Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 295 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. lav., 10/01/2017, (ud. 19/10/2016, dep.10/01/2017),  n. 295

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21272-2011 proposto da:

G.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PORTUENSE 104, presso la signora DE ANGELIS ANTONIA, rappresentata e

difesa dall’avvocato MICHELE GAETA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE SALERNO (EX ASL (OMISSIS)) C.F. (OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE SALERNO (EX ASL (OMISSIS)) C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ALESSANDRIA 208, presso lo studio

dell’avvocato ITALO CARDARELLI, rappresentata e difesa dagli

avvocati VALERIO CASILLI, ANTONIO DI FILIPPI, EMMA TORTORA, giusta

delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

G.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PORTUENSE 104, presso la signora DE ANGELIS ANTONIA, rappresentata e

difesa dall’avvocato MICHELE GAETA, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 18/2011 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 07/03/2011 R.G.N. 461/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/10/2016 dal Consigliere Dott. BOGHETICH ELENA;

udito l’Avvocato GAETA MICHELE;

udito l’Avvocato CARDARELLI IDA per delega Avvocati CASILLI VALERIO,

SASSO GENNARO, TORTORA EMMA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7.3.2011 la Corte di appello di Salerno, confermando la sentenza del Tribunale della medesima sede, ha respinto la domanda di G.M., dipendente dell’Azienda sanitaria locale Salerno ed inquadrata nella categoria C di cui al c.c.n.l. comparto Sanità 1998-2001 (ex qualifica di “assistente all’infanzia”di cui alla tabella – allegato 2 del D.P.R. n. 761 del 1979), diretta al riconoscimento del diritto all’inquadramento nella superiore categoria D con decorrenza 1.9.2001 o, in via gradata, 25.6.2002.

La Corte territoriale, rilevato che gli artt. 8 e 9 del c.c.n.l. comparto Sanità, biennio economico 2000-2001 hanno previsto la trasformazione dei posti della dotazione organica della categoria C del ruolo sanitario in altrettanti posti della categoria D, ha ritenuto che la G. non avesse il requisito previsto dalla deliberazione del 25.6.2002 del Direttore generale della Asl Salerno (OMISSIS), ossia lo svolgimento effettivo delle attività proprie del profilo di appartenenza.

Avverso questa pronuncia ricorre per Cassazione la G. con quattro motivi. L’Azienda ospedaliera Mater Domini resiste con controricorso e propone altresì ricorso incidentale condizionato, cui resiste la G. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 64 e delle tabelle allegate al D.P.R. n. 761 del 1979, dell’art. 18 c.c.n.l. Sanità 1998-2001, degli artt. 8 e 9 del c.c.n.l. comparto Sanità-biennio economico 2000-2001, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 5, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale trascurato che la G. era inquadrata nella categoria C (come risultante dal prospetto paga, qualifica “assistente all’infanzià) e rientrava, pertanto, nella previsione del contratto collettivo per il riconoscimento della superiore categoria D.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) avendo la Corte territoriale trascurato di accertare se la qualifica di “assistente all’infanzia” era stata soppressa (e sostituita dal profilo professionale di “operatore professionale di 1^ categoria”) e se le mansioni effettivamente espletate erano quelle corrispondenti al profilo professionale di “operatore professionale di 1^ categoria”,

3. Con il terzo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del C.C.N.L. comparto Sanità – biennio economico 2000-2001, art. 9, comma 6, e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, commi 1, 2 e 5, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale, trascurato che la G. aveva presentato – in data 29.5.2002 e in date successive richiesta di essere trasferita all’ambulatorio di pediatria, dimostrando la volontà di essere addetta alle mansioni proprie del profilo di appartenenza.

4. Con il quarto motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte di appello, omesso qualsiasi pronuncia concernente la delibera del Direttore generale della ASL del (OMISSIS) che aveva riconosciuto il superiore inquadramento D a decorrere dall’1.3.2006, data dalla quale spettava la ricostruzione della carriera, sia dal punto di vista economico che previdenziale.

5. Con motivo di ricorso incidentale condizionato la ASL controricorrente ha rilevato che la G. non aveva impugnato, nei termini decadenziali, le deliberazioni dell’ente con cui era stato re-inquadrato nella categoria D il solo personale che espletava effettivamente le mansioni corrispondenti al profilo di appartenenza.

