Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2949 del 16/02/2016


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Civile Sent. Sez. U Num. 2949 Anno 2016
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CHIARINI MARIA MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso 13964-2014 proposto da:
MECUCCI ROSA, PETRELLI ANGELO, PETRELLI DOMENICO,
2015

PETRELLI BRUNA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

395

DELLA STAZIONE DELLA STORTA 2, presso lo studio
dell’avvocato ALBERTO LAPENNA, rappresentati e difesi
dall’avvocato FILOMENO MONTESARDI, per delega in calce
al ricorso;

Data pubblicazione: 16/02/2016

- ricorrenti contro

PETRELLI PATRIZIA, TOMARELLI ANGELA, elettivamente
domiciliate in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso lo
studio dell’avvocato FRANCESCO CIGLIANO, che le

controricorso;
– controricorrenti nonché contro

ACEA ATO S.P.A.;
– intimata

avverso la sentenza n. 59/2013 del TRIBUNALE SUPERIORE
DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 10/04/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/10/2015 dal Consigliere Dott. MARIA
MARGHERITA CHIARINI;
udito l’Avvocato Francesco CIGLIANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

rappresenta e difende, per delega in calce al

Svolgimento del processo
Con citazione del 2003 Bruna, Domenico, Angelo Petrelli e Rosa Mecucci
convennero in giudizio Patrizia e Massimo Petrelli ed Angela Tomarelli
deducendo: 1) con atto del 31 maggio 1950 Domenico Petrelli aveva ceduto
al Comune di Roma la fonte di acqua esistente sui suo terreno; 2) il Comune
aveva assicurato al cedente e ai suoi aventi causa una certa quantità di

terreno e l’ abitazione del cedente; 3) nel gennaio 1970 Domenico Petrelli
donò ai suoi figli Antonio, Bruna e Adolfo il terreno e lo frazionò in tre parti;
lo sbocco d’ acqua che aveva servito l’ intero fondo rimase sulla parte
donata ad Antonio Petrelli; 4) quindi i donatari costruirono le loro abitazioni
derivando l’ acqua dallo sbocco principale, ma dal 1986 Antonio Petrelli
prima e i suoi aventi causa poi avevano chiuso lo sbocco. Chiesero perciò di
accertare il legittimo utilizzo di esso e di ordinarne lo spostamento sul
confine, ripartendo in parti uguali la quantità di acqua; in via subordinata il
legittimo utilizzo per intervenuta usucapione.
Con sentenza del 7 aprite 2008 il Trap ha respinto la domanda sulle seguenti
considerazioni: 1) la donazione di Domenico Petrelii non regolamentava l’
utilizzazione dell’ acqua né prevedeva la costituzione di servitù a favore dei
lotti assegnati a Bruna e Adolfo Petrelli, fratelli del donatario Antonio; 2)
nessuna usucapione poteva esser dichiarata poiché l’ utilizzazione dell’
acqua – non escluso per tolleranza, stante il rapporto di parentela – era
avvenuta dal 1972 al 1986.
Con sentenza del 10 aprile 2013 il Tsap ha respinto l’ appello per violazione
degli artt. 1062 e 1071 c.c. sulle seguenti considerazioni: 1) mancavano i
presupposti per la costituzione di servitù di somministrazione coattiva di cui
alli art. 1049 c.c. e per destinazione del padre di famiglia non essendovi
opere visibili e permanenti destinate ali’ attingimento dell’ acqua; 2) in
difetto di una servitù apparente, non era configurabile una divisione del
fondo dominante di cui una parte asservita alle altre porzioni.
Ricorrono per cessazione, con atto del maggio 2014,

Bruna, Domenico,

Angelo Petrelli e Rosa Mecucci, cui resiste Patrizia Petrelli. I ricorrenti hanno
depositato memoria.
,
,
3

acqua mediante la posa in opera di una tubatura dalla fonte che serviva il

Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo i ricorrenti deducono: “Vizio di motivazione ex art.
360 comma 1, n. 5 c.p.c. per omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su punto decisivo della controversia prospettato dalle parti e
rilevabile di ufficio dall’ analisi della documentazione pubblica in atti;
2.- Vizio di motivazione ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per conseguente

c.c. e all’ art. 1062 c.c.”, e lamentano che il Tsap ha preso in esame
presupposti di fatto e di diritto errati quali: a) la richiesta di costituzione
coattiva per l’ esercizio del diritto di presa d’ acqua; b) l’ inesistenza del
diritto di prelievo dei ricorrenti; c) l’ inesistenza di opere funzionali ad

