Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2954 del 08/02/2021

Cassazione civile sez. I, 08/02/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 08/02/2021), n.2954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8090/2019 r.g. proposto da:

A.M., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato Ennio

Cerio, presso il cui studio elettivamente domicilia in Campobasso,

alla via Mazzini n. 112;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI CAMPOBASSO depositato in data

07/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 09/12/2020 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.M., nativo del (OMISSIS), ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, avverso il decreto del Tribunale di Campobasso del 7 febbraio 2019, reso nel procedimento n. 2943/2017, reiettivo della sua domanda volta ad ottenere una delle forme di protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) o il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il Ministero dell’Interno è rimasto solo intimato.

1.1. Quel tribunale ritenne (cfr. pag. 2 del menzionato decreto): i) in relazione alla invocata protezione umanitaria, che la L. n. 132 del 2018, vigente al momento della decisione, l’aveva limitata a casi tassativi e specifici, nessuno dei quali era stato fatto valere dal ricorrente “…che ha presentato, in udienza, una documentazione relativa ad un contratto a tempo determinato del 2018 in Italia che nemmeno in precedenza gli avrebbe garantito la concessione della predetta (protezione) non costituendo una situazione di vulnerabilità”; ii) circa la richiesta protezione sussidiaria, che non ne sussistevano i presupposti, “…in quanto non risulta poi che il (OMISSIS), nel suo territorio, sia in preda alla guerra civile o a situazioni di conflitto interno ad essa paragonabili, secondo le note sentenze C.G.U.E Elgafaji del 2009 e Diakitè del 2014, mentre la violenza dovuta alle forze terroriste, secondo il più recente report del Ministero degli Esteri (consultato a febbraio 2018) attiene solo ad alcuni territori ((OMISSIS)), mentre altri, come (OMISSIS), sono da essi distanti…..In ogni caso, alla luce del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 1, lett. b-ter, come modificato dalla L. n. 132 del 2018, esistono altre zone del (OMISSIS), come quelle marittime, in cui non si registrano episodi di violenza come quelli descritti nel (OMISSIS) ed in cui il ricorrente potrebbe eventualmente ritornare a stabilirsi”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I formulati motivi denunciano, rispettivamente:

I) “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8”, per avere il tribunale valutato in maniera inadeguata la situazione della regione del (OMISSIS) del (OMISSIS), avvalendosi esclusivamente “di un non meglio identificato più recente report del Ministero degli Esteri (consultato a Febbraio 2018)”, ed escludendo l’esistenza di una condizione di pericolo dovuta a violenza diffusa e non controllata in modo non sufficientemente adeguato;

II) “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 1, lett. b-ter”, per avere il tribunale escluso il riconoscimento della protezione internazionale avvalendosi di un principio – quello desumibile dall’art. 8 della Direttiva 2004/83/CE – recepito nell’ordinamento italiano solo con l’avvenuta modifica del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 1, lett. b-ter, da parte della L. n. 132 del 2018, insuscettibile però, di applicazione retroattiva e, come tale, inutilizzabile per le domande di protezione internazionale, come quella dell’odierno ricorrente, formulate prima della entrata in vigore di detta legge;

III) “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.L. n. 113 del 2018, art. 1 convertito dalla L. n. 132 del 2018, ed al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6”, per avere il tribunale statuito sulla domanda di protezione umanitaria del ricorrente utilizzando, erroneamente, la disciplina di cui al D.L. n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 132 del 2018, insuscettibile di applicazione (retroattiva) per le domande di protezione internazionale, come quella in esame, formulate prima della entrata in vigore di detta legge.

2. Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perchè connesse, si rivelano fondate nei limiti di cui appresso.

2.1. Appare evidente, alla stregua della già riportata motivazione sul punto del decreto impugnato, che il giudice di merito ha negato le forme di protezione, sussidiaria ed umanitaria, invocate dall’ A., assumendo, rispettivamente, che: i) solo alcuni territori del (OMISSIS) sarebbero caratterizzati da una situazione di guerra civile o di conflitto interno ad essa paragonabili, laddove la violenza dovuta alle forze terroriste interesserebbe soltanto alcuni territori ((OMISSIS)), mentre altri ((OMISSIS)) sono da essi distanti. In ogni caso, “esistono altre zone del (OMISSIS), come quelle marittime, in cui non si registrano episodi di violenza come quelli descritti nel (OMISSIS) ed in cui il ricorrente potrebbe eventualmente ritornare a stabilirsi”; nessuna delle specifiche e tassative ipotesi cui la L. n. 132 del 2018, vigente al momento della decisione, aveva limitato la riconoscibilità della preesistente protezione cd. umanitaria era stata fatta valere dall’odierno ricorrente “…che ha presentato, in udienza, una documentazione relativa ad un contratto a tempo determinato del 2018 in Italia che nemmeno in precedenza gli avrebbe garantito la concessione della predetta (protezione) non costituendo una situazione di vulnerabilità”.

