Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29550 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 14/11/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 14/11/2019), n.29550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23349-2017 proposto da:

P.I., domiciliata in ROMA presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dagli avvocati GIOVANNA

PAGNOZZI, RENATO ANGELONE giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PORTA

PINCIANA, 6, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA PARLATO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO PARLATO giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

F.L., F.O., F.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2830/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/06/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Lette le memorie depositate dal controricorrente.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

F.L., F.O., F.F. e F.R. convenivano in giudizio P.A., Pi.Al. e P.I. quali comproprietari di un’unità immobiliare sita nell’edificio in (OMISSIS), affinchè fosse accertato che non sussisteva alcun diritto di passaggio sulla proprietà degli attori in favore del bene dei convenuti, con la condanna alla riduzione in pristino di tutte le opere abusive poste in essere.

Si costituivano Pi.Al. ed P.I. che concludevano per il rigetto della domanda, eccependo di essere titolari di un diritto di servitù acquisito per destinazione del padre di famiglia ovvero per usucapione.

Il Tribunale di Napoli con la sentenza n. 14171 del 18/12/2009 accoglieva la domanda attorea ed avverso tale decisione proponevano appello Pi.Al. ed P.I..

Quindi nella resistenza degli appellati F., si costituiva anche P.A., che era rimasto contumace in primo grado, il quale lamentava la nullità della notifica dell’atto di citazione, in quanto notificatagli in luogo ove non aveva più la residenza, essendosi trasferito altrove, come peraltro noto agli stessi attori, ed invocava l’applicazione dell’art. 354 c.p.c..

La Corte d’Appello di Napoli con la sentenza n. 2830 del 21 giugno 2017 dichiarava la nullità della notifica dell’atto di citazione effettuata a P.A., con la conseguente nullità del giudizio di primo grado e della sentenza emessa, disponendo la rimessione della causa al giudice di primo grado, compensando integralmente le spese del grado di appello. Avverso tale sentenza propone ricorso P.I. sulla base di due motivi, cui resiste con controricorso F.R.. Gli altri intimati non hanno svolto difese in questa fase.

Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, e subordinatamente n. 5, nella parte in cui la Corte distrettuale ha laconicamente disposto la compensazione delle spese di lite.

Si deduce che la parte risultata vittoriosa all’esito del giudizio di appello non può essere penalizzata con la compensazione delle spese, che nella specie risulta anche priva di adeguata motivazione, ed in contrasto con la volontà del legislatore, come attestato dall’evoluzione che nel tempo ha vissuto la previsione normativa indicata in rubrica.

Il secondo motivo denuncia invece l’omessa motivazione su di un capo di sentenza in violazione dell’art. 92 c.p.c., commi 1 e 2, in quanto omette di statuire sulle spese del giudizio di primo grado (che aveva visto la condanna dei P. al rimborso delle spese in favore dei F.).

I motivi sono infondati e devono essere rigettati.

Quanto al primo motivo, giova rilevare che alla fattispecie, tenuto conto della data di introduzione del giudizio di primo grado (25-28/10/2002) risulta applicabile la previsione dell’art. 92 c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L. n. 80 del 2005, che, per l’ipotesi in cui non ricorresse una situazione di soccombenza reciproca, consentiva la compensazione in tutto o in parte delle spese, nel caso di concorrenza di altri giusti motivi.

La sentenza gravata, nel compensare le spese del solo grado di appello, ha così motivato: Tenuto conto dei motivi della decisione, fondata su ragioni di rito che prescindono dall’esame del merito, la Corte ritiene corretta la compensazione tra le parti delle spese del grado”.

Il tenore della motivazione, che ribadisce che sono risultate assorbite per effetto del contenuto della decisione, tutte le questioni di merito, impedisce quindi di poter far rientrare nella valutazione circa la correttezza della decisione, le questioni di merito, come ad esempio l’allegazione di parte ricorrente secondo cui (cfr. pag. 6 del ricorso) l’accoglimento della domanda in primo grado sarebbe frutto di un’erronea e surrettizia allegazione degli attori.

