Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29545 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 24/12/2020, (ud. 21/10/2020, dep. 24/12/2020), n.29545

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11245-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.M.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2561/2016 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

LECCE, depositata il 27/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2020 dal Consigliere Dott. MARTORELLI RAFFAELE;

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

L’Agenzia delle Entrate -Ufficio provinciale di Lecce-Territorio, notificava al T.M.G. avviso di accertamento catastale con il quale, su impulso del Comune di Lecce e in dichiarata applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, aveva proceduto alla rideterminazione del classamento e alla conseguente attribuzione della nuova rendita catastale relativamente alle microzone nelle quali era stato rilevato un significativo scostamento tra il rapporto: “valore medio di mercato/valore medio catastale” e l’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali.

La contribuente ricorreva innanzi alla CTP di Lecce, che, con sentenza n. 645/04/2013, accoglieva il ricorso sul decisivo rilievo che l’atto impugnato non fosse provvisto di adeguata motivazione. Proponeva appello l’Agenzia delle Entrate di Lecce per chiedere la sua totale riforma della decisione.

La CTR di Bari, sez. staccata di Lecce, respingeva il ricorso. Secondo i giudici del gravame la procedura di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma n. 335, non si sottraeva alla disciplina generale e alla valutazione dei parametri ivi previsti e lo scostamento significativo tra le medie dei valori riscontrati nella microzona di riferimento, altro non rappresentava che il presupposto unico dal cui verificarsi la legge faceva discendere l’adozione della procedura di revisione; procedura che andava eseguita secondo la normativa vigente per le fattispecie ordinarie.

Ciò non era avvenuto nel caso in esame, in cui l’attribuzione della classe superiore e della relativa rendita catastale, era stata asetticamente motivata col generale riferimento al quadro normativo asseritamente applicato, al “significativo scostamento del valori medi” e ai generici quanto indimostrati (se non col ricorso a presunti “fatti notori o massime di esperienza”) “interventi di riqualificazione della viabilità interna e di arredo urbano nel centro storico”, nonchè a “numerosi interventi da parte dei privati per la ristrutturazione degli edifici”, col dichiarato proposito di “porre rimedio alle incongruità e/o disomogeneità dei classamenti esistenti nelle citate microzone. Tutto ciò senza peraltro, indicare se e in che misura tali interventi avessero inciso sull’incremento di redditività del singolo immobile, specie laddove il detto immobile e/o il fabbricato che lo conteneva o entrambi, fossero rimasti insuscettibili di interventi manutentivi o di ristrutturazione e si trovassero o in totale stato di fatiscenza e abbandono, come – non di rado – accadeva proprio nei centri storici di molte città. L’attività di classamento, invero, quand’anche fondata sull’accertato presupposto dello scostamento significativo tra i valori di mercato effettivi e quelli catastalmente assegnati, rimaneva pur sempre una procedura individuale/soggettiva, che andava effettuata in considerazione combinata dei fattori posizionali ed edilizio pertinenti a ciascuna unità immobiliare – unico criterio legislativamente predeterminato – che consentiva di identificare il “parametro globale di apprezzamento dell’unità immobiliare medesima”.

La mera indicazione, nella parte motiva del provvedimento, dell’accertata evoluzione del contesto urbano e socio economico della microzona alla quale la procedura di revisione parziale si riferiva, non era sufficiente e non poteva costituire motivazione idonea, giacchè, mancando l’analitica esplicitazione degli elementi concreti su cui detto giudizio si fondava, non dava conto di come la semplice evoluzione del fattore posizionale fosse stata ritenuta utile ai fini dell’attribuzione a ciascuna singola unità immobiliare di un nuovo apprezzamento globale del livello reddituale.

Avverso la su indicata sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle Entrate che deduceva:

1. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39 per omessa sospensione del processo per la sussistenza di una causa di pregiudizialità tra il giudizio pendente avanti al Consiglio di Stato e i giudizi di cui si tratta, allora pendenti presso la CTR della Puglia sezione staccata di Lecce.

2. Violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1 comma 335, norma di carattere speciale che, con una procedura massiva di revisione parziale dei classamenti delle unità immobiliari urbane, tendeva a rendere uniforme il mancato aggiornamento delle rendite catastali. Non si trattava di una revisione puntuale del classamento, ma di un aggiornamento delle rendite catastali in microzone anomale.

La contribuente intimata non si costituiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo, la ricorrente Agenzia esponeva che le delibere della Giunta Comunale di Lecce (relative alla revisione del classamento delle unità immobiliari ricadenti nelle microzone 1 e 2 del Comune di Lecce -ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335-, nonchè gli atti di suddivisione del territorio del Comune di Lecce in microzone catastali, ai sensi del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 2) erano state impugnate davanti al Giudice

Amministrativo da parte di un contribuente e da alcune associazioni di categoria per la difesa dei diritti dei consumatori.

Il TAR Puglia, sezione Lecce, aveva accolto il ricorso con sentenza 11.7.2013 n. 1621 ed, in sede di gravame, il C.d.S. aveva ritenuto dovesse essere devoluta al Giudice Tributario (sent. 16.4.2014 n. 1903 sez. 4).