I

esercitare tale diritto, non avendo l’ originario, unico proprietario del fondo,
lasciato su di esso opere destinate a consentire l’ esercizio del diritto di
attingere acqua alla fonte nel fondo degli appellati, condizione indispensabile
perché possa operare il modo di acquisto richiesto a vantaggio del residuo
fondo assegnato ad altro proprietario. Si tratta di ipotesi presuntive
contraddette dagli atti introduttivi del giudizio e dalla documentazione
pubblica allegata al fascicolo di parte e depositata in giudizio. Infatti non è
stata mai chiesta una servitù coattiva per l’ esercizio del diritto di presa d’
acqua in quanto al contrario i ricorrenti hanno sempre lamentato il disturbo
perpetrato negli ultimi anni dagli eredi di Antonio Petrelli che impediscono il
libero esercizio del diritto di fornitura idrica di cui gli istanti godono e di cui
hanno chiesto il riconoscimento. Peraltro Domenico Petrelli, in data 31
maggio 1950, in cambio della cessione di una fonte d’ acqua si assicurava
per sé e per “i suoi aventi causa” una quantità d’ acqua pari a mezza oncia
nominale mediante la posa in opera e la collocazione, a sua cura, di una
tubatura che, dalla fonte ceduta al Comune, mediante uno sbocco, giungeva
al fondo limitrofo e alli abitazione del cedente per servirli; quindi l’ opera era
esistente e funzionale ad esercitare il diritto reale limitato che si pretende
sul residuo fondo dei fratelli di Antonio Petrelli. Altrettanto specificato negli
atti è che gli aventi causa di Domenico Petrelli, suoi figli, a seguito della
divisione del fondo servito dallo sbocco e loro donato, acquisivano la
rispettiva porzione di esso ed il diritto di presa d’ acqua dallo sbocco
suddetto ed infatti: ” .. i lotti in oggetto vengono donati .. con tutte le

violazione ed errata applicazione delle norme di diritto di cui all’ art. 1049

:

pertinenze, azioni, accessioni, usi, diritti, servitù attive e passive .. quanto
altro inerente tutto incluso nulla escluso o riservato”, e perciò i ricorrenti
non avevano alcun bisogno di chiedere la costituzione coattiva della servitù
che già loro apparteneva per effetto sia dell’ originario atto di cessione della
fonte al Comune con riserva del diritto di presa anche per gli aventi causa
del cedente, sia per effetto delle opere da questi costruite per portare uno
sbocco dell’ acqua a tutto il fondo, sia per effetto della donazione ripartita di

come emerge dagli atti di causa, quasi contestualmente alla donazione del
1970 la donataria Bruna Petrelli iniziò la costruzione di un immobile sul suo
lotto, ove si era trasferita con il padre Domenico, e aveva esercitato il diritto
di fornitura idrica collocando una conduttura allo sbocco dell’ acqua costruito
dal padre e posto sul terreno di Antonio Petrelli, attraversando il terreno
dell’ altro fratello Adolfo, in tal modo raggiungendo il suo terreno. Poco
dopo, nel 1972, il fratello Adolfo costruì anch’ egli sul suo lotto un fabbricato
utilizzando, per l’ approvvigionamento idrico, la tubazione predisposta da
Bruna Petrelli a cui si era innestato. Quindi da un lato i ricorrenti erano
titolari del diritto di approvvigionamento idrico trasferito loro da Domenico
Petrelli che lo aveva riservato per sé e per i suoi aventi causa; dall’ altro
avevano chiesto il riconoscimento di tale diritto e non la costituzione di una
servitù coattiva; dalli altro ancora, esercitando un diritto di presa d’ acqua,
non sussisteva la mera tolleranza del fratello Antonio; dall’ altro
ulteriormente lo sbocco costruito da Domenica Petrelli costituisce l’ opera
visibile e permanente per I’ esercizio del diritto di attingere acqua con gli
impianti installati. Dunque vi era già una servitù per destinazione del padre
di famiglia – art. 1062 c.c. – avente tutti i requisiti legalmente richiesti: a) i
fondi originariamente appartenevano ad un unico proprietario ed erano posti
in una situazione di servizio l’ uno rispetto all’ altro, integrante di fatto il
contenuto di una servitù, resa evidente dalla permanenza dell’ unico sbocco
costruito da Domenico Petrelli su una porzione di fondo poi donata al figlio
Antonio; b) tale situazione perdurava nei momento in cui i fondi avevano
cessato di appartenere al medesimo proprietario e lo sbocco quale unica
fonte di approvvigionamento idrico era rimasto immutato; c) l’ esistenza di
opere visibili e permanenti evidenziava l’ asservimento del fondo in cui vi

