Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29532 del 16/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 16/11/2018, (ud. 11/09/2018, dep. 16/11/2018), n.29532

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO A.M. – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13772/2012 R.G. proposto da

Wilier Triestina Spa, rappresentata e difesa dall’Avv. Massimo

Camilli, con domicilio eletto presso l’Avv. Pietro Rinaldi, in Roma

P.le Clodio n. 22, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale

dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 66/26/11, depositata il 10 giugno 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 11 settembre

2018 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Zeno Immacolata, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Udito l’Avv. Massimo Camilli per la contribuente, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avv. dello Stato Anna Collabolletta per l’Agenzia delle

entrate, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle dogane di Varese contestava alla società Wilier Triestina Spa la non corretta dichiarazione della merce importata dalla Repubblica Popolare Cinese con le bollette del 26.11.2007, del 11.12.2007, del 22.01.2008, del 13.2.2008, del 06.03.2008, del 03.04.2008, del 17.05.2008, del 30.6.2008 e del 03.07.2008, costituita da parti di biciclette, per l’assenza della prescritta autorizzazione alla destinazione particolare, e dunque con inapplicabilità dell’esenzione dal dazio antidumping, sicchè procedeva, con avviso di rettifica, a recuperare il cd. dazio esteso, nonchè, con successivo atto di contestazione, ad irrogare le conseguenti sanzioni.

Le impugnazioni proposte dalla contribuente avverso gli avvisi erano rigettate dalla Commissione tributaria provinciale di Varese. La sentenza era confermata dal giudice d’appello.

Wilier Triestina Spa ricorre per cassazione con cinque motivi, cui resiste l’Agenzia delle dogane con controricorso.

La contribuente deposita altresì memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, dello “Statuto” dell’Agenzia delle dogane, di cui al D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 66, deliberato dal Comitato direttivo in data 5 dicembre 2000, e successive modifiche, e del Reg. di amministrazione dell’Agenzia delle dogane, Art. 7, deliberato dal Comitato direttivo in data 5 dicembre 2000, e successive modifiche, di cui al D.Lgs. n. 300 del 1999, artt. 60 e 71, per aver ritenuto la CTR legittimi gli avvisi di rettifica emessi e sottoscritti dal responsabile della Struttura Operativa Territoriale (S.O.T.) di Busto Arsizio.

1.1. Il motivo non è fondato.

Il Reg. di Amministrazione dell’Agenzia delle Dogane, all’art. 7, comma 1, prevede che “le funzioni operative dell’Agenzia sono svolte da Uffici locali di livello dirigenziale istituiti nell’ambito territoriale di ciascuna Direzione regionale su proposta del rispettivo Direttore regionale”.

Il comma 2, poi, dispone che “il numero, la dimensione e la competenza territoriale degli Uffici delle dogane sono determinati tenendo conto della domanda effettiva e potenziale (…) gli Uffici delle dogane possono avere (…) sezioni operative territoriali che svolgono attività presso sedi distaccate”.

Il comma 3, infine, precisa che gli Uffici delle dogane sono strutturati, tra l’altro, nelle aree “di gestione del contenzioso” per il perseguimento degli obbiettivi “b) all’amministrazione dei tributi, assicurando l’accertamento, la riscossione e la gestione del contenzioso per i diritti doganali”.

Con riguardo specificamente alla S.O.T. di Busto Arsizio, la stessa, nella riorganizzazione degli Uffici operata in attuazione del D.Lgs. n. 300 del 1999, è subentrata alla ex Dogana di secondo livello di Busto Arsizio, di cui ha – per effetto della Determinazione del 16 novembre 2006 – espressamente assunto le competenze (“La sezione operativa territoriale di Busto Arsizio assume le competenze della soppressa dogana secondaria di Busto Arsizio”).

Orbene, in assenza di una specifica delimitazione ad attività solo operative e tecniche, se ne deve ricavare – contrariamente a quanto assunto dalla contribuente – che la Struttura in questione ha mantenuto, per espressa disposizione della stessa amministrazione e nei limiti del territorio da essa amministrato, la titolarità dei poteri gestionali e decisionali sia pure in qualità di articolazione amministrativa della Circoscrizione di Varese.

Tale indicazione organizzativa interna – di carattere generale integra, del resto, una evidente ipotesi di delega al dirigente della S.O.T. di Busto Arsizio, senza che rilevi la mancanza del ruolo di dirigente trattandosi di funzionario responsabile (e, quindi, di impiegato della carriera direttiva), sicchè non sussiste la lamentata invalidità.

