Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2955 del 08/02/2021

Cassazione civile sez. I, 08/02/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 08/02/2021), n.2955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8091/2019 r.g. proposto da:

A. (corretto in A.) S., (cod. fisc. (OMISSIS)),

rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata in calce al

ricorso, dall’Avvocato Ennio Cerio, presso il cui studio

elettivamente domicilia in Campobasso, alla via Mazzini n. 112;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI CAMPOBASSO depositato in data

07/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 09/12/2020 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. Sanlorenzo Rita, che ha concluso

chiedendo accogliersi il terzo motivo di ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A. (corretto in A.) S., nativo del (OMISSIS), ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, avverso il decreto del Tribunale di Campobasso del 7 febbraio 2019, reso nel procedimento n. 2722/2017, reiettivo della sua domanda volta ad ottenere una delle forme di protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il Ministero dell’Interno è rimasto solo intimato.

1.1. Quel tribunale ritenne (cfr. pag. 2 del menzionato decreto): i) in relazione alla invocata protezione umanitaria, che la L. n. 132 del 2018, vigente al momento della decisione, l’aveva limitata a casi tassativi e specifici, nessuno dei quali era stato fatto valere dal ricorrente; ii) circa la richiesta protezione sussidiaria, che non ne sussistevano i presupposti, “…in quanto non risulta poi che il (OMISSIS), nel suo territorio, sia in preda alla guerra civile o a situazioni di conflitto interno ad essa paragonabili, secondo le note sentenze C.G.U.E Elgafaji del 2009 e Diakitè del 2014, mentre la violenza dovuta alle forze terroriste, secondo il più recente report del Ministero degli Esteri (consultato a febbraio 2018) attiene solo ad alcuni territori ((OMISSIS)), mentre altri, come (OMISSIS), sono da essi distanti…..In ogni caso, alla luce del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 1, lett. b-ter, come modificato dalla L. n. 132 del 2018, esistono altre zone del (OMISSIS), come quelle marittime, in cui non si registrano episodi di violenza come quelli descritti nel (OMISSIS) ed in cui il ricorrente potrebbe eventualmente ritornare a stabilirsi. Tra l’altro il ricorrente ha affermato di essere fuggito dal Paese di origine per motivi politici, ma non ne suffraga in alcun modo la tesi in maniera nemmeno verosimile…”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I formulati motivi denunciano, rispettivamente:

I) “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8”, per avere il tribunale valutato in maniera inadeguata la situazione della regione del (OMISSIS) del (OMISSIS), avvalendosi esclusivamente “di un non meglio identificato più recente report del Ministero degli Esteri (consultato a Febbraio 2018)”, ed escludendo l’esistenza di una condizione di pericolo dovuta a violenza diffusa e non controllata in modo non sufficientemente adeguato;

II) “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 1, lett. b-ter”, per avere il tribunale escluso il riconoscimento della protezione internazionale avvalendosi di un principio – quello desumibile dall’art. 8 della Direttiva 2004/83/CE – recepito nell’ordinamento italiano solo con l’avvenuta modifica del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 1, lett. b-ter, da parte della L. n. 132 del 2018, insuscettibile però, di applicazione retroattiva e, come tale, inutilizzabile per le domande di protezione internazionale, come quella dell’odierno ricorrente, formulate prima della entrata in vigore di detta legge;

III) “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.L. n. 113 del 2018, art. 1 convertito dalla L. n. 132 del 2018, ed al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6”, per avere il tribunale statuito sulla domanda di protezione umanitaria del ricorrente utilizzando, erroneamente, la disciplina di cui al D.L. n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 132 del 2018, insuscettibile di applicazione (retroattiva) per le domande di protezione internazionale, come quella in esame, formulate prima della entrata in vigore di detta legge.

2. L’odierno ricorso deve considerarsi inammissibile, posta la inadeguatezza della procura speciale allegata dal difensore quale ultimo foglio dell’atto (spillato al ricorso), documento nel quale (benchè sia individuato il provvedimento da impugnare si legge: “per autentica e per accettazione del mandato conferito il 29.01.2019”.

2.1. Trattasi di data addirittura anteriore a quelle di decisione in camera di consiglio (4.2.2019) e successiva pubblicazione (7.2.2019) del decreto oggi impugnato, sicchè risulta palesemente violato il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, quinto periodo, a tenore del quale, in relazione all’impugnazione del decreto reso dal tribunale ai sensi del primo periodo della medesima disposizione, è sancito che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”.

