Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29541 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 24/12/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 24/12/2020), n.29541

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20998-2016 proposto da:

PA.FL., G.C., PA.FE., P.G.,

P.B., G.L., P.M.,

P.F., A.G., S.L., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato BENITO

PANARITI, rappresentati e difesi dall’avvocato ROBERTO BATTAGLINI;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI BASSANO DEL GRAPPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

F DENZA 15, presso lo studio dell’avvocato NICOLA PAGNOTTA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANIA MARTIN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 223/2016 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA,

depositata il 12/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO;

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con due separati ricorsi proposti dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza, A.G., S.L., eredi S.B., nelle persone di G.L. e G.C., eredi A.L. nelle persone di P.F., per la quota ciascuno di 8,33% dell’originaria di 1/3 intestata ad Az.Li.Pi., Pa.Fe. e Pa.Fl., per la quota individuale di 8,33 dell’originaria quota di 1/3 intestata a Pa.On. impugnavano gli avvisi di accertamento relativi ad ICI, per gli anni di imposta 2007, 2008, 2009, 2010, 2011 notificati dal Comune di Bassano del Grappa.

Gli atti impositivi erano stati emessi con riferimento ad unità immobiliari ancora intestate ai capostipiti Pa.On., Az.Li. e M.B., i quali avevano stipulato una scrittura privata “preliminare di compravendita”, datato (OMISSIS), con cui convenivano di trasferire “tutta la proprietà sita in Comune di (OMISSIS) già proprietà F.A., pervenuta agli attuali intestatari tramite asta giudiziaria dell’aprile 1974.

I contribuenti lamentavano: la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, in relazione alle contestata qualifica di proprietari/eredi operata dal Comune di Bassano del Grappa pur non risultando i medesimi intestatari degli stessi nei pubblici registri immobiliari; l’errata quantificazione dell’imposta in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, e all’art. 38 Reg. comunale entrate sul valore dei beni immobili oggetto degli avvisi di accertamento impugnati; errata applicazione delle sanzioni nei confronti di A.G., S.L., Pa.Fe. e Pa.Fl., risultando pacifica la buona fede dei ricorrenti.

La Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza n. 29/4/14, rigettava i ricorsi. I contribuenti proponevano appello, che veniva respinto dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con sentenza n. 223/6/2016.

I giudici di appello ritenevano che il c.d. “preliminare di compravendita” risalente alla data (OMISSIS) rappresentava una semplice scrittura privata non opponibile ai terzi e che non provava la proprietà di C.R., in quanto priva di data certa e non trascritta. Pertanto, correttamente il Comune aveva notificato gli avvisi di accertamento ai soggetti qualificati coeredi e/o possessori dei beni sul presupposto che gli stessi risultavano cointestati nei pubblici registri agli originari proprietari per la quota indivisa di 1/3 ciascuno. Nella fattispecie, inoltre, la proprietà non potevi ritenersi acquisita per usucapione, in quanto l’usucapione richiedeva una pronuncia giudiziale. Inoltre, con riferimento alla riduzione dell’ICI al 50% per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili, l’adita Commissione confermava l’inapplicabilità dell’agevolazione in quanto non risultava prodotta alcuna richiesta in tal senso, correlata da perizia o da dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà. Infine, gli accertamenti effettuati dall’ARPAV, e recepiti dal Comune di Bassano del Grappa con l’ordine di ripristino intimato al soggetto che si atteggiava possessore, non potevano far assumere a C.R. la qualifica di proprietario. Da ultimo, con riferimento alle sanzioni, il Collegio riteneva che l’Ufficio aveva provveduto legittimamente, alla irrogazione in ragione dell’omessa presentazione della dichiarazione in relazione all’imposta dovuta.