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esso. E’ dunque evidente l’ illogicità della sentenza impugnata. Ed infatti,

era lo sbocco alli intero fondo, poi frazionato; d) nell’ atto di donazione
mancavano disposizioni sulla servitù.
1.1- Va pregiudizialmente affermato, anche in relazione al rilievo di
inammissibilità del ricorso contenuto in controricorso, che, applicandosi ai
procedimenti dinanzi ai Tribunali Regionali delle Acque e al Tribunale
Superiore delle Acque il regime delle impugnazioni disposto dal codice di

R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico sulle acque e sugli impianti
elettrici), per quanto non regolato dalle disposizioni del titolo quarto del
medesimo testo unico, alle sentenze pubblicate dopo l’ entrata in vigore
della legge 7 agosto 2012, n. 134, di conversione del D.L. 22 giugno 2012,
n. 83 – e cioè dopo l’ 11 settembre 2012 – (nella specie la sentenza del
Tsap è stata pubblicata il 10 aprile 2013), va applicato, per il vizio di
motivazione, l’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ. nella nuova
formulazione restrittiva introdotta dell’art. 54, primo comma, lett. b), del
suddetto D.L. e cioè il vizio di motivazione è ammissibile se con esso si
denuncia – nel caso in cui le ragioni del decidere vi siano non solo sotto
aspetto materiale e grafico, ma anche effettivamente – la pretermessione
dell’ esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ovvero l’
irriducibile contrasto o l’ obbiettiva perplessità – o incomprensibilità – delle
ragioni contenute in motivazione, esclusa, invece, qualunque rilevanza del
difetto di “sufficienza” della motivazione (ex multis 12928 e 21257 del
2014).
Esaminati dunque congiuntamente i vizi, connessi, essi sono infondati.
1.2- I consolidati principi della Corte di legittimità in materia di servitù per
destinazione del padre di famiglia sono i seguenti.
Detta servitù si intende stabilita “ope legis” per il fatto che al momento della
separazione dei fondi – o del frazionamento dell’unico fondo, come nella
specie – lo stato dei luoghi sia stato posto o lasciato per opere o segni
manifesti ed inequivoci ed univoci – nel che si concreta l’indispensabile
requisito dell’apparenza – in una situazione oggettiva di subordinazione o di
servizio, che integri “de facto” il contenuto proprio di una servitù,
indipendentemente da qualsiasi volontà, tacita o presunta, dell’unico
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procedura civile per effetto del rinvio recettizio contenuto nell’ art. 208 del

,.

proprietario nel determinarla o nel mantenerla. Conseguentemente il
requisito della subordinazione deve essere ricercato non già nell’intenzione
del proprietario del fondo, bensì nella natura delle opere oggettivamente
considerate, in quanto nel loro uso normale determinino il permanente
assoggettamento del fondo vicino all’onere proprio della servitù (Cass.
12197 del 1997).
Perciò, in tema di servitù di presa d’acqua, deve ritenersi predicabile, ai
sensi dell’art.1062 cod. civ., la costituzione per destinazione del padre di
famiglia tutte le volte in cui l’originario unico proprietario, imprimendo un’
oggettiva situazione di subordinazione o di servizio tra i fondi, abbia
2

collocato in quello servente delle tubazioni per la conduzione dell’acqua che,
fuoriuscendo dalla fonte – o dallo sbocco – ed essendo idonee ad irrigare il

d

fondo dominante nel quale confluiscono, siano non soltanto visibili, ma

i
i

..

anche stabilmente destinate a soddisfare le esigenze idriche del secondo

I

(Cass. 14654 del 2007).

