Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29503 del 28/12/2011
Cassazione civile sez. VI, 28/12/2011, (ud. 05/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29503
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
D.M.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE G.MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato LOFOCO
FABRIZIO, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
LA CINQUE BIOTRANS DI CAMPANILE GIUSEPPE & C. SNC (OMISSIS), in
persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 38, presso lo studio
dell’avvocato CANESTRELLI FABIO, rappresentata e difesa dall’avvocato
GOFFREDO LEONARDO giusta procura speciale a margine del ricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1842/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI del
29/03/10, depositata il 17/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;
è presente il P.G. in persona del Dott. TOMMASO BASILE.
Fatto
MOTIVI
La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.
1. Il Tribunale di Bari, accogliendo solo parzialmente l’opposizione proposta dalla S.n.c. La Cinque Biotrans di Campanile Giuseppe e C. contro il d.i. per l’importo di Euro 1.035,54 accordato a D.M. M., suo ex dipendente, preteso a titolo di saldo delle sue spettanze per t.f.r. ed altre voci retributive, revocava tale decreto e condannava l’opponente al pagamento della somma di Euro 974,92, oltre accessori e spese del giudizio.
Proposto appello da parte della indicata società, la Corte d’appello di Bari preliminarmente rigettava l’eccezione di inammissibilità per mancato rispetto del termine breve di impugnazione. La Corte, premesso che tale termine scadeva l’8.11.2008 (essendo stata notificata la sentenza di primo grado il 9.10.2008), riteneva che lo stesso, cadendo di sabato, dovesse ritenersi prorogato sul successivo lunedì, giorno in cui il ricorso in appello era stato depositato, in applicazione della regola di cui all’art. 155 c.p.c., comma 5, norma di cui era stata estesa l’applicabilità ai procedimenti pendenti alla data del 1 marzo 2006 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 3.
Nel merito La Corte d’appello riteneva provato un ulteriore credito opposto in compensazione dalla ex datrice di lavoro e conseguentemente determinava il credito del D.M. in Euro 173,72 e condannava il medesimo a a restituire la somma di Euro 862,22, avendo provveduto la controparte ad eseguire la sentenza di primo grado.
2. Il D.M. ricorre per cassazione con due motivi. La società intimata resiste con controricorso.
3. Il primo motivo di ricorso, denunciando violazione ed erronea applicazione dell’art. 155 c.p.c., ricordato che il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo era stato instaurato con ricorso del 16.1.2004, e quindi anteriormente all’entrata in vigore della L. 28 dicembre 2005, n. 263, osserva che nella specie non era applicabile l’art. 155 c.p.c., comma 5, introdotto dalla L. richiamata, art. 2, comma 1, lett. L., essendo stata specificata la sua applicabilità solo ai procedimenti instaurati successivamente all’1.3.2006.
Viceversa non poteva farsi applicazione della norma sopravvenuta alla scadenza del termine in questione, che ha esteso l’applicabilità dell’art. 155 c.p.c., comma 5, anche ai procedimenti pendenti alla data del 1 marzo 2006.
Il motivo, la cui ammissibilità non è esclusa – come eccepito nel controricorso – dalla proposizione di un ulteriore motivo sul merito della decisione impugnata, appare manifestamente fondato, potendosi sulla questione controversa richiamare il principio enunciato da questa Corte nei seguenti termini: “la L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 3 – secondo cui l’art. 155 cod. proc. civ., commi 5 e 6 (aggiunti dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. f) si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data del 1 marzo 2006 – deve essere interpretato conformemente al precetto di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, nel senso che esso dispone solo per l’avvenire, attesa l’assenza di qualsiasi espressione che possa sottintendere una volontà d’interpretazione autentica della norma di cui alla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 4, con automatico effetto retroattivo. Ne consegue che l’art. 155 c.p.c., comma 5, si applica solo ai termini relativi ai procedimenti pendenti alla data del 1 marzo 2006, in scadenza dopo la data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009,, e non anche ai termini che tale data risultino scaduti.
(Principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1)” (Cass. 7841/2011; conf. Cass. 6212/2010 e 15636/2009).
4. Il secondo motivo, relativo al merito, rimane assorbito.
5. In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, stante l’inammissibilità dell’appello (art. 382 c.p.c., comma 3, ultima parte) e il conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.
Le spese del giudizio del giudizio di appello e di quello di cassazione vengono regolate facendo applicazione del criterio legale della soccombenza (art. 91 c.p.c.). Non si ravvisano gli estremi per una condanna ex art. 96 c.p.c., u.c..
PQM
La Corte accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata condanna la controricorrente a rimborsare al ricorrente le spese del giudizio di appello, liquidate in Euro 30,00 per esborsi, Euro 200,00 per diritti ed Euro 400,00 per onorari, e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 20,00 per esborsi ed Euro 500,00 per onorari.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011