2.2. Si osserva che questa Corte ha già statuito che “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria, poichè tale previsione non determina una disparità di trattamento tra la parte privata ed il Ministero dell’interno, che non deve rilasciare procura, armonizzandosi con il disposto dell’art. 83 c.p.c., quanto alla specialità della procura, senza escludere l’applicabilità dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3” (cfr. Cass. n. 17717 del 2018); e, in fattispecie analoga, Cass. 30620 del 2019 ha concluso per la inammissibilità della “procura su foglio separato e spillato in calce”, perchè “niente consente di dire che la procura sia stata giustappunto rilasciata dopo la comunicazione del provvedimento impugnato, atteso che sulla procura anzidetta non risulta apposta la data di conferimento, nè attestazione veruna”.

2.3. Invero la specialità della norma deriva dalla peculiare connotazione pubblicistica che la “certificazione”, quale demandata al difensore, viene ad assumere nel contesto del conferimento della procura; per esso, non si ha, invero, mera declinazione modale del sistema già congegnato all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3 e art. 125 c.p.c., comma 3, demandandosi, invece, al difensore un atto di fidefacienza, con peculiare valore di riscontro, che il conferimento della procura è avvenuto posteriormente alla comunicazione del decreto impugnato; ne deriva che tale “certificazione” implica di necessità l’asseverazione qualificata – possibile solo in capo al difensore investito del mandato ad impugnare per cassazione ed a ciò abilitato – della presenza del richiedente protezione – di regola – nel territorio dello Stato, così formandosi un documento firmato, a sua volta, in presenza del difensore e nel preventivo accertamento dell’identità del sottoscrittore; la locuzione impiegata (certificazione), rinviando in modo specifico ad un unico soggetto autore della condotta, ed alla correlativa responsabilità, appare, invero, strettamente connessa ad un “modo” predeterminato, scelto dalla legge, di far risultare la posteriorità del mandato rispetto alla comunicazione del decreto, perciò integrando direttamente, accanto ad una funzione di controllo – come visto – della sottoscrizione e della sua provenienza (e, con essa, della volontà di impugnare, ex art. 83 c.p.c.), una speciale potestà asseverativa, di fidefacienza, conferita ex lege al difensore abilitato.

2.4. Per mera completezza, infine, è doveroso evidenziare che la mera indicazione, nel testo della procura de qua, del provvedimento da impugnare, non consente, da sola, di superare il peculiare vizio (diverso da quello esaminato da Cass. n. 15211 del 2020, in cui la procura ad esso relativa, ancorchè rilasciata su un foglio materialmente congiunto al medesimo ricorso e recante una data successiva al deposito del decreto impugnato, non indicava gli estremi di tale provvedimento, nè altri elementi idonei ad identificarlo, come il numero cronologico ovvero la data del deposito o della comunicazione) da cui è affetta la procura in esame, atteso che il menzionato art. 35-bis, comma 13, quinto periodo, è evidentemente volto ad evitare eventuali prassi di rilascio della procura a ricorrere in Cassazione in un momento anteriore a quello della comunicazione del decreto oggetto di impugnazione. Pertanto, anche l’eventuale semplice erroneità della data in calce alla procura portata sull’atto d’impugnazione di causa importa, necessariamente, l’impossibilità di accertare come validamente intervenuta dopo la comunicazione del provvedimento impugnato la prescritta apposita certificazione del difensore circa la data di sua rilascio, con il conseguente vizio comportante positivamente l’inammissibilità del ricorso.

2.5. In definitiva, in sostanziale adesione ai principi, già ripetutamente sanciti dalla giurisprudenza di legittimità, (cfr. Cass. n. 1044 del 2020, nonchè, successivamente, ex multis, Cass. n. 4069 del 2020, Cass. n. 14530 del 2020, Cass. 23733 del 2020 e, da ultimo, Cass. n. 26890 del 2020, resa in fattispecie affatto identica a quella odierna), deve affermarsi che “in materia di protezione internazionale, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, il conferimento della procura alle liti per proporre il ricorso per cassazione, al fine di assolvere al requisito della posteriorità alla comunicazione del decreto impugnato, va certificato nella sua data di rilascio dal difensore; ne consegue che è inammissibile il ricorso nel quale la procura (nella specie, allegata all’atto) indichi, quale sua data di conferimento, un giorno anteriore a quella di pubblicazione del decreto impugnato, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma, nè il citato requisito potendo discendere dalla mera sequenza notificatoria”.

3. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2021

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