\J

Il requisito dell’apparenza, indispensabile ai sensi dell’articolo 1061 cod. civ.
per l’acquisto della servitù per usucapione, comporta, nell’ipotesi che le
opere visibili e permanenti necessarie all’esercizio della servitù stessa
ricadano esclusivamente sul fondo servente – come nella specie – al quale
servono o possono servire, la presenza di un segno di raccordo, non
necessariamente fisico, ma almeno funzionale, delle opere con il fondo
dominante in modo che risulti con chiarezza che quelle esistono anche in
funzione dell’utilità di questo (Cass. 21597 del 2007).
In tema di servitù prediali, la costituzione per destinazione del padre di
famiglia, che si determina non in virtù di una manifestazione di volontà
negoziale, ma per la presenza di opere visibili e permanenti destinate
all’esercizio della servitù e che siano rivelatrici dell’esistenza del peso
gravante sul fondo servente, richiede il concorso di più elementi costitutivi di
una complessa fattispecie, e cioè: a) l’esistenza di dué o più fondi
appartenenti allo stesso proprietario tra cui, con opere visibili, si sia
costituito un rapporto obiettivo di servizio tale da manifestare l’esistenza di
una servitù se i due fondi o le due parti del fondo appartengano poi a distinti
proprietari; b) la separazione dei due fondi o delle due parti del fondo per
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effetto di una atto di alienazione volontario. Pertanto, in presenza di tali
elementi e in mancanza, all’atto dell’alienazione, di una volontà contraria, la
servitù si intende stabilita “ope legis” e a titolo originario (Cass. 24849 del
2005).
1.3- Dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso risulta invece che
Bruna Petrelli ha costruito, dopo esser divenuta proprietaria di una porzione

dallo sbocco insistente sul fondo del fratello Antonio per raggiungere il suo

i

terreno e la sua abitazione e che ad essa si è successivamente innestato il
fratello Adolfo. Quindi correttamente i giudici di merito hanno escluso che l’
opera inizialmente costruita dal dante causa Domenico Petrelli per derivare
acqua dalla fonte ceduta al Comune, fosse idonea ad irrigare l’ intero
fondo, a tal fine essendo stato invece necessario che i donatari Bruna e
Adolfo costruissero una tubazione di raccordo con lo sbocco originario – e
rimasto poi sulla porzione donata ad Antonio Petrelli – per approviggionare i
loro rispettivi fondi, ed hanno conseguentemente ritenuto che l’ opera
idraulica originaria non fosse sufficiente a costituire servitù a favore delle
porzioni successivamente frazionate e dalla stessa non servite (Cass. 12197
del 1997).
Quindi correttamente i giudici specializzati hanno ritenuto che la cessione
del 1950 intervenuta tra Domenico Petrelli e il Comune con cui egli riservò
a sé o ai suoi aventi causa il diritto di derivazione per il suo fondo fosse
inidonea a costituire la servitù per destinazione del padre di famiglia dopo il
frazionamento di esso in quanto, da un lato l’ intenzione del padre, anche se
fosse interpretabile come preordinata, fin da allora, a conservare l’
approvvigionamento anche dopo la divisione del fondo, alla luce dei principi
suesposti, è irrilevante, se mancano opere visibili e permanenti di servizio a
favore di ogni parte di esso (per caduta diretta o attraverso una rete di
canali, o in altro modo); dalli altro vi è invece la prova che per derivare l’
acqua dallo sbocco rimasto nella porzione di terreno assegnata ad Antonio
Petrelli i suoi fratelli hanno dovuto costruire delle tubature di derivazione.

dell’ originario fondo del padre, una conduttura di adduzione dell’ acqua

/
,

:

..

Perciò nessuna violazione di legge o omesso esame di fatto decisivo o
contrasto logico è ravvisabile nella sentenza impugnata e il ricorso va
respinto.
La natura della controversia induce alla compensazione delle spese di
giudizio di cassazione.

115/2002 per il pagamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo,
pari al contributo unificato dovuto per l’ impugnazione.
P.Q.M.

Le Sezioni Unite rigettano il ricorso e compensano le spese del giudizio di
cassazione. Danno atto della sussistenza dei presupposti di cui ali’ art. 13,
comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002 per il pagamento da parte dei
soccombenti di un ulteriore importo, pari al contributo unificato dovuto per l’
impugnazione.
Così deciso in Roma il 6 ottobre 2015.

Sussistono i presupposti di cui all’ art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n.

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