A.G., S.L., Eredi S.B., G.L., G.C., Eredi A.L., P.G., P.B., P.M., P.F., Pa.Fe., Pa.Fl., propongono ricorso per cassazione, svolgendo quattro motivi, illustrati con memorie. Il Comune di Bassano del Grappa si è costituito con controricorso, illustrato con memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, atteso che dai documenti prodotti durante le fasi di merito risulterebbe pacifico che la proprietà dei beni immobili oggetto degli avvisi di accertamento ICI impugnati è di C.R., avendola quest’ultimo acquisita, nei confronti dei soli venditori e successivi loro aventi causa, in forza della scrittura privata stipulata in data (OMISSIS) e prodotta nel giudizio di appello e, comunque, con efficacia erga omnes, per usucapione in forza di possesso ultra-ventennale, pacifico, pubblico, continuato e non interrotto, come anche accertato dalle indagini svolte dall’Arpav e dal Comune. Il predetto atto di trasferimento dei diritti reali immobiliari attesterebbe, infatti, il trasferimento tra le parti contraenti della proprietà anche se nella sua intitolazione è impropriamente individuato come “Preliminare di vendita” risultando, invece, un atto definitivo di trasferimento della proprietà, ancorchè non successivamente trascritto nei Pubblici Registri Immobiliari, essendo sprovvisto della forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata richiesta ai soli fini pubblicitari. Secondo i ricorrenti, privo di fondamento sarebbe quanto statuito dalla sentenza impugnata nella parte in cui, al punto 8.3., terzo capoverso, afferma che la proprietà dei beni già di titolarità dei tre capostipiti ” è stata ereditata dalla seconda generazione della famiglia e, in quote, anche dalla terza generazione”, in quanto, quantunque non risulti alcun atto di formale rinuncia all’eredità di cui trattasi, è pur vero che non risulta in alcun modo provato l’acquisto (espresso o tacito) delle eredità medesime, non potendosi confondere la qualità di mero chiamato ex lege all’eredità con quella di erede.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa indicazione delle ragioni di diritto della decisione, in quanto i giudici di appello, in ordine al valore del “preliminare improprio” e con riferimento alla negazione di acquisto della proprietà dell’immobile in capo a C.R. ex art. 1158 c.c., non fornirebbero alcun supporto normativo, sicchè la motivazione della sentenza apparirebbe inadeguata e viziata da incongruenze logiche ed errori giuridici.

2.1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso vanno trattati congiuntamente per connessione logica ed in quanto inerenti alla medesima questione.

La Commissione Tributaria Regionale, con accertamento in fatto, insindacabile in sede di legittimità in quanto congruamente motivato e privo di vizi logici, ha escluso il trasferimento della proprietà del bene a Cavalli Remigio, ravvisando “la totale assenza di un contratto registrato nei pubblici registri, dall’assenza di un atto di rinuncia all’eredità da parte di qualsiasi erede e comunque l’assenza di qualsiasi atto necessario a giustificare il trasferimento a terzi della proprietà, e ciò avvalorato anche dal convincimento del Giudice di primo grado. Il c.d. “preliminare di compravendita” rappresenta una semplice scrittura privata che non è opponibile a terzi e che non fa prova nei confronti di terzi in relazione al suo contenuto cioè l’esistenza della proprietà in capo a C.”.

Ne consegue che non ricorre il denunciato vizio di omessa pronuncia, atteso che il giudice di appello ha adeguatamente e correttamente motivato il proprio convincimento, atteso che le parti non hanno prodotto alcuna sentenza di accertamento della eccepita usucapione, e il contratto preliminare, nella specie costituito da una scrittura privata non registrata, non è idoneo a trasferire la proprietà del bere. A tale riguardo, appare corretta la valutazione operata dal giudice del merito in quanto questa Corte, in più occasioni, ha chiarito che: “Il contratto preliminare e il contratto definitivo di compravendita si differenziano per il diverso contenuto della volontà dei contraenti, che è diretta, nel primo caso ad impegnare le parti a prestare, in un momento successivo, il loro consenso al trasferimento della proprietà e, nel secondo,. ad attuare il trasferimento stesso, contestualmente o a decorrere da un momento successivo alla conclusione del contratto, senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà. La qualificazione del contratto come preliminare o definitivo costituisce, pertanto, un accertamento in fatto, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione adeguata e non inficiata da vizi logici o giuridici ” (Cass. n. 21650 del 2019).

