Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29550 del 24/12/2020
Cassazione civile sez. trib., 24/12/2020, (ud. 22/10/2020, dep. 24/12/2020), n.29550
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CIRESE Marina – Consigliere –
Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6781-2016 proposto da:
C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO
EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato E ASSOCIATI STUDIO
GREZ, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO SETTE;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI UDINE, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 340/2015 della COMM. TRIB. REG. di TRIESTE,
depositata il 21/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/10/2020 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.
Fatto
RITENUTO
Che:
C.F. ricorre per la cassazione della sentenza n. 340/08/15, pubblicata il 21/9/2015, con la quale la CTR del (Ndr: testo originale non comprensibile).
Secondo il giudice di appello, la parte contribuente non ha fornito elementi sufficienti per contrastare le risultanze del c.d. redditometro, assimilabili alle presunzioni legali, e ciò sulla scorta degli elementi probatori ricavabili dagli atti di causa.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
In prossimità dell’udienza, la ricorrente ha depositato memoria di costituzione di nuovo difensore con la quale ha manifestato di non aver più interesse a coltivare il giudizio per aver presentato istanza di condono (L. n. 225 del 2016, art. 6), regolarmente accolta dal competente Ufficio.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
Con il motivo d’impugnazione la ricorrente deduce – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, poichè la CTR non ha considerato che la richiamata disposizione richiede non la dettagliata dimostrazione dell’impiego delle somme per la produzione degli acquisti e per le spese di incremento, ma soltanto che il contribuente vinca la presunzione che il reddito dichiarato non sia sufficiente per realizzare gli acquisti e gli incrementi, ricadendo sull’Agenzia delle entrate l’onere di fornire elementi e circostanze “da cui si possa dedurre che il ricorrente in quell’anno abbia svolto un’altra attività da cui abbia tratto reddito non dichiarato”.
Parte ricorrente ha depositato memoria contenente la rinuncia al ricorso per cassazione notificato all’Agenzia delle Entrate, per avere nelle more aderito alla definizione agevolata dei carichi rientranti nell’ambito di applicazione del D.L. n. 193 del 2016, art. 6, (conv. con L. n. 225 del 2016).
La rinuncia al ricorso per cassazione produce l’estinzione del processo anche in assenza di accettazione, giacchè, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, comporta il venir dell’interesse a contrastare il ricorso (Cass. n. 11033/2019).
Va, pertanto, dichiarata ai sensi dell’art. 391 c.p.c. l’estinzione del processo.
Inoltre, in tema di definizione agevolata delle controversie, ove il contribuente rinunci al ricorso durante il procedimento di legittimità, non trova applicazione la regola generale di cui all’art. 391 c.p.c., comma 2, poichè la condanna alle spese del medesimo contrasterebbe con la ratio della definizione agevolata, dissuadendolo ad aderire alla stessa, sicchè, anche se l’ente impositore non accetta la rinuncia, deve essere disposta la compensazione delle spese (Cass. n. 10198 del 2018).
In considerazione dell’esito del giudizio, non sussistono neanche i presupposti per condannare la ricorrente al raddoppio del contributo unificato, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, (Cass. n. 19560 del 2015).
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio e compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quaier, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile, il 22 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020