Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29507 del 14/11/2019

Cassazione civile sez. III, 14/11/2019, (ud. 12/07/2019, dep. 14/11/2019), n.29507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 12169/2017 R.G. proposto da:

C.P., e C.M.L., rappresentati e difesi

dall’Avv. Emilio Tubolino, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo in Carrara;

– ricorrenti –

contro

CREDIT AGRICOLE CARIPARMA S.P.A., (già CASSA DI RISPARMIO DI PARMA E

VICENZA S.P.A), in persona del Responsabile del Servizio Contenzioso

Legale, rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Ferraguto, con

domicilio eletto in Roma, via Liberiana, n. 17, presso lo studio di

quest’ultimo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1135/2016 della Corte d’Appello di Genova,

depositata l’8 novembre 2016.

Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 12 luglio 2019

dal Consigliere Dott. Marilena Gorgoni

Udite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del

Sostituto Procuratore Dott. Alberto Cardino che si è espresso per

il rigetto del ricorso.

Udito l’Avv. Filippo Garrone (delega) per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.P. e M.L. ricorrono per cassazione avverso la decisione n. 1135/2016 della Corte d’Appello di Genova, depositata l’8/11/2016, formulando un unico motivo di censura, illustrato con memoria.

Resiste con controricorso Credit Agricole Cariparma S.p.A..

La controversia nasce dalla mancata riscossione della somma di Euro 6.000,00 indicata in un assegno circolare che C.M.L. aveva girato al fratello P.. Quest’ultimo, negoziato per l’incasso il titolo, se l’era visto restituire dalla banca, odierna resistente, “insoluto per causale residuale”.

Aveva, quindi, ottenuto dal Tribunale di Massa il decreto n. 354/010 che ingiungeva alla Cariparma S.p.A. il pagamento della somma incorporata nell’assegno.

L’ingiunta faceva opposizione, assumendo che l’assegno era scaduto e che aveva versato la somma in esso indicata, unitamente a quella di altri titoli, per un importo complessivo di Euro 5147,803,11, in ossequio alla normativa sui depositi dormienti, nel Fondo appositamente istituito presso il MEF.

Il Tribunale di Massa, con sentenza n. 70/2013, accoglieva l’opposizione, ritenendo che, contrariamente a quanto sostenuto da C.P. e da C.M.L. – frattanto intervenuta nel processo, ai sensi dell’art. 105 c.p.c. – non potesse essere mosso alcun addebito alla banca, stante la prescrizione dell’azione cartolare e l’avvenuto rispetto, da parte sua, della normativa sui conti dormienti.

I fratelli C. interponevano gravame innanzi alla Corte d’Appello di Genova che, con la sentenza n. 1135/2016, oggetto dell’odierna impugnazione, respingeva nel merito le richieste, ritenendo che la prescrizione dell’azione cartolare avesse reso irrilevante appurare se Cariparma avesse versato la somma dichiarata al fondo istituito presso il MEF e che gli istituti della promessa di pagamento e della ricognizione di debito, invocati dagli appellanti, non fossero pertinenti.

Si dà atto che con ordinanza n. 28088/2018 la trattazione della controversia era stata rinviata alla Pubblica Udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti lamentano, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1988 e 2041 c.c., in relazione al R.D. n. 1736 del 1933, art. 84, comma 2.

1.1. La tesi dei ricorrenti è che, a prescindere dalla prescrizione dell’azione cartolare – che, infatti, non è oggetto di contestazione – l’assegno circolare, al pari di altri titoli di credito, ex art. 83 L.C., contiene una promessa di pagamento e/o una ricognizione di debito, le quali dispensano il creditore dall’onere di provare la ricorrenza del rapporto obbligatorio sottostante, dovendo essere colui che ha fatto la promessa o ha riconosciuto il debito a dimostrare, sia pure con ogni strumento, che il debito non sussiste. E che fosse la banca a dover fornire tale ultima prova, a loro avviso, era provato dal fatto che mentre l’assegno bancario contiene un ordine di pagare rivolto all’istituto di credito, l’assegno circolare obbliga in proprio l’emittente a corrispondere l’importo incorporato nell’assegno al relativo beneficiario o al giratario. E’ vero, infatti, che l’assegno circolare rappresenta una promessa, da parte dell’emittente, di pagamento a vista, il cui presupposto consiste nel versamento da parte del soggetto richiedente di una somma in contanti corrispondente all’importo dell’assegno, oppure nell’autorizzazione, rivolta dal richiedente alla banca, di prelevare la suddetta provvista dal conto o deposito esistente presso la banca, oppure ancora nel rilascio di un assegno bancario tratto sull’istituto emittente e contestualmente estinto. Esaurito il rapporto di emissione, sorge un nuovo rapporto cambiario tra banca e prenditore, autonomo dal precedente.