Nessun rilievo ha poi la nota del 4 luglio 2007 che, anzi, attesta la pienezza dell’interlocuzione interna all’Ufficio e, implicitamente, la regolarità delle successiva emissione degli avvisi ad opera della S.O.T.

2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 e del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5 bis, per la mancata allegazione o notificazione di un atto richiamato negli avvisi di rettifica, ignoto al contribuente.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Ai sensi del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5 bis, “La motivazione dell’atto deve indicare i presupposti di fatto e /e ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale ai fini della difesa”.

Orbene, nella vicenda in esame la CTR ha ritenuto irrilevante la mancata allegazione della citata nota della Direzione generale in quanto “questo collegio non rileva alcuna circostanza che possa far ritenere che, nella fattispecie, si sia leso il diritto di difesa di parte contribuente atteso che risultano riportati negli avvisi per i quali è causa i presupposti di fatto e diritto posti a fondamento delle contestazioni mosse nei confronti del contribuente”.

La CTR, dunque, ha ritenuto, in termini sintetici ma chiari, che la citata nota non assumesse alcun rilievo ai fini del diritto di difesa della contribuente, ratio questa neppure ben colta dalla ricorrente, che non ha neppure censurato l’accertamento in fatto operato dal giudice di appello.

Va ricordato, sul punto, che “l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso va inteso, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3, in relazione alla finalità “integrativa” delle ragioni che sorreggono l’atto impositivo: il contribuente ha diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare la motivazione, ma non anche di tutti quelli cui, comunque, vi sia un riferimento ove la motivazione sia già sufficiente oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (nella parte rilevante ai fini della motivazione) sia già riportato nell’atto noto, spettando ad egli provare che almeno una parte del contenuto di tali atti sia necessaria ad integrarne la motivazione” (Cass. n. 26683 del 18/12/2009; Cass. n. 10118 del 21/04/2017).

Occorre comunque sottolineare che il contenuto essenziale della determinazione direttoriale appare chiaramente evincibile dal testo dell’avviso di rettifica che, puntualmente, rappresenta che la tesi della sufficienza dell’autocertificazione ai fini dell’importazione in esenzione del dazio antidumping non può essere condivisa e che, in tale evenienza, è necessaria una autorizzazione, in mancanza della quale si deve procedere, in dipendenza delle direttive della Direzione Regionale (“nota prot. 2007/9832 del 4/5/2007”), alla revisione dell’accertamento.

Tale nota, dunque, costituisce solamente l’atto, generale, di impulso all’esercizio dei poteri di controllo dell’Agenzia delle dogane e al correlato avvio delle procedure di revisione in presenza dei specifici presupposti di fatto e di diritto di volta in volta individuati, sicchè non appare neppure suscettibile, in quanto tale, di ricadere nell’onere di allegazione di cui al D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5 bis, cit..

3. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del Reg. 88/97/CE, art. 14, per aver la CTR ritenuto la necessità della preventiva autorizzazione in caso di importazioni al di sotto della soglia di 300 pezzi al mese.

3.1. Il motivo è infondato.

La disciplina in questione, infatti, prevede in termini chiari e lineari – come recentemente statuito da questa Corte (v. Cass. n. 14582 del 06/06/2018) – la necessità della preventiva autorizzazione per poter fruire del regime di esenzione dal dazio antidumping; in particolare:

1) il Codice Doganale Comunitario, all’art. 82, prevede che la merce, in caso di importazione in esenzione in ragione dell’utilizzazione “per fini particolari”, resta “soggetta a vigilanza doganale”, sicchè, in forza dell’art. 292 disp. att. Codice Doganale Comunitario, “è necessaria una autorizzazione scritta”;

2) il quarto considerando del Reg. CE n. 88 del 1997 prevede, poi, che “le importazioni di parti essenziali di biciclette sono esonerate dal pagamento del dazio esteso qualora siano ammesse nell’ambito del controllo della destinazione particolare”, mentre il Reg. cit., art. 2, espressamente condiziona l’esenzione “al controllo della destinazione particolare conformemente all’art. 14”;