6. I primi tre motivi, che per stretta connessione possono affrontarsi congiuntamente, non sono fondati.

Il C.C.N.L. comparto Sanità, 2^ biennio economico (2000-2001), stipulato il 20.9.2001 ha così previsto, all’art. 8: “al fine di favorire il processo di riordino e riorganizzazione delle professioni sanitarie” e “ravvisando che l’insieme dei requisiti richiesti al personale appartenente alla categoria C del ruolo sanitario nonchè al profilo di operatore professionale assistente sociale del ruolo tecnico – per contenuti di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento delle relative attività lavorative – corrisponde a quello della categoria D dei rispettivi profili”, “le parti ritengono necessario che le aziende siano messe nelle condizioni economico – normative per attuare il passaggio di detto personale alla citata categoria”. Ha, quindi, previsto – con decorrenza dall’1.9.2001, la trasformazione dei posti della dotazione organica di tutti i profili appartenenti alla categoria C del ruolo sanitario e dell’operatore professionale – assistente sociale – del ruolo tecnico in altrettanti posti di categoria D. Il c.c.n.l. ha, inoltre, disposto che “Il personale di cui al presente articolo adibito a funzioni diverse dal profilo di appartenenza ovvero addetto ad altre attività per motivi di salute all’entrata in vigore del presente contratto non beneficia direttamente del passaggio e viene inquadrato nella categoria D, a domanda – da effettuarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente contratto con riacquisizione delle mansioni proprie del profilo di appartenenza. Tale domanda, nel caso di allontanamento per motivi di salute, deve essere corredata – anche in momento successivo – da apposita certificazione medico legale attestante la recuperata efficienza per lo svolgimento delle mansioni proprie del profilo di appartenenza. In caso di mancata presentazione della domanda o impossibilità per motivi di salute di svolgere le mansioni del proprio profilo i dipendenti interessati saranno inquadrati in un profilo diverso della categoria C con le conseguenti modifiche della dotazione organica” (art. 9, comma 6).

La Corte territoriale, con valutazione di merito assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria, ha preso atto dell’inquadramento della G. nella categoria C, profilo professionale di “assistente all’infanzia”, ed ha ritenuto che non ricorrevano i requisiti previsti dal C.C.N.L. del 20 settembre 2001, artt. 8 e 9, in quanto la lavoratrice non svolgeva compiti corrispondenti al profilo di appartenenza. La Corte d’appello ha chiaramente individuato la normativa contrattuale applicabile nella specie costituita dal c.c.n.l. comparto Sanità, 2^ biennio economico (2000-2001), stipulato il (OMISSIS) ed ha correttamente verificato l’applicazione, da parte della ASL di appartenenza della lavoratrice, delle disposizioni ivi contenute.

Le censure della ricorrente si riassumono nell’affermazione, meramente assertiva, dell’appartenenza alla categoria C oggetto di trasformazione nella categoria D e della presentazione (sin dal 29.5.2002) di domanda di adibizione alle mansioni corrispondenti al profilo professionale posseduto, mediante invocazione degli artt. 8 e 9 del C.C.N.L. comparto Sanità biennio economico 2000-2001, senza illustrare alcun puntuale rilievo sulle previsioni specifiche elaborate dalle parti sociali, che hanno espressamente escluso dalla trasformazione il personale non adibito alle mansioni del profilo di appartenenza. La ricorrente non indica alcun elemento istruttorio da cui desumere le effettive mansioni svolte dalla lavoratrice che sia stato trascurato dalla Corte di merito. Inoltre, con riguardo alle domande (di adibizione alle mansioni corrispondenti al profilo professionale) che la lavoratrice assume essere state presentate alla ASL, oltre a rilevarsene la tardività rispetto ai termini previsti dal c.c.n.l., va rilevato che – nella specie – la censura è prospettata con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per Cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto di tali domande, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. 12 febbraio 2014, n. 3224; Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726).

7. Il quarto motivo del ricorso è inammissibile.

Della questione non vi è traccia nella sentenza impugnata, nè la ricorrente indica in alcun modo se, con quale atto e in che termini la questione stessa sia stata eventualmente riproposta in grado di appello.

In tema questa Corte ha ripetutamente affermato che “nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello” (v. Cass. 5-7-2002 n. 9812, Cass. 9-12-1999 n. 13819). Nel contempo è stato anche precisato che “nel caso in cui una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, alfine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, indicando altresì in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, così da permettere alla Corte di Cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa” (v. Cass. 27-8-2013 n. 12571; Cass. 22-1-2013, n. 1435; Cass. 28-7-2008, n. 20518; Cass. 152-2003 n. 2331, Cass. 10-7- 2001 n. 9336).

La Corte di appello ha – nelle premesse – riassunto le conclusioni dell’atto di appello proposto dalla G., facendo riferimento alla domanda di riconoscimento della categoria superiore D “a decorrere dal 1.9.2001” o, in via gradata, “fissare la decorrenza del predetto inquadramento alla data del 25.6.2002”.

Orbene nel caso in esame la G. lamenta in questa sede l’omessa pronuncia sulla ricostruzione della carriera a decorrere dall’1.3.2006 (a seguito di riconoscimento, da parte dell’ASL, della categoria superiore con delibera del 23.11.2007, n. 1073) senza nemmeno richiamare o trascrivere, in parte, l’atto di appello, e, quindi, nulla specifica in ordine ad una chiara e precisa proposizione della questione in appello.

8. Il motivo di ricorso incidentale condizionato proposto dalla ASL è assorbito dal rigetto del ricorso principale.

9. In conclusione, il ricorso principale va rigettato, assorbito il ricorso incidentale. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza come dettato dall’art. 91 c.p.c..

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, e condanna il ricorrente a rimborsare le spese del giudizio al controricorrente, liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed interessi di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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