Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2955 del 03/02/2017
Cassazione civile, sez. I, 03/02/2017, (ud. 24/11/2016, dep.03/02/2017), n. 2955
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1164-2012 proposto da:
E.C., (c.f. (OMISSIS)), G.R. (c.f. (OMISSIS)),
domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato
MASSIMO APICELLA, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
DEUTSCHE BANK S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 167,
presso l’avvocato STEFANO DE LUCA MUSELLA, rappresentata e difesa
dall’avvocato GIANFRANCO CADEDDU, giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrente –
contro
GR.CA.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1025/2011 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,
depositata il 29/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
24/11/2016 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato M. APICELLA che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per
quanto di ragione.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
E.C. e G.R. convennero in giudizio la Deutsche Bank s.p.a. (D.B.). deducendo in sintesi: che nel gennaio 1995 avevano conferito alla filiale di (OMISSIS) della convenuta, presso la quale operava quale cassiere G.R., -incarico di intermediazione finanziaria mobiliare consistente nell’acquisto di titoli di Stato per un valore nominale di Lire 30 milioni con scadenza 31.12.1005, acquisendone formale ricevuta contrassegnata dal n. (OMISSIS), utilizzando a tal fine titoli in scadenza che erano stati acquistati dai genitori della G. nel 1992 mediante versamento di due assegni bancari dell’importo complessivo di Lire 25 milioni: che, alla scadenza dei titoli, richiesto alla D.B. il versamento delle somme investite con i relativi interessi, avevano appreso che non risultava alcun acquisto di titoli a loro nome. Chiedevano quindi: a) dichiararsi la responsabilità della convenuta, ex art. 2049 c.c. per fatto illecito posto in essere dal suo dipendente Gr.Ca., con la condanna della stessa al pagamento della somma di Lire 30 milioni (oltre rivalutazione ed interessi) ed al risarcimento dei danni: b) in via gradata, qualora non fosse ravvisata la responsabilità della convenuta, condannarsi la stessa alla restituzione della somma di Lire 30 milioni oltre rivalutazione ed interessi.
La Deutsche Bank, costituitasi in giudizio, nel merito deduceva in sintesi: a) la non corrispondenza della ricevuta n. (OMISSIS) – comunque riconducibile ad una operazione intestata ad altri – ai documenti che venivano rilasciati in relazione al tipo di operazione in oggetto: di tale documento peraltro in corso di causa il procuratore degli attori, a fronte della dichiarata intenzione della convenuta di proporre querela di falso, dichiarava di non intendere avvalersi; b) l’assoluta estraneità della operazione allegata dagli attori alla attività svolta dal cassiere: c) la mancanza di alcun collegamento tra la dedotta operazione di negoziazione di due assegni da parte dei genitori della G. e la provvista per l’investimento in titoli asseritamente effettuato dagli attori. Chiedeva pertanto il rigetto della domanda, e, per il caso di soccombenza, condannarsi il dipendente Gr.Ca. (che, chiamato in causa, rimaneva contumace) a rivalere essa convenuta.
Espletato interrogatorio libero delle parti e prova testimoniale, il Tribunale di Salerno condannava la Deutsche Bank al pagamento della somma richiesta, oltre interessi e rivalutazione, condannando altresì il Gr. a rifonderle tali somme.
Proposto gravarne dalla Deutsche Bank, cui resistevano gli originari attori, la Corte d’appello di Salerno, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta nei confronti della appellante, condannando gli appellati costituiti a restituirle le somme da essa corrisposte loro in esecuzione della sentenza di primo grado. Ha osservato la corte distrettuale che della dedotta responsabilità indiretta del datore di lavoro gli attori non hanno dimostrato i fatti costitutivi, a partire dalla consegna, da parte loro, al cassiere della banca convenuta nei locali della stessa, della somma di 30 milioni di Lire destinata ad un operazione di acquisto titoli a nome degli stessi attori. Ciò tenendo presente che, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, dalle dichiarazioni testimoniali rilasciate dalla madre dell’attrice non e possibile, per più ragioni, trarre argomenti di prova: e che la pretesa ricevuta n. (OMISSIS) – in quanto espunta per dichiarazione a verbale del procuratore degli attori dalla produzione documentale – deve ritenersi assolutamente inutilizzabile quale documento probatorio.
