Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29500 del 24/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 24/12/2020, (ud. 01/10/2020, dep. 24/12/2020), n.29500

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 726-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente-

contro

X POWER RACING ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA TACITO 23, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO MACIOCI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO MONTANARI

giusta procura a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 73/2013 della COMM.TRIB.REG. di ANCONA,

depositata il 23/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/10/2020 dal Consigliere Dott. RAFFAELE ROSSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MATTEIS STANISLAO che ha concluso per l’accoglimento;

udito per il ricorrente l’Avvocato LUCREZIA FIANDACA che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato PAOLO MONTANARI che ha

chiesto il rigetto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

All’esito di verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza di Pesaro nei confronti dell’associazione denominata X-Power Racing, l’Agenzia delle Entrate, disconosciuta l’applicabilità delle agevolazioni fiscali previste a favore delle associazioni sportive dilettantistiche, assoggettava al regime impositivo ordinario le operazioni compiute nell’anno 2004, rideterminava il valore della produzione a fini IRAP, l’IVA non versata e le ritenute alla fonte non corrisposte quale sostituto d’imposta; con apposito avviso di accertamento, recuperava a tassazione le imposte non versate e con separato e successivo atto di contestazione irrogava le conseguenti sanzioni.

L’impugnativa di tali atti unitariamente proposta dal contribuente veniva disattesa in prime cure ed invece accolta in grado di appello dalla Commissione Tributaria Regionale di Ancona con la sentenza n. 73/3/13 pubblicata il 23 settembre 2013.

Avverso quest’ultima decisione spiega ricorso per cassazione, articolato su un unico motivo, l’Agenzia delle Entrate; resiste, con controricorso, la Associazione X-Power Racing.

Il P.G. ha depositato requisitoria scritta in forma di memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico motivo di ricorso rileva “insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1″.

Assume il ricorrente che la sentenza impugnata, nel disporre l’accoglimento dell’impugnativa del contribuente, abbia valutato soltanto uno dei rilievi sollevati dall’A.F. nell’avviso di accertamento opposto (e cioè, precisamente, la mancata iscrizione dell’associazione nel registro del Coni),”ritenendo inopinatamente assorbita ogni altra questione” ed omettendo ogni considerazione circa le ulteriori ragioni fondanti il disconoscimento della qualità di ente non commerciale alla associazione in questa sede resistente.

2. All’esame della doglianza è doveroso premettere che, secondo un pacifico orientamento del giudice della nomofilachia, l’omessa o erronea intestazione del motivo di ricorso non cagiona (al pari dell’inesatto inquadramento in una delle cinque ragioni di impugnazione tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c.) l’inammissibilità dell’impugnazione, competendo alla Corte il potere-dovere della corretta sussunzione sub specie iuris del motivo, purchè dalla sua articolazione contenutistica risulti chiaramente individuabile il vizio denunciato (sulle orme di Cass., Sez. U., 24/07/2013, n. 17931, cfr. Cass. 20/02/2014, n. 4036; Cass. 28/09/2015, n. 19124; Cass., Sez. U., 03/04/2019, n. 9279).

Ne deriva che la censura in esame, sebbene in rubrica ascritta alla ipotesi di vizio motivazionale come tratteggiata dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione anteriore alla novella del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 (convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134), va invece vagliata alla stregua del disposto del menzionato n. 5 come in tal guisa riformato, ratione temporis applicabile alla vicenda (la sentenza gravata è stata infatti pubblicata nel settembre 2013), cioè a dire come “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

3. Così inteso, il motivo è fondato e va accolto.

Nel tratteggiare l’esatta conformazione del vizio motivazionale rilevante in sede di legittimità all’esito della citata modifica del D.L. n. 83 del 2012, questa Corte ha chiarito che l’omesso esame deducibile come motivo di ricorso deve investire un vero e proprio “fatto” ovvero uno specifico accadimento o una precisa circostanza da intendersi in senso storico-naturalistico (con esclusione quindi di deduzioni o istanze difensive, questioni interpretative ed elementi istruttori in quanto tali) – controverso nei gradi di merito (“oggetto di discussione tra le parti”) ed a carattere “decisivo”, cioè a dire idoneo, qualora preso in considerazione, a determinare un esito della lite diverso e favorevole al ricorrente (difettando altrimenti l’interesse alla proposizione dell’impugnazione).