2.2. La prima di tali affermazioni, innanzitutto, non chiarisce minimamente se la specifica zona del (OMISSIS) di provenienza dell’ A. (della cui indicazione, peraltro, nemmeno si rinviene un’espressa indicazione nell’intero decreto) rientrasse, o meno, tra i menzionati territori caratterizzati da situazione di guerra civile o di conflitto interno ad essa paragonabili, oppure da violenza dovuta alle forze terroriste. La stessa, inoltre, laddove conclude nel senso l’ A. stesso avrebbe potuto eventualmente ritornare a stabilirsi in altre zone del (OMISSIS), come quelle marittime “in cui non si registrano episodi di violenza come quelli descritti nel (OMISSIS)” (così lasciando ipotizzare che quel giudice avesse ritenuto essere appunto il (OMISSIS) la zona di provenienza del richiedente), oblitera completamente che questa Corte ha già ripetutamente sancito (cfr. Cass. n. 21030 del 2020; Cass. n. 13088 del 2019) che, in tema di protezione internazionale dello straniero, nell’ordinamento italiano la valutazione della “settorialità” della situazione di rischio di danno grave (da effettuare sulla base di fonti riguardanti la tipologia di rischio specificamente dedotto, ove sia stato ritenuto attendibile e circostanziato il racconto del richiedente protezione) deve essere intesa, alla stregua della disciplina di cui al D.Lgs. n. 25 del 2007, nel senso che il riconoscimento del diritto ad ottenere lo status di rifugiato politico, o la misura più gradata della protezione sussidiaria, non può essere escluso in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in altra zona del territorio del Paese d’origine, ove egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi (mentre non vale il contrario, sicchè il richiedente non può accedere alla protezione se proveniente da una regione o area interna del Paese d’origine sicura, per il solo fatto che vi siano nello stesso Paese anche altre regioni o aree invece insicure). Nella specie, peraltro, il decreto impugnato alcunchè specifica circa l’attendibilità, o meno, del racconto del richiedente protezione, di cui nemmeno riporta i fatti narrati, sicchè esso si risolve nell’enunciazione di formule astratte e stereotipate, valevoli per un numero indefinito di casi, che non consentono di verificare la correttezza del ragionamento logico-giuridico posto a base delle relative decisioni (cfr. amplius, Cass. n. 12349 del 2020, in motivazione).

2.2.1. Nè, in contrario, può utilizzarsi la disposizione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 1, lett. b-ter, (secondo cui la domanda di protezione è rigettata “se, in una parte del territorio del Paese di origine, il richiedente non ha fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corre rischi effettivi di subire danni gravi o ha accesso alla protezione contro persecuzioni o danni gravi, può legalmente e senza pericolo recarvisi ed esservi ammesso e si può ragionevolmente supporre che vi si ristabilisca”), trattandosi di norma introdotta solo dal D.L. n. 113 del 2018, art. 10, comma 1, nel testo risultante dalla sua conversione, con modificazioni, di cui alla L. n. 132 del 2018, pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 3.12.2018, n. 281, Serie generale (ricordandosi che – giusta la L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 15, comma 5, – Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri – le modifiche apportate dalla presente legge di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione), da ritenersi inapplicabile, però, ad avviso di questo Collegio, in modo retroattivo, in relazione, cioè, alle domande di riconoscimento di protezione internazionale proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge (e tale è certamente quella dell’ A., se solo si pensa che già il procedimento, innanzi al Tribunale di Campobasso, definito dal decreto oggi impugnato, risulta essere stato iscritto a ruolo nel 2017).

2.2.2. Invero, il diritto alla protezione internazionale (in tutte le sue forme), espressione di quello costituzionale di asilo, sorge al momento dell’ingresso in Italia dei colui che ne fa richiesta e le domande volte ad ottenerne il relativo riconoscimento attraggono il regime normativo applicabile, dovendo, così, scrutinarsi sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione (cfr. Cass., SU, nn. 29459-29461 del 2019, peraltro, – pronunciatesi, come appresso si dirà, con specifico riferimento alla disciplina del menzionato D.L. n. 113 del 2018 afferente quella che, precedentemente, era denominata come protezione cd. umanitaria – hanno individuato nella presentazione della domanda in sede amministrativa il momento cui ricollegare il complesso delle regole applicabili).

2.3. Errato è anche l’avvenuto esame della domanda di protezione umanitaria alla stregua della sopravvenuta disciplina di cui al già citato D.L. n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 132 del 2018. In proposito, infatti, è sufficiente ricordare che, come recentemente statuito dall’appena citata Cass., SU, n. 29459 del 2019, “la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito dalla L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina contemplata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e dalle altre disposizioni consequenziali, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge; tali domande saranno, pertanto, scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione, ma, in tale ipotesi, l’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base delle norme esistenti prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito dalla L. n. 132 del 2018, comporterà il rilascio del permesso di soggiorno per “casi speciali” previsto dall’art. 1, comma 9 suddetto decreto legge”.

2.3.1. Infine, la mera affermazione del giudice di merito secondo cui l’ A. “…ha presentato, in udienza, una documentazione relativa ad un contratto a tempo determinato del 2018 in Italia che nemmeno in precedenza gli avrebbe garantito la concessione della predetta (protezione) non costituendo una situazione di vulnerabilità”, non consente di concludere che, così opinando, si sia inteso negare comunque la protezione in questione anche alla stregua di cui alla disciplina previgente (rispetto a quella di cui al D.L. n. 113 del 2018). Basta, in proposito, rimarcare che, giusta la menzionata Cass., SU, n. 29459 del 2019, “in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza”: valutazione comparativa del tutto inesistente nel decreto oggi impugnato.

3. In definitiva, quindi, il ricorso va accolto ed il decreto impugnato deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame della domanda di protezione internazionale dell’ A., da effettuar alla stregua dei principi tutti finora riportati, e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame della domanda di protezione internazionale dell’ A. e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2021

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