Avverso tale sentenza, depositata il 20 novembre 2011, E.C. e G.R. propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste con controricorso Deutsche Bank.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia la nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 112 c.p.c. deducendo che la corte di merito avrebbe provveduto sulla sola domanda principale avente ad oggetto la responsabilità della convenuta a norma dell’art. 2049 c.c. omettendo di provvedere sulla domanda subordinata di condanna della convenuta alla restituzione della somma di Lire 30 milioni che le sarebbe stata consegnata dagli attori-appellati, i quali anche nella comparsa di risposta in appello avrebbero insistito in tale domanda subordinata.
La doglianza è priva di fondamento. La corte salernitana, nell’escludere la sussistenza in atti della prova della consegna, da parte degli attori, al cassiere della banca convenuta nei locali della stessa, della somma di 30 milioni di Lire, ha implicitamente ritenuto infondata anche la domanda subordinata di restituzione della somma stessa. Domanda il cui accoglimento non può prescindere dalla prova della riferibilità alla contenuta della pretesa ricezione della somma da parte del suo dipendente, non avendo peraltro gli odierni ricorrenti precisato a quali ulteriori e distinti fatti costitutivi della loro pretesa restitutoria avrebbero fatto riferimento in sede di merito.
Il secondo, subordinato, motivo denuncia l’omessa e/o insufficiente motivazione circa la prova della responsabilità della convenuta ex art. 2049 c.c.. La corte di merito avrebbe omesso di considerare alcuni elementi, quali la notoria condanna penale di Gr.Ca., o le dichiarazioni di conferma dell’avvenuto versamento rilasciate in udienza da un funzionario della D.B.. o la stessa chiamata in causa del Gr. effettuata dalla D.B.. che costituirebbe conferma della consapevolezza della condotta lesiva in danno dei ricorrenti. Inoltre la corte stessa avrebbe ignorato il disconoscimento, prontamente effettuato dalla attrice G. della documentazione esibita dalla banca al fine di provare che i due assegni per complessive Lire 25 milioni emessi dal padre della attrice avevano subito vicende afflitto diverse da quelle indicate in citazione e confermate in qualità di teste dalla madre della attrice, che peraltro del tutto genericamente la corte avrebbe qualificato come inattendibile.
Si tratta tuttavia di doglianze inammissibili, in quanto del tutto generiche circa gli elementi che la corte di merito non avrebbe considerato nella valutazione ad essa riservata della quale in effetti si chiede una revisione estranea alla verifica di legittimità. Inammissibilmente generico si mostra anche il riferimento ad un imprecisato disconoscimento da parte della G. della documentazione prodotta dalla controparte per smentire che i due assegni emessi dal padre della attrice fossero stati utilizzati per una precedente operazione di acquisto titoli che si sarebbe svolta nel (OMISSIS): invero il ricorso non precisa quale elemento documentale sarebbe stato disconosciuto dalla G. (che del resto non risulta aver apposto alcuna sottoscrizione su detti titoli), sì da non consentire al Collegio di apprezzare esattamente la doglianza. Quanto poi alla inattendibilità della teste S., trattasi, da un lato, di elemento non decisivo (non avendo la sentenza impugnata fondato su tale sola valutazione, bensì sulla oggettiva inidoneità della prova testimoniale, il proprio giudizio), dall’altro di valutazione di merito che appare congruamente motivata dalla corte stessa, la quale non ha mancato di evidenziare come la teste, oltre ad essere madre della attrice, si trovi ad essere sia pure indirettamente coinvolta nella controversia, quale pretesa partecipe di una precedente operazione con la stessa D.B. di acquisto titoli per Lire 25 milioni dalla quale sarebbe derivata la contestata provvista della successiva operazione in discussione.
Si impone pertanto il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio, che si liquidano come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al rimborso in favore della parte resistente delle spese di questo giudizio di cassazione, in Euro 2.700,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile della Corte di Cassazione, il 24 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2017