sull’asserita assenza di consapevolezza da parte della contribuente di partecipare ad un’evasione fiscale, ossia – alla stregua dei principi sopra affermati – se questi, anche in relazione alla qualità professionale ricoperta e alle concrete modalità di scelta e realizzazione dell’operazione commerciale, “sapeva o avrebbe dovuto sapere con l’uso dell’ordinaria diligenza” che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta;

– in accoglimento del ricorso la sentenza va pertanto cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Piemonte in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2018

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