La S.C. a Sezioni Unite, a seguito di ricorso delle parti private, con sentenza 18.4.2016 n. 7665, accolto il ricorso e cassata la sentenza impugnata, aveva dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo e le parti private, con atto 11.7.2016, avevano riassunto il giudizio innanzi al Consiglio di Stato.

In ragione di ciò l’Agenzia delle Entrate di Lecce aveva proposto istanza di sospensione innanzi al Giudice Tributario ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, istanza respinta dalla CTR, in ragione della priorità logica della decisione su altro profilo di legittimità dell’avviso, la cui legittimità non dipendeva dall’esito del giudizio pendente innanzi al Consiglio di Stato.

Ribadiva, pertanto, il rilievo della già dedotta pregiudizialità e chiedeva la sospensione del giudizio.

Il motivo non è fondato.

Fermo l’insegnamento delle S.U. di questa Corte (18.4.2016 n. 7665) in relazione all’autonomia della giurisdizione tributaria rispetto a quella amministrativa, si rileva come “la giurisdizione tributaria ha per oggetto sia l’an che il quantum della pretesa tributaria e comprende anche l’individuazione del soggetto tenuto al versamento dell’imposta o dei limiti nei quali esso, per la sua qualità, sia obbligato, ma non ricorre allorquando non è in discussione l’obbligazione tributaria e neppure il potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione, proprio del rapporto tributario; non tutte le controversie nelle quali abbia incidenza una norma fiscale si trasformano in controversie tributarie devolute alle relative commissioni (Cass., sez. un., n. 7256 del 2013).”

Non vi è dubbio, quindi in relazione al caso esaminato (non introdotto dalla parte privata dell’odierno giudizio innanzi al Consiglio di Stato), che non sussista alcuna ragione di sospensione del procedimento avendo i due giudizi diversa finalità ed, in particolare, con riferimento a quello tributario, in quanto “resta fuori dal perimetro della giurisdizione amministrativa solo il segmento del ricorso introduttivo riguardante la contestuale impugnazione dell’avviso di accertamento catastale per revisione del classamento e della rendita che è devoluta alle commissioni tributarie quale cognizione riguardo alla mera operazione catastale individuale.”

Fatte queste premesse si ribadisce che, in questa sede, occorre esaminare il profilo di legittimità dell’avviso di accertamento la cui decisione non dipende dal giudizio pendente innanzi al Consiglio di Stato. Decisione di cui, peraltro, dagli atti di causa non è dato di conoscere nè l’andamento processuale, nè l’esito finale

Anche il secondo motivo è infondato.

L’Agenzia ha sostenuto che, nel caso in esame, si è in presenza di una norma di carattere speciale che, con procedura massiva di revisione parziale dei classamenti delle unità immobiliari urbane, tendeva a rendere uniforme il mancato aggiornamento delle rendite catastali, attenuando sperequazioni fiscali all’interno di uno stesso Comune, sperequazioni determinate dal diverso apprezzamento del mercato immobiliare, con il trascorrere del tempo, nelle singole microzone. La normativa, quindi, rappresentava lo strumento da utilizzare da parte dei Comuni per la REVISIONE MASSIVA dei classamenti degli immobili di proprietà: pertanto l’Agenzia, VERIFICATA LA SPEREQUAZIONE (tramite l’analisi del rapporto tra i valori catastali/valori di mercato oltre una certa soglia), attivi la revisione del classamento SU INPUT DEL COMUNE. Contrariamente a tale principio, i Giudici di merito avevano inteso che “l’attività di classamento, invero, quand’anche fondata sull’accertato presupposto dello scostamento significativo tra i valori di mercato effettivi e

quelli catastalmente assegnati, rimaneva pur sempre una procedura

individuale/soggettiva, che andava effettuata in considerazione combinata dei fattori posizionali ed edilizio pertinenti a ciascuna unità immobiliare.

Anche nel disegno di legge ed in attesa – secondo l’Agenzia-dell’auspicata revisione del sistema estimale, sussistevano due situazioni differenti: UNA REVISIONE GENERALIZZATA ed una revisione puntale. Nel caso in esame si trattava di revisione generalizzata. Richiamava, in tal senso, la pronuncia della Corte di Cassazione n. 21176/2016.

Le argomentazioni dell’Ufficio non possono trovare accoglimento.

La questione di cui oggi si discute concerne il tema della motivazione del classamento. Come già ritenuto da questa Corte, con plurime ed ormai costanti pronunce, l’atto tributario del classamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria consiste nel collocare ogni singola unità in una data categoria e in una data classe, in base alle quali attribuire la rendita (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, e D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8); categoria e classe costituiscono quindi i due distinti segmenti dell’unitaria operazione del classamento.