Con memoria inviata a mezzo p.e.c. in data (OMISSIS), i ricorrenti hanno riferito che in epoca successiva alle rispettive costituzioni delle parti nei presente giudizio, sono state pubblicate tre sentenze, rispettivamente del Tribunale civile di Vicenza, del Tar Veneto e del Tribunale penale di Vicenza, che attesterebbero che i ricorrenti non hanno mai avuto il possesso dei beni immobili oggetto della pretesa tributaria, e che ancor meno non sono divenuti proprietari, nelle rispettive qualità di eredi loro attribuite al comune, degli immobili compravendita con la scrittura privata datata (OMISSIS).

Il Collegio rileva che le predette pronunce, intervenute nel corso del presente giudizio, non sono idonee a provare che i beni oggetto di imposizione siano di proprietà di C.R., come, invece, sostengono i contribuenti.

La sentenza n. 1078 del 2019 del Tribunale di Vicenza, sezione penale, e la sentenza del TAR Lazio del 27 giugno 2019, escludono la titolarità del bene in capo alle ricorrenti sulla base della sentenza del Tribunale civile n. 1730 del 2018, che accerta e dichiara che C.R., con la scrittura privata ha acquistato in data (OMISSIS) la quota pari ad 1/3 del complesso immobiliare denominato “(OMISSIS)”.

La Corte rileva che le predette pronunce non possono essere valutate ai fini della prova della titolarità del bene, ciò in quanto non sussiste l’automatica vincolatività nell’ambito del giudizio tributario dell’accertamento dei fatti materiali che hanno costituito l’oggetto di un’istruzione probatoria conclusasi con una sentenza penale irrevocabile (v. Cass. n. 5546 del 2019) o con una sentenza amministrativa.

Invero, per quanto in questa sede rileva, la parte era tenuta a produrre l’attestazione del passaggio in giudicato della sentenza n. 1730 del 2018 del Tribunale Civile di Vicenza, perchè potesse essere valutata nel presente giudizio come insidacabile accertamento in fatto.

Questa Corte, in più occasioni, ha precisato che: “Affinchè il giudicato esterno – per quanto rilevabile d’ufficio – possa fare stato in accoglimento della relativa eccezione, la certezza della sua formazione deve essere provata attraverso la produzione della sentenza, completa della motivazione, posta a fondamento dell’eccezione, e recante il relativo attestato di cancelleria di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c.” non potendone risultare la portata dal solo dispositivo” (Cass. n, 28515 del 2017; Cass. n. 27881 del 2008). In tal caso la regola iuris fissata con efficacia di giudicato, involgendo un punto fondamentale della vicenda, nella specie relativo all’accertamento della proprietà del bene al fine della debenza dell’imposta, avrebbe a tale fine rappresentato la premessa logica indispensabile in questo giudizio. Ciò in ragione della necessità di prova della definitività della decisione, attestante un quadro fattuale da considerarsi incontestabilmente chiuso.

Pertanto, il giudice di legittimità, in ossequio al principio dispositivo ex art. 115 c.p.c., è tenuto a valutare il quadro probatorio complessivo emerso nella propria sede processuale in completa autonomia e secondo il suo prudente apprezzamento, senza poter recepire acriticamente e pedissequamente quanto è emerso nel corso di altri giudizi, soprattutto quando le statuizioni relative al giudizio civile, a cui le altre pronunce (penale ed amministrativa) si sono basate, non costituiscono autorità di cosa giudicata (v. Cass. n. 630 del 2004).

