Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2953 del 10/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/02/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 10/02/2010), n.2953

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12860-2005 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA TREBBIA 3,

presso lo studio dell’avvocato CASSESE ANTONIETTA, rappresentato e

difeso dall’avvocato BIANCO ALDO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BATTIPAGLIA in persona del Sindaco e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEL TRITONE 61

SC/D, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO MANZO, rappresentato e

difeso dall’avvocato NOCILLA VINCENZO, giusta delega in calce;

– resistente –

avverso la sentenza n. 107/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 08/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2010 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;

udito per il resistente l’Avvocato BRAVI, per delega dell’Avvocato

NOCILLA, depositata in udienza, che si riporta e chiede il rigetto,

deposita deduzioni scritte per la discussione orale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso in

subordine accoglimento per quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.A. proponeva tempestivo ricorso avverso l’avviso di accertamento e di irrogazione di sanzioni con il quale il Comune di Battipaglia accertava, relativamente all’anno 1998, una maggiore imposta ICI, avendo riscontrato nella dichiarazione del contribuente valori inferiori a quelli ritenuti reali. Eccepiva la mancanza di motivazione; la infondatezza della valutazione per essere il terreno oggetto dell’accertamento adibito esclusivamente all’attività di coltivazione; l’erroneità della superficie accertata e della sanzione irrogata. Il Comune resisteva. La C.T.P. rigettava il ricorso.

La relativa sentenza veniva impugnata dal contribuente che ribadiva le eccezioni già sollevate; depositava ulteriore documentazione relativa sia alla errata individuazione della superficie accertata, che al mancato riconoscimento delle agevolazioni di cui al D.Lgs. n. 540 del 1992, art. 2, comma 1, lett. B; chiedeva in subordine una C.T.U.. La Commissione tributaria regionale, con la sentenza indicata in epigrafe, “conferma l’avviso di accertamento impugnato limitatamente alle aree residue dalla intervenuta espropriazione di cui ai provvedimenti acquisiti agli atti”.

Contro tale sentenza ricorre con triplice motivo il contribuente;

l’intimato resiste con controricorso e con tempestiva memoria.

Diritto

MOTIVAZIONE

Il contribuente, con il primo motivo, ha dedotto la omessa o comunque carente motivazione dell’atto impugnato (violazione della L. n. 540 del 1992, art. 11, n. 2 bis e della L. n. 212 del 2000, artt. 1 e 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) per esservi totale carenza di descrizione degli immobili, della loro effettiva consistenza nonchè della loro destinazione urbanistica, ed ancora per la mancata indicazione nell’atto impugnato sia della Delib. Giunta 30 luglio 1998, n. 499 di approvazione dello “studio” estimativo applicato a tutto il Comune per aree omogenee che dello studio stesso.

La censura appare inammissibile in quanto, pur in presenza (come pacifico tra le parti) dell’indicazione di tutte le particelle catastali (anche se “iniziali”, cioè antecedenti ai frazionamenti derivanti dagli espropri subiti e provati dal contribuente) e del valore attribuito alle stesse, non vengono addotti specifici argomenti indicati dalla parte e non considerati dal giudice, nè vengono denunciati profili di illogicità della motivazione e/o di carenza specifica tale da mettere in discussione la conoscenza di tutti gli elementi necessari e sufficienti a rappresentare l’iter logico seguito dalla Amministrazione finanziaria; in particolare nulla viene dedotto contro l’argomento centrale della sentenza secondo cui “gli avvisi hanno consentito (al contribuente) di approntare tutte le difese del caso nel pieno rispetto del contraddittorio”. Nè può ritenersi che la nullità dell’avviso impugnato possa discendere dal mancata allegazione o comunicazione al contribuente del regolamento adottato a norma dell’art. 52, con cui i comuni possono determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del comune. I regolamenti in questione non hanno infatti natura propriamente imperativa e la giurisprudenza di questa Corte (sent. N. 9216/2007 Rv. 598088; n. 9135/2005, Rv. 583459) vede in questi atti una mera fonte di presunzioni assimilabili alle comuni presunzioni “hominis”, quali gli “studi di settori”, “redditometri”, meri supporti razionali in cui è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti. La stessa sentenza in esame si limita a richiamare i valori previsti nel regolamento unicamente per sottolineare che “l’appellante non ha contrastato validamente le valutazioni relative alle singole particelle”.

Con il secondo motivo il contribuente lamenta a violazione del D.Lgs. n. 540 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b e art. 9 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Tale censura appare manifestamente fondata mancando nella sentenza in esame qualsiasi esame su tale punto decisivo della controversia, esame possibile per il giudice tributario, come affermato da questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 18565 del 21/08/2009, (Rv. 609282) che ha sottolineato come “In tema di ICI, l’applicabilità dell’esenzione per i fabbricati rurali, prevista dal combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1-bis, convertito con modificazioni nella L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), è subordinata, per i fabbricati non iscritti in catasto, all’accertamento dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9 conv. in L. n. 133 de 1994 e successive modifiche, accertamento questo che può essere condotto dal giudice tributario, investito …”. Nel caso di specie il giudice di appello non ha assolutamente esaminato la doglianza relativa al mancato riconoscimento delle agevolazioni di cui all’art. 9 cit.. Nè, peraltro, tale esame può ritenersi, come sostenuto dal resistente, non dovuto perchè illegittimo: ed infatti in tema di contenzioso tributario, qualora la parte produca in appello un documento diretto a provare la fondatezza ricorso introduttivo del giudizio, non incorre nel divieto di eccezioni nuove, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 non traducendosi nella formulazione di un nuovo motivo di illegittimità dell’atto impugnato o di una nuova eccezione, bensì trattandosi della mera allegazione di un nuovo documento a prova di un’argomentazione difensiva già espressa, in sè pienamente ammissibile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2 (sul punto Sez. 5, Sentenza n. 12022 del 25/05/2009, Rv. 608356, anche se relativa ad una diversa fattispecie).

Alla luce di tali principi, rimanendo assorbito il terzo motivo di ricorso con cui si denuncia un’ulteriore violazione di legge, l’impugnata decisione deve essere annullata per carenza di motivazione e la relativa causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania, che, oltre a eliminare i vizi rilevati, provvederà anche a regolare le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2010

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