1.2. Le argomentazioni difensive del ricorrente non colgono, tuttavia, la ratio decidendi della sentenza e, come eccepito dalla banca controricorrente, introducono, almeno in parte, motivi nuovi, proposti per la prima volta nel ricorso in Cassazione. In ogni caso si rilevano infondate.

1.3. Va, innanzitutto, osservato che la Corte territoriale si è uniformata alla giurisprudenza di questa Corte (di recente cfr. Cass. 12/03/2018, n. 5889; Cass. 30/04/2019, n. 11387), la quale ha statuito che, decorso il termine triennale, come nella fattispecie oggetto del presente giudizio, il possessore non può più ottenere il pagamento dell’assegno e solo il richiedente l’assegno potrebbe ripetere la provvista, entro il termine di prescrizione decennale decorrente dallo spirare del termine per l’esercizio dell’azione cartolare.

1.4. A tale conclusione questa Corte è giunta:

– facendo applicazione della disciplina relativa ai conti dormienti contenuta nella L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 343 – 345, che ha costituito un Fondo per indennizzare le vittime di frodi finanziarie, alimentato, tra l’altro, dall’importo di conti correnti e rapporti bancari “dormienti”;

– riconoscendo che l’art. 1, comma 345 ter, cit. precisa che gli importi degli assegni circolari non riscossi entro il termine di prescrizione del relativo diritto, di cui al R.D. n. 1736 del 1933, art. 84, comma 2, sono versati al Fondo entro il 31 maggio dell’anno successivo a quello in cui scade il termine di prescrizione;

– applicando la seconda parte della norma evocata, la quale aggiunge che resta impregiudicato il diritto del richiedente l’emissione dell’assegno circolare non riscosso alla restituzione del relativo importo;

– tenendo conto delle caratteristiche proprie dell’assegno circolare, ove il rapporto tra il titolare dell’assegno e l’istituto bancario è stato assimilato al mandato (Cass. n. 29/08/2003, n. 11961; Cass. n. 11738/2019, cit.).

1.5. Tanto premesso, deve considerarsi che l’assegno per cui è causa era stato emesso il 14/10/2004, perciò, quando il titolo fu portato all’incasso, il 5/10/2010, il diritto di C.P., possessore dell’assegno, di ottenere il pagamento era certamente prescritto. Quanto al diritto di C.M.L., fatto valere il 25/01/2011, quando si costituì in giudizio, occorre, in primo luogo, precisare che il suo intervento in causa fu ammesso, superando l’eccezione di parte avversa, sia per la domanda in via principale, cioè per ottenere la conferma del decreto ingiuntivo, sia per la domanda, formulata in via subordinata, di ottenere il rimborso per sè della somma indicata nel titolo.

1.6. Ne consegue che se C.M.L. fosse stata il soggetto che aveva chiesto alla banca l’emissione dell’assegno avrebbe potuto (ancora) agire nei confronti della banca per chiedere la restituzione della provvista (Cass. 19/03/2009, n. 6653; Cass. 01/12/2003, n. 18311). In concreto, però, l’attuale ricorrente non aveva provato nè mai allegato di aver chiesto l’emissione dell’assegno, essendosi sin dal primo grado di giudizio qualificata unicamente come beneficiaria del titolo (p. 5 della sentenza). Tale qualifica di C.M.L., peraltro, è confermata in maniera esplicita dai ricorrenti che riconoscono che la provvista era di terzi (p. 5 del ricorso).

1.7. Per queste ragioni, facendo buon governo della disciplina in materia, la Corte territoriale aveva ritenuto prescritti tanto il diritto di C.M.L., come beneficiaria/girante, quanto quello del fratello, in quanto possessore/giratario dell’assegno.

1.8. Tale circostanza, secondo il giudice a quo, bastava tanto a rendere irrilevante, nei confronti del possessore e della beneficiaria/girataria, accertare se la banca avesse effettivamente versato la somma dovuta al Fondo istituito presso il MEF quanto a superare ogni considerazione in merito al se l’assegno circolare contenesse una promessa di pagamento, con conseguente astrazione processuale della causa.

1.9. Per meglio comprendere i termini della questione è opportuno rilevare quali sono le differenze tra l’assegno circolare e l’assegno bancario, anche considerando che proprio su di esse fanno leva alcune delle argomentazioni dei ricorrenti.

