Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29499 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/12/2011, (ud. 05/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20579-2010 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS), in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende

giusa procura speciale ad litem a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che

lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6621/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

30/09/08, depositata il 31/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

è presente il P.G. in persona del Dott. TOMMASO BASILE.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.

1. Il Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta da C. F. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, diretta alla declaratoria di illegittimità dell’apposizione del termine con riferimento ai due contratti di lavoro stipulati tra le parti, il primo per il periodo dall’1.6.1998 al 30.9.1998 con la causale della necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie per il periodo giugno-settembre, e il secondo per il periodo dall’8.11.1999 al 29.2.2000 e con la causale delle “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso (…)”.

A seguito di appello del lavoratore, la Corte d’Appello di Roma accoglieva l’impugnazione, dichiarando la nullità del termine finale apposto al primo di detti contratti. Accoglieva la domanda di risarcimento del danno nei limiti delle retribuzioni maturate dalla data di costituzione in mora (18.5.2004), oltre rivalutazione ed interessi.

Osservava che, mentre la causale del contratto in questione si riferiva ad ipotesi introdotta dall’art. 8 del CCNL 26.11.1994, il contratto stesso era stato stipulato dopo lo spirare del termine massimo (30.4.1998) – contrattualmente pattuito (accordi integrativi del 25.9.1997 e 16.1.1998) – di vigenza della contrattazione che autorizzava le ipotesi ulteriori di legittima apposizione del termine.

2. La società ha proposto ricorso con tre motivi. L’intimato resiste con controricorso. Memoria del ricorrente.

3. Le censure proposte appaiono presentare profili di inammissibilità.

4. Il primo motivo, denunciando omessa motivazione su un fatto decisivo, lamenta che la Corte di merito abbia trascurato che, pur in assenza di una clausola espressa di ultrattività del contratto collettivo, la sua incontestata applicazione comporta necessariamente che al CCNL del 1994 debba farsi riferimento nel suo complesso fino all’entrata in vigore della nuova disciplina contrattuale, di fatto intervenuta l’1 1.1.2001, ben oltre la data di scadenza naturale del contratto. Del resto i vari accordi integrativi, intervenuti ben oltre il 31.12.1997, avevano richiamato la disciplina pattizia formalmente scaduta.

5. Il motivo è qualificabile come inammissibile, in quanto fa riferimento ad una ratio decidendi ben diversa da quella effettiva, avendo la Corte d’appello ritenuto che sussistesse una clausola di un accordo integrativo che aveva espressamente indicato un termine finale per la cessazione della applicabilità non dell’intero CCNL del 1994, ma solo delle clausole (originarie o poste da accordi integrativi) prevedenti causali di contratti a termine ulteriori rispetto a quelle di legge.

6. Il secondo motivo, deducendo violazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 nonchè, in connessione con gli artt. 1362 e segg. c.c., dell’art. 8 c.c.n.l. 26.11.1994, degli accordi sindacali 16.1.1998, 27.4.1998, 2.7.1998, 24.5.1999 e 18.1.2001, censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto illegittimamente apposto il termine al contratto di lavoro e in particolare nella parte in cui ha ritenuto di individuare nella data del 30.4.1998 il preteso termine ultimo di validità ed efficacia temporale dell’accordo integrativo del 25.9.1997, sostenendo con vari argomenti che, in sostanza, se si analizza tanto l’accordo del 25.9.1997 quanto la disciplina collettiva posteriore alla sua stipula, facendo corretta applicazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c., e segg., è evidente che tali accordi hanno sempre avuto mera natura ricognitiva di una situazione contingente e non fissano alcun termine temporale.

La censura è integrata dal terzo motivo sotto il profilo del vizio di motivazione.

7. Tali motivi fanno riferimento alla problematica circa l’esistenza o meno di una previsione contrattuale sul termine di efficacia dal 30.4.1998 della causale di assunzione a termine, introdotta dall’accordo del 25.9.1997, relativa alle “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso (…)”. Le relative doglianze, così come formulate, non sono meritevoli di accoglimento, in base all’indirizzo in materia, ormai consolidato, dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al c.c.n.l. del 2001 ed al D.Lgs. n. 368 del 2001).

Al riguardo, infatti, questa Corte ha più volte affermato che “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l.

26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1” (v., fra le altre, Cass. 1.10.2007 n. 20608, Cass. 27.3.2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.).

La giurisprudenza di questa Corte ha ulteriormente rilevato quanto segue.

La esposta interpretazione degli accordi attuativi (ed in specie dell’ultimo citato) è fondata sul significato letterale delle espressioni usate che è così evidente e univoco (“in conseguenza di ciò e per far fronte alle predette esigenze si potrà procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinato fino al 30.4.98”) che non necessita di un più diffuso ragionamento al fine della ricostruzione della volontà delle parti (cfr., ex plurimis, Cass. n. 28 agosto 2003 n. 12245, Cass. 25 agosto 2003 n. 12453), mentre, diversamente opinando – ritenendo cioè che le parti non avessero inteso introdurre limiti temporali alla deroga – si dovrebbe concludere che gli accordi attuativi, così definiti dalle parti sindacali, fossero in sostanza “senza senso” (così testualmente Cass. n. 14 febbraio 2004 n. 2866).

Peraltro al riguardo irrilevante è l’accordo del 18 gennaio 2001, invocato dalla società, in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga; ed infatti, ammesso che le parti stipulanti abbiano espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25 settembre 1997 (scaduto in forza degli accordi attuativi), considerata la indisponibilità dei diritti dei lavoratori già perfezionatisi, deve comunque escludersi che le parti stesse avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non più legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12 marzo 2004 n. 5141).

Con riferimento alla presente controversia, premesso che in effetti era in questione – in riferimento alla ratio decidendi utilizzata dalla sentenza impugnata – la applicabilità o meno successivamente al 30.4.1998 di una diversa causale di ricorso al contratto a termine (quella relativa all’espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie per il periodo giugno-settembre), deve osservarsi che nei motivi di ricorso non si rinvengono doglianze idonee alla valorizzazione di tale specifico elemento.

8. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese vengono regolate in base al criterio legale della soccombenza. Ne è stata chiesta la distrazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio, liquidate in Euro 20,00 per esborsi ed Euro duemila per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA secondo legge, con distrazione all’avv. Roberto Rizzo. V Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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