4. Tanto premesso in linea generale, muovendo alla vicenda oggetto di causa, risulta pacifico che nell’avviso di accertamento la negazione della natura non commerciale dell’associazione sportiva resistente si basa, oltrechè sulla mancata iscrizione al registro Coni, su due distinti rilievi: (a) il conseguimento, per l’anno 2004, di compensi per “contratti pubblicitari” per complessivi Euro 249.000, da considerare relativi ad attività commerciale in quanto percepiti sotto forma di sponsorizzazione e prevalenti sul complesso delle attività dell’ente; (b) il conseguimento, nell’anno d’imposta 2003 (precedente a quello di accertamento), di ricavi da attività commerciali per un importo superiore al limite stabilito dall’art. 1 della L. 16 dicembre 1991, n. 398 (all’epoca fissato in Euro 250.000 per anno), previo rapporto dell’importo conseguito (Euro 241.000) alla frazione di anno di svolgimento dell’attività (dal 17 febbraio al 31 dicembre).

A fronte di tale articolato contenuto, la sentenza gravata incentra la decisione esclusivamente sul requisito formale della mancanza di iscrizione al registro Coni (ritenuto non imputabile all’associazione), che fa mostra di considerare quale unica ragione fondante l’avviso di accertamento (“la GG.FF. procede alla verifica generale nei confronti dell’associazione nell’anno 2009 e chiude la verifica senza alcun rilievo di carattere sostanziale. Successivamente rilevano la mancanza di iscrizione al CONI per l’anno inquisito e l’associazione da ENTE NON Commerciale viene trasformato in ENTE Commerciale”).

In ordine agli ulteriori rilievi (sopra riassunti) giustificanti – nella prospettazione dell’A.F. – la natura commerciale dell’associazione indagata, nessun apprezzamento o valutazione, nemmeno in via implicita o per logica incompatibilità, risultano espressi o comunque inferibili nella decisione della Corte territoriale. Nè in tal senso, diversamente da quanto opinato dal ricorrente, rileva l’affermazione, indefinita ed insignificante ancor prima che anapodittica, per cui “la ricorrente associazione (..) ha dimostrato sotto l’aspetto sostanziale di essere un’associazione dilettantistica sportiva come acclarato nel primo PVC della GG.FF.”: essa è chiaramente riferita alla prima verifica operata dalla Guardia di Finanza la quale, come affermato dalla stessa sentenza in esame, è stata poi superata da altro, successivo controllo, da cui è scaturito l’avviso di accertamento.

5. Il descritto vizio motivazione, ad avviso del Collegio, inficia la pronuncia, in quanto concerne evenienze fattuali (i presupposti dell’accertamento) idonei a condurre a statuizione di segno opposto.

Secondo il costante indirizzo ermeneutico di questa Corte, infatti, l’esenzione contributiva prevista in favore delle associazioni sportive dilettantistiche dipende non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sull’interessato e non può ritenersi soddisfatto dal dato, del tutto estrinseco e neutrale, del riconoscimento da parte del CONI (ex plurimis, Cass. 09/06/2020, n. 10979; Cass. 14/02/2020, n. 3476; Cass. 30/04/2019, n. 11492; Cass. 30/04/2018, n. 10393; Cass. 05/08/2016, n. 16449).

E le contestazioni dell’A.F. – innanzi illustrate sub (a) e sub (b) circa i proventi da sponsorizzazione percepiti dall’associazione (del tutto obliate nella pronuncia gravata), qualora valutate nella loro sinergica convergenza, appaiono, in linea astratta, idonee a configurare la natura commerciale dell’ente, in ragione della prestazione fonte del ricavo, in altro ambito fiscale iuris et de iure presunta commerciale (precisamente, a fini IVA: D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 4, comma 4, lett. i)): natura che tuttavia deve essere apprezzata – e tale è il compito devoluto al giudice del rinvio – alla stregua della concreta realtà dell’associazione sportiva in discorso, nella prospettiva, teleologica e funzionale, della strumentalità delle attività rispetto ai fini istituzionali, al lume del principio generale sancito dall’art. 148 T.U.I.R., comma 3 (“non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività”).

Oltre a quanto sopra, al giudice del rinvio è altresì rimessa la atomistica considerazione sull’eventuale superamento del limite legale di cui sopra al punto (b), siccome circostanza di per sè sola ed oggettivamente impediente l’accesso alle agevolazioni tributarie: questione (che qui rimane impregiudicata) involgente il modo di operatività della norma (la L. n. 398 del 1991, art. 1) nell’ipotesi (ricorrente nella specie) di esercizio di attività dell’ente per periodi inferiori all’anno, cioè a dire, in dettaglio, la (discussa) praticabilità di un computo a giorni dell’importo dei ricavi dalla legge rapportato all’anno e la valenza da attribuire, a tal fine, alla previsione, di rango normativo secondario, del D.M. 18 maggio 1995 (all. E, punto 2).

6. Accolto il ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Ancona, in diversa composizione, cui è demandata anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Ancona, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della (Terza) Sezione Civile, il 1 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2020

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