L’assegno circolare rappresenta “una promessa a pagamento a vista”, perchè presupposto per la sua emissione è la sussistenza di somme disponibili presso l’istituto autorizzato all’emissione corrispondenti all’importo dell’assegno. Il richiedente, per ottenere il rilascio di assegno circolare, deve versare l’importo all’emittente in contanti (unicamente in contanti per il vaglia cambiario della Banca d’Italia ai sensi dell’art. 89 L. Ass. Banc.) oppure autorizzare l’emittente al prelievo della provvista dal suo deposito o conto esistente o presso la stessa banca o rilasciare assegno di conto corrente (come si è verificato nel caso in esame): assegno che viene subito incassato ed estinto per l’opportunità del trattario di verificare contestualmente l’esistenza della provvista. Al contrario, con l’assegno bancario, il traente ordina alla banca trattaria di pagare al portatore legittimo del titolo la somma di denaro incorporatavi. La banca trattaria è obbligata a pagare solo se la provvista è sufficiente, perchè la copertura dell’assegno non è verificata al momento dell’emissione.

1.10. Da tale differenza, come si è anticipato, i ricorrenti pretendono di far derivare il loro diritto di ottenere dalla banca emittente, che non aveva provato l’inesistenza del diritto di credito, il pagamento dell’assegno circolare, stante la persistente possibilità di utilizzarlo come promessa di pagamento avente ad oggetto un credito non ancora prescritto.

1.11. L’errore commesso dai ricorrenti risiede nel fatto che, in caso di prescrizione dell’azione cambiaria, l’utilizzo del titolo di credito quale promessa di pagamento (art. 1988 c.c.) implica pur sempre da parte del creditore l’esercizio dell’azione causale, fondata sul rapporto sottostante all’emissione o alla trasmissione del titolo (Cass. 26/11/1999, n. 13170; Cass. 01/12/2003, n. 18311). In sostanza, quando la parte intenda giovarsi, come in questo caso, del valore del titolo di credito, quale promessa di pagamento, ex art. 1988 c.c., unitamente alla conseguente astrazione processuale che ne deriva in termini probatori (Cass. 29/03/2006, n. 7262), è tenuta ad indicare quale sia il rapporto causale azionato.

1.12. Costituiscono, infatti, saldi principi – da cui non vi è ragione per discostarsi e che la Corte territoriale ha ben padroneggiato – che:

– la promessa di pagamento ha effetto meramente conservativo di un preesistente rapporto fondamentale;

– alla promessa di pagamento non può essere attribuita efficacia costitutiva di nuovi diritti ed obblighi;

– le promesse unilaterali costituenti fonte di obbligazione sono tutte tipiche e nominate;

– l’unico effetto della promessa di pagamento (e della ricognizione del debito) è l’inversione dell’onere della prova in deroga ai principi generali (“dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale”);

– l’astrazione meramente processuale di cui all’art. 1988 c.c., opera esclusivamente nei rapporti diretti tra traente e prenditore ovvero tra girante ed immediato giratario (v. Cass. 16/09/2013, n. 21098; Cass. 29/03/2006, n. 7262), ma non nei confronti di colui che si atteggi quale mero possessore del titolo (cfr. Cass. 18/01/2005, n. 948; Cass. 16/10/2001, n. 12582; Cass. 26/11/1999, n. 13170; Cass. 24/05/1996 n. 4801).

– con la girata si trasferiscono dal girante al giratario solo i diritti inerenti al titolo (cambiale o assegno) e non anche i diritti nati dal rapporto sostanziale sottostante;

– il possesso di titolo privo di valore cartolare non costituisce prova neppure implicita del credito o della sua cessione (Cass. 26/11/1999, n. 13170).

1.13. I ricorrenti si sono limitati a dedurre che l’inutilizzabilità dell’assegno circolare dal punto di vista cartolare, per effetto della prescrizione, avrebbe dovuto comunque permetterne l’impiego quale ricognizione di debito o promessa di pagamento, dispensandoli dall’onere di provare il rapporto fondamentale: nulla hanno allegato o prospettato con riferimento al credito vantato che li faccia ritenere parti del rapporto cartolare e del rapporto sottostante (Cass. 11/09/1997, n. 8990).

2. Ne consegue il rigetto del ricorso.

3. Le spese del presente giudizio di Cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese a favore di Credit Agricole Cariparma S.P.A, liquidandole in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio dalla Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 12 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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