Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29542 del 16/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 16/11/2018, (ud. 20/06/2018, dep. 16/11/2018), n.29542

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M. G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22367-2011 proposto da:

MIRA di P.M. & c. s.n.c. e da P.M., in proprio

rappresentati e difesi entrambi giusta delega in atti dall’avv.

Domenico Boniello con domicilio eletto in Roma presso l’avv. 73;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 214/08/10 depositata il 21/06/2010, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

20/6/2018 dal consigliere Roberto Succio.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale del Lazio sez. staccata di Latina ha rigettato l’appello dei contribuenti;

– in dettaglio, la CTR ha ritenuto legittimo l’avviso di rettifica per IVA 1996 richiamando in sostanza le argomentazioni e ragioni della sentenza di primo grado che a sua volta richiama il PVC della GdF redatto nei confronti del contribuente;

– avverso la sentenza di seconde cure propongono ricorso per cassazione la società contribuente e – in proprio – il suo legale rappresentante, con cinque motivi. L’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e si denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, stante l’assenza di motivazione della sentenza della CTR; il motivo è fondato;

– questa Corte è costante nel ritenere che nell’ipotesi in cui la sentenza impugnata sia motivata mediante rinvio alla sentenza di primo grado, il vizio sussiste solo se, con il rinvio, sia stato omesso l’esame di elementi di segno contrario alla prima decisione, potenzialmente idonei a condurre ad una diversa decisione, e non anche per effetto della sola tecnica del rinvio, essendo la sentenza di primo grado richiamata dal secondo giudice divenuta parte integrante della propria decisione;

– nel caso di specie, (come già ritenuto in Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19956 del 10/08/2017) sussiste effettivamente il vizio di nullità della sentenza per omessa motivazione poichè essa risulta del tutto priva dell’esposizione dei motivi in diritto sui quali è basata la decisione; la motivazione della sentenza pronunciata dalla commissione tributaria regionale si è limitata a rinviare genericamente a quanto accertato dai giudici di primo grado e non ha dato minimamente conto, sia pur con richiamo formale a quella pronuncia, delle ragioni secondo le quali ha ritenuto il gravame e le produzioni svolte in secondo grado non aver prodotto effetto demolitorio della sentenza gravata;

– il secondo motivo di ricorso rileva la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR omesso di fornire alcuna motivazione della propria decisione, a fronte dei motivi di gravame; esso è assorbito, divenendo irrilevante ai fini del decidere, dall’accoglimento del primo motivo;

– il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33 e art. 324 c.p.c., in connessione con l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, oltre che per omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere il secondo giudice da un lato pronunciato sull’eccezione relativa alla violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, dall’altro per non aver tenuto conto del giudicato esterno formatosi in altri giudizi tra le medesime parti, tutti derivanti dai medesimi PVC le cui risultanze, stante il vizio di cui si è appena detto, sono illegittime; il motivo è infondato;

– sul punto, questa Corte ritiene di dover dare continuità al proprio orientamento in forza del quale in materia di IVA (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8855 del 04/05/2016), le controversie in materia di IVA sono soggette a norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall’art. 2909 c.c., e dalla sua eventuale proiezione oltre il periodo di imposta, che ne costituisce specifico oggetto, atteso che, secondo quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia, 3 settembre 2009, in causa C-2/08, la certezza del diritto non può tradursi in una violazione dell’effettività del diritto euro-unitario;

– in materia di IVA, quindi, l’applicazione delle disposizioni interne, incluse quelle di natura procedimentale e processuale, indipendentemente dalla natura di locale costituente o meno privata abitazione del contribuente, che è questione che può restare in disparte (anche se dal PVC trascritto in controricorso si evince invero che il locale, di proprietà del contribuente e della di lui moglie, era stato concesso in comodato alla società contribuente, che quindi quale impresa ne aveva la disponibilità, in forza di contratto regolarmente registrato), non può tradursi ex se in una compressione delle regole e dei principi del diritto dell’Unione;

– l’applicazione della norma di cui all’art. 2909 c.c. consentirebbe, diversamente, come affermato da dalla Corte di Giustizia nella sentenza sopra richiamata che ove l’interpretazione contenuta nelle decisioni passate in cosa giudicata fosse in contrasto con il diritto euro-unitario, “la non corretta applicazione di tali regole si riprodurrebbe per ciascun nuovo esercizio fiscale, senza che sia possibile correggere tale erronea interpretazione”. Conclude quindi il giudice eurounitario nel senso che “ostacoli di tale portata all’applicazione effettiva delle norme comunitarie in materia di IVA non possono essere ragionevolmente giustificati dal principio della certezza del diritto e devono essere dunque considerati in contrasto con il principio di effettività”. Il diritto euro-unitario osta quindi all’applicazione di una norma come l’art. 2909 c.c., in una causa in materia di IVA concernente un’annualità fiscale per la quale non si è ancora avuta una decisione giurisdizionale definitiva, in quanto ciò potrebbe determinare una violazione del principio di effettività del diritto euro-unitario;

– In applicazione del dictum della Corte di giustizia, questa Corte ha precisato (Cort. Cass. 19 maggio 2010, n. 12249) come non risultino quindi di per sè vincolanti i giudicati relativi a diversi anni d’imposta;

– il quarto motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e per omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR erroneamente ritenuto sussistenti i presupposti per l’accertamento induttivo; il motivo, alla luce della decisione sul primo motivo, esso risulta assorbito in quanto irrilevante ai fini del decidere;

– il quinto motivo è incentrato sulla violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e sulla omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; l’avviso di accertamento impugnato, deduce il contribuente, si fonderebbe su errori di calcolo e di valutazione; il motivo è pure esso assorbito.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il terzo motivo, dichiara assorbiti gli altri motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione, che provvederà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2018

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