3) il citato art. 14, infine, espressamente prevede “Le importazioni di parti essenziali di biciclette dichiarate per l’immissione in libera pratica da un soggetto che non sia esentato, a partire dalla data di entrata in vigore del regolamento di riferimento sono esentate dall’applicazione del dazio esteso se sono dichiarate in conformità della struttura Taric di cui all’allegato 3^ e delle condizioni di cui al Reg.(CEE) n. 2913/92, art. 82, e al Reg. (CEE) n. 2454/93, articoli da 291 a 304, che si applicano in quanto compatibili nei casi seguenti:

a) consegna di parti essenziali di biciclette ad una parte esentata a norma degli articoli 7 o 12, b) consegna di parti essenziali di biciclette ad un altro titolare di un’autorizzazione in conformità del Reg. (CEE) n. 2454/93, art. 291, oppure c) dichiarazione, su base mensile, di un quantitativo inferiore alle 300 unità per tipo di parti essenziali di biciclette per l’immissione in libera pratica da una parte o sia ad essa consegnato. Il numero di parti essenziali di biciclette dichiarate da una parte, oppure consegnate ad una parte qualsiasi, viene calcolato con riferimento al numero di parti di biciclette dichiarate o consegnate a tutte le parti associate o legate da accordi di compensazione con detta parte”.

Il termine “oppure”, su cui la ricorrente fonda la propria tesi, non ha alcun valore di alternatività, ma solo che le ipotesi, pur diverse, non sono diversificate ma sono oggetto del medesimo trattamento poichè postulano tutte, ai fini dell’esenzione, l’esistenza delle condizioni e dei requisiti previsti dai regolamenti 2913/92 e 2454/93.

3.2. Tale interpretazione, del resto, ha trovato pieno conforto nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale, con la sentenza 29 luglio 2010, C-371/09, proprio con riguardo al dazio per l’importazione di parti di biciclette, ha affermato la necessità dell’autorizzazione, non surrogabile dal mero riscontro dei presupposti materiali per il suo rilascio (par. 41-42: “l’art. 14 del regolamento di esenzione,… nel concedere l’esenzione dai dazi antidumping di cui trattasi, rinvia esplicitamente alle condizioni di cui agli artt. 291-304 del regolamento di applicazione, con riserva di queste ultime. Tra tali condizioni figura quella relativa al rilascio di un’autorizzazione preventiva ex reg. di applicazione, art. 292, … il legislatore ha esplicitamente e specificamente subordinato il beneficio dell’esenzione al rilascio di una siffatta autorizzazione… la sola circostanza che l’importatore abbia rispettato il limite quantitativo di cui al regolamento di esenzione, art. 14, lett. c), sarebbe sufficiente per concludere che “le altre condizioni per l’applicazione” sono soddisfatte, equivarrebbe a rendere lettera morta l’imposizione della condizione dell’autorizzazione preventiva… detto art. prevede un’esenzione dai dazi antidumping e, pertanto, va interpretato restrittivamente”; v. anche successivamente Corte di Giustizia, sentenza 17 settembre 2014, C-3/13).

3.3. La CTR, dunque, non è incorsa nel lamentato errore di diritto, dovendosi ritenere l’irrilevanza del quantitativo (più o meno di 300 unità) ai fini dell’autorizzazione, che resta sempre necessaria.

3.4. Neppure pertinente è il richiamo all’istituto dell’autorizzazione semplificata.

Il Reg. n. 2454/93/CE, art. 292, commi 3 e 4, invero, stabilisce: “3. In circostanze particolari le autorità doganali possono accettare che la dichiarazione di immissione in libera pratica presentata per iscritto o attraverso un metodo di elaborazione dei dati utilizzando la normale procedura costituisca una richiesta di autorizzazione, purchè:

– la domanda interessi una sola amministrazione doganale;

– il richiedente assegni tutta la merce alla destinazione particolare prevista, e – sia assicurato il corretto svolgimento delle operazioni.

4. Se le informazioni fornite nella domanda sono considerate insufficienti, le autorità doganali possono chiedere ulteriori precisazioni al richiedente.

In particolare, se la richiesta può essere effettuata mediante presentazione della dichiarazione doganale, le autorità doganali richiedono, fatto salvo l’art. 218, che la domanda sia accompagnata da un documento compilato dal dichiarante in cui siano indicate almeno le seguenti informazioni, a meno che esse non siano ritenute superflue o non siano inserite nella dichiarazione doganale:

a) nome e indirizzo del richiedente, del dichiarante e dell’operatore;

b) natura della destinazione particolare;

c) descrizione tecnica delle merci e dei prodotti derivante dalla loro destinazione particolare e i mezzi per identificarli;

d) tasso di rendimento previsto o modalità per la sua determinazione;

e) termine previsto per l’assegnazione delle merci alla loro destinazione particolare;

f) luogo in cui le merci sono assegnate alla destinazione particolare”.

