Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29539 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 24/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 24/12/2020), n.29539

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29105-2017 proposto da:

B.V.M.A., elettivamente domiciliato in ROMA

VIALE VENTUNO APRILE, 34, presso lo studio dell’avvocato JUAN CARLOS

GENTILE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 1779/2017 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 14/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2020 dal Consigliere Dott. MARIA ELENA MELE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

B.V.M.A. proponeva ricorso avanti alla Commissione tributaria provinciale di Pisa avverso la cartella di pagamento, notificatagli il (OMISSIS), emessa dall’Agenzia delle entrate in relazione all’avviso di liquidazione dell’imposta di successione notificatogli nel 2005. Costituitosi in giudizio, l’Ufficio eccepiva la decadenza del ricorrente essendogli stato notificato l’anno precedente, il 22 marzo 2015, atto analogo a quello impugnato.

Il contribuente, oltre a contestare nel merito la pretesa, sosteneva di non aver ricevuto quella notifica disconoscendo formalmente la sottoscrizione della cartolina di ritorno, contestando altresì che si sarebbe trattato di semplice “cartolina bianca”, anzichè, come necessario, di “cartolina verde”.

La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso ritenendolo tardivo.

Il contribuente impugnava tale decisione avanti alla Commissione tributaria regionale di Firenze, reiterando il disconoscimento della cartolina di ritorno con formale querela di falso e depositava perizia grafica.

Il giudice di seconde cure rigettava l’impugnazione con sentenza avverso la quale il B.V. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate riscossione sono rimaste intimate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e mancata applicazione degli artt. 221,222,223,224 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, lamentando che, a fronte della proposizione della querela di falso avverso l’avviso di ricevimento della raccomandata con cui era stata notificato l’avviso di liquidazione, e della dichiarata volontà dell’Ufficio di avvalersi di detto documento, la Commissione tributaria regionale avrebbe dovuto sospendere il procedimento, non sussistendo alcuna discrezionalità in proposito, acquisire l’originale della cartolina e seguitare nella procedura.

Con il secondo motivo si denuncia l’omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5. La sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto, ai fini della decisione, della perizia grafologica prodotta dal ricorrente dalla quale risultava che la sottoscrizione apposta sulla cartolina di ritorno non era a lui riferibile e motivando la propria decisione sulla mera ipotesi che essa fosse stata sottoscritta da un familiare.

I motivi possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono infondati.

Preliminarmente si osserva che nella fattispecie in esame la notifica della cartella di pagamento è stata eseguita nelle forme di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento. Ciò risulta chiaramente dal ricorso introduttivo nel quale il contribuente afferma che la cartolina di ritorno consisteva in “una delle usuali “cartoline di ritorno” della posta, bianca, anzichè la nota “cartolina verde” d’obbligo per la notificazione e per gli atti giudiziari”.

L’art. 26 cit., al comma 1, prevede che la notifica della cartella di pagamento “può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal comma 2 o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda”.

In tale ipotesi, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982, integrando una forma “semplificata” di notificazione caratterizzata dalla assenza della relazione di notificazione, la quale si giustifica – come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 175 del 2018 – in relazione alla funzione pubblicistica svolta dall’agente per la riscossione volta ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato (Cass., Sez. 6-5, n. 28872 del 2018, Rv. 651834-01; Sez. 6-5, n. 29022 del 2017, Rv. 646433-01).

In particolare, il D.P.R. n. 655 del 1982, art. 8, prescrive che l’agente postale, il quale consegna il plico con avviso di ricevimento, fa firmare quest’ultimo al destinatario o al consegnatario. In ordine alla consegna del plico, l’operatore postale segue l’ordine previsto dall’art. 39 D.M. comunicazioni 9 aprile 2001 il quale prevede che sono abilitati a ricevere gli invii di posta presso il domicilio del destinatario anche i componenti del nucleo familiare, i conviventi ed i collaboratori familiari dello stesso e, se vi è servizio di portierato, il portiere.

IL D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 3, inoltre, stabilisce che “Quando la notificazione della cartella di pagamento avviene mediante consegna nelle mani proprie del destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, non è richiesta la sottoscrizione dell’originale da parte del consegnatario”.

In sostanza, l’applicazione delle suddette disposizioni comporta che non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e che l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, senza necessità dell’invio della raccomandata al destinatario, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., la quale opera per effetto dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione ed è superabile solo se il destinatario provi di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cass. n. 29642 del 2019; Rv. 655744-01; n. 12083 del 2016, Rv. 640025-01; n. 15315 del 2014, Rv. 631551-01).

La Corte costituzionale, con la richiamata sentenza n. 175 del 2018, ha escluso che tale disciplina determini una violazione del diritto di difesa del contribuente, essendo comunque assicurata la conoscibilità dell’atto dalla avvenuta consegna del plico oltre che allo stesso destinatario, anche alternativamente a chi sia legittimato a riceverlo. D’altra parte, il possibile scarto tra conoscenza legale e conoscenza effettiva può essere riequilibrato legittimando il destinatario a richiedere una rimessione in termini ai sensi dell’art. 153 c.p.c., comma 2 – applicabile anche nel processo tributario – per poter ricorrere avverso la cartella di pagamento.

Nel caso di specie, essendo la notifica della cartella eseguita con le modalità semplificate dell’art. 26 cit., e quindi secondo la disciplina concernente il servizio postale ordinario, essa deve considerarsi ritualmente effettuata essendo stato il plico consegnato all’indirizzo di residenza del destinatario, sicchè è irrilevante la circostanza, sostenuta dal contribuente, di non aver sottoscritto l’avviso di ricevimento della raccomandata con cui gli è stata notificata la cartella di pagamento. Analogamente, non rileva la presentazione della querela di falso finalizzata a contestare l’autografia della sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento della raccomandata, in quanto, ai fini della validità della notifica, è sufficiente che il plico sia consegnato al domicilio del destinatario e che il relativo avviso di ricevimento sia sottoscritto dalla persona rinvenuta dall’ufficiale postale, non essendo necessario che da esso risulti anche la qualità del consegnatario o la sua relazione con il destinatario (Cass., Sez. 5, n. 19795 del 2017) e gravando sul ricorrente l’onere di fornire la prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione.

D’altra parte, la mera presentazione della querela di falso non determina l’automatica sospensione del giudizio tributario. E’ ben vero infatti che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, prescrive che il giudice è tenuto a sospendere il giudizio fino al passaggio in giudicato della decisione in ordine alla querela stessa (o fino a quando non si sia altrimenti definito il relativo giudizio), trattandosi di accertamento pregiudiziale riservato ad altra giurisdizione, e di cui egli non può conoscere neppure incidenter tantum. Tuttavia, in caso di presentazione di detta querela, “il giudice non deve semplicemente prenderne atto e sospendere il giudizio, ma è tenuto a verificare la pertinenza di tale iniziativa processuale in relazione al documento impugnato e la sua rilevanza ai fini della decisione” (Cass., n. 28671 del 2017, Rv. 646429-01). Ed è proprio quanto ha valutato il giudice d’appello, ritenendo che, stante la disciplina della notifica semplificata D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, la decisione in ordine alla querela di falso non fosse dirimente per decidere sull’impugnazione.

Il ricorso deve dunque essere rigettato senza nulla disporre sulle spese non avendo le intimate svolto alcuna attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

 

 

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