Sul punto questa Corte ha avuto modo di ribadire che (cfr. Cass. n. 7763/2012) ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, pure nel testo applicabile “ratione temporis” prima della modifica introdotta dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), la scelta di compensare le spese processuali è riservata al prudente, ma comunque motivato, apprezzamento del giudice di merito, la cui statuizione può essere censurata in sede di legittimità quando siano illogiche o contraddittorie le ragioni poste alla base della motivazione, e tali da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale.

Si è altresì precisato che (cfr. Cass. n. 1997/2015) ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo applicabile “ratione temporis” (prima della modifica introdotta dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a)), la scelta di compensare totalmente o parzialmente le spese processuali è riservata al prudente apprezzamento del giudice sulla base di un adeguato supporto motivazionale, che può anche desumersi dal complesso delle considerazioni giuridiche o di fatto enunciate a sostegno della decisione di merito o di rito (conf. Cass. n. 24531/2010).

Ora, anche a voler soprassedere circa il fatto che la questione di nullità della notifica dell’atto di citazione era stata dedotta da un soggetto diverso dall’odierna ricorrente, che rispetto quindi alla causa che ha determinato la declaratoria di nullità della sentenza appellata non può ritenersi a tutti gli effetti parte vittoriosa (se non di riflesso, avendo beneficiato della declaratoria di nullità di una sentenza che nel merito le era risultata sfavorevole), la sentenza impugnata ha motivato la decisione di compensare le spese di appello con il riferimento alla circostanza che la causa era stata definita in rito, come effettivamente si ricava dalla lettura della intera motivazione, la quale evidenzia che la conclusione circa la nullità della notifica dell’atto di citazione era stata legittimata, non tanto per la fondatezza della questione sollevata da P.A. circa la non corrispondenza tra il luogo ove era stata tentata la notifica con quello di residenza effettiva, quanto per la diversa considerazione che non poteva reputarsi perfezionata la notifica ex art. 140 c.p.c., stante quanto emergeva dalla raccomandata che dava notizia al destinatario degli adempimenti previsti dalla norma.

A tal fine si ricordava come le pregresse incertezze interpretative fossero state superate solo a seguito della sentenza delle Sezioni Unite n. 458/2005, cui aveva fatto seguito anche la decisione del giudice della L. n. 3 del 2010, che ha previsto che, per il destinatario, la notifica ex art. 140 c.p.c., si perfeziona solo con la ricezione della raccomandata informativa.

Poichè nella fattispecie la detta raccomandata aveva rilevato che il destinatario risultava trasferito ovvero sconosciuto, ne derivava che P.A. non aveva potuto fruire della garanzia ulteriore dettata dalla norma con la conseguente nullità della notifica.

La ricostruzione dei vari sviluppi giurisprudenziali che hanno interessato la sorte dell’interpretazione della norma in esame, consente soprattutto di evidenziare che l’approccio maggiormente garantista per la posizione del destinatario della notifica è frutto di una riflessione che la giurisprudenza, sia di legittimità che costituzionale, ha espresso solo in data successiva a quella della notifica dell’atto introduttivo del giudizio, consentendo in tal modo di poter ritenere integrata la individuazione dei giusti motivi che, secondo la formulazione della norma applicabile ratione temporis, giustificano la compensazione totale delle spese di lite.

Quanto invece al secondo motivo di ricorso, va ribadito il principio secondo cui in caso di rimessione della causa al giudìce di primo grado, il giudice di appello è obbligato a liquidare le spese del giudizio svoltosi dinanzi a sè (cfr. Cass. n. 14495/2017), potendo provvedere anche sulle spese del giudizio di primo grado, senza necessità di rimettere la relativa decisione al giudice nuovamente investito della causa, solo quando ritenga di avere sufficienti elementi per decidere (cfr. Cass. n. 16765/2010), con la conseguenza che, in assenza di tale opzione, è al giudice dinanzi al quale la causa deve essere riassunta, a dover provvedere anche sulle spese del giudizio di primo grado che ha generato la sentenza dichiarata nulla (cfr. Cass. n. 13550/2006).

La scelta espressa di provvedere sulle spese del giudizio di appello, implica, con motivazione implicita, la decisione di rimettere al giudice di primo grado anche la decisione in ordine alle spese del precedente giudizio, sempre di primo grado.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Nulla per le spese per gli intimati che non hanno svolto attività difensiva.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore del controricorrente che liquida in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori come per legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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