Nel caso in esame, l’Amministrazione ha proceduto d’ufficio al mutamento di classamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui gli immobili sono situati, giustificata dal significativo scostamento del rapporto

tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali. In queste ipotesi la ragione giustificativa del mutamento di rendita non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339, ed elaborate con la determinazione direttoriale del 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005), cui sono allegate le linee guida definite con il concorso delle autonomie locali.

Sul punto si rileva come la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 249 dell’1 dicembre 2017, abbia ritenuto non irragionevole la scelta fatta dal legislatore di consentire una revisione del classamento per microzone, in quanto basata sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene, tanto che il fattore posizionale già costituisce una delle voci prese in considerazione dal sistema catastale in generale. La modifica del valore degli immobili presenti in una determinata microzona ha una indubbia ricaduta sulla rendita catastale ed il conseguente adeguamento, in presenza di un’accresciuta capacità contributiva, mira ad eliminare una sperequazione a livello impositivo.

La Corte Costituzionale, con la pronuncia indicata, ha fra l’altro affermato che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ed ha, significativamente e chiaramente, ribadito la necessità di una provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione.

Riconosciuta la legittimità dello strumento in generale, se ne impone tuttavia un corretto utilizzo, che a giudizio di questa Corte non può prescindere da un adeguata valutazione, caso per caso, del singolo immobile, oggetto di riclassificazione. Poichè non è sufficiente il rispetto dei criteri generali previsti dalla norma, ma si richiede che l’attribuzione della nuova rendita venga contestualizzata in riferimento alle singole unità immobiliari, anche gli oneri motivazionali devono adeguarsi ad esigenze di concretezza e di analiticità, senza che possa ritenersi sufficiente una motivazione standardizzata, applicata indistintamente, che si limiti a richiamare i presupposti normativi in modo assertivo.

In tal senso non può trovare accoglimento la tesi del ricorrente tendente a legittimare un procedimento di revisione generalizzato e massivo in quanto “non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento ai suddetti parametri di legge ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, esigendosi che detto obbligo motivazionale sia assolto in maniera rigorosa in modo che il contribuente sia posto in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento, avente carattere “diffuso” (Vedi Cass. n. 3156 del 2015; n. 22900 del 2017; n. 16378, n. 23129, n. 28035 e n. 28076 del 2018; n. 9770 del 2019), ed ancora che ” In tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione parziale dei parametri catastali della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, il provvedimento di riclassamento, dovendo porre il contribuente in grado di conoscere le concrete ragioni che lo giustificano – come evidenziato anche dalla sentenza della Corte Cost. n. 249 del 2017 – deve indicare i motivi per i quali i valori considerati abbiano determinato il suddetto scostamento, facendo riferimento agli atti da cui ha tratto impulso l’accertamento, costituiti dalla richiesta del Comune e dalla determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio, nonchè ai dati essenziali del procedimento estimativo delineati da tali fonti normative integrative che abbiano inciso sul classamento. ” (vedi Cass. n. 31829 del 2018 e da ultimo Cass.19989/19; 19990/20; 22671/2019 tutte assunte nell’udienza del 7.5.2019).

In tal senso si rileva come i giudici della CTR di Puglia abbiano correttamente motivato rilevando come l’attribuzione della classe superiore e della relativa rendita catastale, fosse stata asetticamente motivata senza peraltro, indicare se e in che misura tali interventi avessero inciso sull’incremento di redditività del singolo immobile, specie laddove il detto immobile e/o il fabbricato che lo conteneva o entrambi, fossero rimasti insuscettibili di interventi manutentivi o di ristrutturazione e si trovassero o in totale stato di fatiscenza e abbandono, come – non di rado – accadeva proprio nei centri storici di molte città. L’attività di classamento, invero, quand’anche fondata sull’accertato presupposto dello scostamento significativo tra i valori di mercato effettivi e quelli catastalmente assegnati, rimaneva pur sempre una procedura individuale/soggettiva, che andava effettuata in considerazione combinata dei fattori posizionali ed edilizio pertinenti a ciascuna unità immobiliare – unico criterio legislativamente predeterminato – che consentiva di identificare il “parametro globale di apprezzamento dell’unità immobiliare medesima”.

In applicazione dei suindicati principi, a cui questa Corte intende conformarsi, non può ritenersi sufficientemente motivato il provvedimento assunto dall’Ufficio, che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto di scostamento senza esplicitare gli elementi che in concreto lo hanno determinato, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8 (qualità urbana ed ambientale della microzona nonchè caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende) e ciò al duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto. (Vedi Cass. n. 25766 del 2018; n. 23789 del 2018; n. 17413 del 2018; n. 17412 del 2018; n. 8741 del 2018; n. 4903 e n. 10403 del 2019).

Su tale punto va dunque disatteso il precedente, rimasto isolato (Cass. n. 21176 del 2016), invocato dall’Ufficio secondo cui la revisione del classamento della L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335, non deve ritenersi condizionata alle specifiche tecniche dell’unità immobiliare, bensì esclusivamente ai parametri relativi alla microzona di appartenenza, salva la possibilità di prova contraria.

Il ricorso va pertanto respinto. Nulla sulle spese.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

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