3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, e dell’art. 38 Regolamento comunale delle entrate tributarie. I ricorrenti precisano che, in via subordinata e, nella contestata e denegata ipotesi in cui siano obbligati al pagamento del tributo preteso dal Comune, sarebbe comunque errata la sua quantificazione, tenuto conto dell’inagibilità e/o dell’inabitabilità dell’immobile, che riduce il valore del bene e la relativa imposta ICI. L’inagibilità e/o l’inabilità sarebbe una situazione di fatto pacifica e già accertata dal Comune con i sopralluoghi eseguiti dai suoi tecnici e Galla locale Arpav. Il verbale di sopralluogo eseguito dall’Arpav descriverebbe bene il degrado che ha reso da molto tempo l’immobile non commerciale, agibile e/o abitabile e, quindi, privo di un valore venale. I contribuenti deducono che l’accertamento operato d’Ufficio dall’Arpav e dagli uffici del comune in ordine all’inagibilità dell’immobile esonererebbe il contribuente dal presentare domanda di agevolazione o perizia asseverata.

3.1. La doglianza è infondata.

Questa Corte ha chiarito che: “In tema di ICI, costituisce presupposto indispensabile per la riduzione dell’imposta D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 8, comma 1, la condizione di inagibilità e inabitabilità in cui versi l’immobile, da intendersi come obiettiva inidoneità alla sua utilizzazione a causa dell’obsolescenza o cattiva manutenzione dello stesso o della presenza di carenze intrinseche”(Cass. n. 29966 del 2019).

Ai sensi dell’art. 8, comma 1, cit. l’inagibilità o inabitabilità deve essere accertata dall’Ufficio tecnico Comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione, oppure in alternativa il contribuente ha facoltà di presentare dichiarazione sostitutiva ai sensi della L. n. 15 del 1968.

Ciò premesso, nella fattispecie la Commissione Tributaria Regionale, con accertamento in fatto- insindacabile in sede di legittimità in quanto privo di vizi logici e giuridici – ha verificato che i contribuenti non hanno mai presentato denuncia di inagibilità, nè hanno allegato alcuna richiesta in tale senso, corredata da perizia o da dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà.

Nè può essere accolta la tesi difensiva proposta dai ricorrenti secondo cui il rapporto Arpav sarebbe idoneo a provare che il Comune era a conoscenza de la situazione di inagibilità dell’immobile, atteso che l’Arpav è l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale, organo distinto dall’ente comunale e non obbligato a riferire all’ente gli esiti degli accertamenti e dei sopralluoghi eseguiti nell’ambito delle specifiche competenze.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione della L. 212 del 2000, art. 10 – tutela dell’affidamento e buona fede atteso che gli atti notificati ai soli A.G., S.L., Pa.Fe. e Pa.Fl. contengono anche le sanzioni sulle quali la Commissione Tributaria Provinciale non si sarebbe pronunciata, limitandosi ad affermazioni apodittiche, in violazione della L. n. 212 del 2002, art. 10, atteso che nessuna sanzione potrebbe essere irrogata quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme tributarie, circostanza riscontrabile nella fattispecie, posto che i ricorrenti erano in buona fede e non erano a conoscenza della proprietà dell’immobile per essere dal 1976 nel possesso in via esclusiva di C.R..

4.1. Il motivo va rigettato. L’indirizzo condiviso di questa Corte ha precisato che: “In tema di sanzioni per violazioni delle norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva tributaria è caratterizzata dall’impossibilità di individuare in modo univoco, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile (Cass. n. 10313 del 2C19), riferita, non già ad un generico contribuente, ma a quei contribuenti che, per la loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata e neppure all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (Cass. n. 3108 del 2019).

Ne consegue che l’incertezza normativa oggettiva deve essere riferita alla norma nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, e non alla assunta buona fede del contribuente relativa alla convinzione di non essere proprietario di un immobile.

5. In definitiva, il ricorso va rigettato. La parte soccombente va condannata al pagamento delle spese di lite, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i soccombenti al rimborso delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 5.200,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello pagato per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

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