Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29521 del 22/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/10/2021, (ud. 16/06/2021, dep. 22/10/2021), n.29521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31593-2019 proposto da:

ENA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SARDEGNA, 50, presso lo

studio dell’avvocato ALESSIA MELCHIORRI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE SPA, AGENZIA DELLE ENTRATE –

DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) DI ROMA, UFFICIO TERRITORIALE DI

ROMA (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1397/4/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 12/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 16/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1 Ena srl proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso la cartella di pagamento, notificata in data 13/10/2016, per essere il contribuente decaduto dal beneficio della rateizzazione, concesso a seguito di adesione all’Invito per anno di imposta 2009, D.Lgs. n. 218 del 1997, ex art. 5, comma 1-bis, avendo il contribuente interrotto il versamento delle rate.

2.La CTP accoglieva il ricorso

3 Sull’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate la Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l’appello osservando: a) che l’accertamento con adesione non aveva natura privatistica e negoziale, ragion per cui non era soggetto ad impugnazione; b) che l’inoppugnabilità dell’accertamento con adesione valeva anche per gli interessi la cui determinazione era comunque agevolmente ricavabile calcolando il saggio legale con riferimento ad ogni singolo anno di mancato pagamento individuando così l’ammontare degli interessi.

4 Avverso la decisione la contribuente ha proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita depositando controricorso mentre Agenzia delle Entrate -Riscossioni non si costituiva.

5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio. La contribuente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo denuncia la ricorrente ” Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. a), dell’art. 1971 c.c. – Omessa pronuncia e/o difetto di motivazione per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e dell’art. 115 c.p.c., rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5″; si sostiene che la CTR abbia erroneamente ritenuto immodificabile ed intoccabile l’accertamento con adesione annullabile ex art. 1971 c.c., in quanto viziato da un errore costituito dalla circostanza appresa dal contribuente dopo aver aderito all’invito dell’Ufficio che il rilevo mosso alla Ena srl di aver utilizzato come costi deducibili fatture per prestazioni inesistenti non trovava analogo corrispondente nel pvc elevato alla Westalds Securities spa società che aveva emesso le fatture.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, art. 112 c.p.c., e art. 1284 c.c., in relazione all’art. 360 1 comma nr 3 c.p.c. per non aver la CTR esaminato la censura della contribuente che riguardava la mancata indicazione nella cartella delle modalità di calcolo degli interessi e comunque per non aver erroneamente dichiarato la nullità della cartella per mancata di motivazione sul calcolo degli accessori.

2. Il primo motivo, pur ammissibile nonostante la commistione di vizi denunciati, è infondato.

2.1 Si afferma da parte del ricorrente che il contribuente conservi la facoltà di impugnare l’accertamento per adesione per un errore che avrebbe viziato (art. 1427 c.c.) la volontà manifestata con l’adesione all’atto avente natura negoziale.

2.2 Il D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 2, dispone che “l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell’Ufficio”.

2.3 Questa Corte ha ripetutamente enunciato il principio secondo il quale ” l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell’Ufficio” (fatto salvo, limitatamente alle imposte di cui all’art. 2, l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice da parte dell’Ufficio nelle ipotesi indicate nel comma 4 di detta norma). Il fatto che avverso l’accertamento definito con adesione sia preclusa l’impugnazione (ovviamente – s’intende – per qualsiasi causa) non può che comportare la ovvia conseguenza della improponibilità di istanze di rimborso di quanto versato a perfezionamento dell’accordo, le quali non costituirebbero altro che una surrettizia forma di impugnazione di quest’ultimo, che deve ritenersi intangibile, in conformità alla ratio dell’istituto, connotata, a fronte dell’effetto premiale per il contribuente, dall’interesse pubblico alla immediata acquisizione delle somme risultanti dall’accordo, le quali, una volta versate, non possono più essere messe in discussione attraverso richieste di rimborso (con l’ulteriore effetto della deflazione del contenzioso)” (Cass. n. 20732 del 2010; Cass. n. 18962 del 2005, Cass. n. 29587 del 2011, Cass. n. 5744 del 2018, e Cass. n. 13129 del 2018).

2.4 L’impugnata sentenza ha, quindi, fatto corretta applicazione dell’insegnamento giurisprudenziale di cui si è dato conto.

3. Il secondo motivo è infondato nella parte in cui la sentenza viene censurata per omessa pronuncia sulla censura della mancata indicazione del calcolo degli interessi.

3.1 Sul punto i giudici di secondo grado si sono pronunciati affermando che la determinazione degli interessi era ricavabile ” calcolando il saggio legale con riferimento ad ogni singolo anno di mancato pagamento in e individuando così l’ammontare totale degli interessi”

3.2 La censura di carenza di motivazione sul calcolo degli interessi è inammissibile, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto pecca di autosufficienza.

3.3 La contribuente non ha riportato nel ricorso il contenuto della cartella di pagamento asseritamente lacunosa, né ha indicato la collocazione toponomastica del documento impedendo a questo Collegio ogni verifica e valutazione circa la motivazione con riferimento agli interessi.

4 Conclusivamente il ricorso va rigettato.

5 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte.

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 5.600 oltre rimborso forfettario ed accessori di legge e spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2021

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