Le norme invocate, dunque, postulano una varietà di condizioni e adempimenti – in alcun modo allegati in carenza di autosufficienza – e prima tra tutte, in evidenza, la richiesta dell’importatore, nella specie evidentemente e logicamente assente avendo la contribuente ritenuto, nella situazione in questione, di non dover chiedere alcuna autorizzazione (v. anche comparsa di costituzione in appello, pag. 62 del ricorso).

Nè rileva il precedente di questa Corte di cui all’ordinanza n. 18922 del 17/07/2018, invocato dalla ricorrente in memoria, che postula sempre la necessità della preventiva autorizzazione a prescindere dal quantitativo della merce, salvo richiedere, ove il numero dei pezzi sia superiore a 300, la valutazione specifica da parte della Commissione Europea ex Reg. CE n. 384 del 1996, art. 13, paragrafo 2, ricadendo la situazione nel campo della valutazione ai fini elusivi.

4. Il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, “omessa/apparente/insufficiente motivazione della sentenza impugnata” in ordine al motivo dell’applicabilità dell’esimente di cui al Reg. n. 2913/92, art. 220, II parte, lett. b, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per omessa pronuncia ed omessa motivazione.

4.1. Il motivo è fondato nei limiti che seguono.

4.2. Non sussiste, in primo luogo, il vizio di omessa pronuncia, avendo la CTR, anzi, espressamente negato l’applicazione dell’esimente della buona fede della contribuente.

4.3. La motivazione, peraltro, è palesemente insufficiente e, anzi, ai limiti, se non oltre, della motivazione apparente.

La sentenza impugnata ha infatti affermato “quanto all’invocata applicazione nella fattispecie del codice doganale comunitario, art. 220, comma 2, prevede che non si procede alla contabilizzazione a posteriori quando l’importo dei dazi legalmente dovuti non è stato contabilizzato per un errore dell’autorità doganale che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore avendo questi agito in buona fede e rispettato tutte le disposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazione in dogana, questo collegio ritiene inapplicabile la invocata esimente, atteso che il Reg. CEE n. 87/97, art. 14, reca la seguente intestazione: “Esenzione subordinata al controllo della destinazione particolare””.

Orbene, tale affermazione non consente in alcun modo di comprendere quale sia stato il ragionamento logico e giuridico del giudice di merito, ossia se, in ipotesi, il Codice Doganale Comunitario, art. 220, sia, in diritto, incompatibile con la fattispecie in esame, ovvero se siano carenti i presupposti in fatto (e in che modo) che presiedono all’applicazione della fattispecie (errore dell’Autorità doganale, condotta della contribuente,…), restando altresì del tutto omessa ogni argomentazione critica sui motivi di impugnazione proposti dall’appellante nonchè sulla plurima documentazione ivi allegata.

La decisione dunque è, in parte qua, nulla e va cassata per un nuovo esame.

5. Il quinto motivo denuncia omessa pronuncia in ordine al motivo di gravame con cui si eccepiva la mancanza di danno erariale e dei presupposti oggettivi giustificanti la richiesta di dazio antidumping.

5.1. La contribuente, in realtà, ripropone, sotto altra veste, la medesima censura formulata con il terzo motivo, ossia che in caso di importazione di merce per quantitativi inferiori a 300 pezzi è pacifico e incontestato che le importazioni “sono esentate dal pagamento del dazio” poichè “le ditte che importano senza alcuna autorizzazione lo possono fare nel limite previsto dei 300 pezzi: solamente nel caso in cui “sforino” da tale limite, queste commettono un abuso ed il dazio è allora dovuto (…) il dazio antidumping è dovuto se il limite quantitativo è superato e non… se manca l’autorizzazione”.

Fermo restando, pertanto, che la CTR, nel rigettare la pretesa principale ha pure statuito sulle dedotte argomentazioni (del resto, la violazione del principio di correlazione tra il chiesto ed il pronunciato ha riguardo alle domande ed eccezioni di parte; non già agli argomenti dalle parti addotti a sostegno delle rispettive tesi difensive), la doglianza resta assorbita.

6. In accoglimento del quarto motivo di ricorso rigettati gli altri, la sentenza va pertanto cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte in accoglimento del quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2018

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