Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2949 del 03/02/2017
Cassazione civile, sez. I, 03/02/2017, n. 2949
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11303/2012 proposto da:
CASSA DI RISPARMIO DI ORVIETO S.P.A. (C.F./P.I. (OMISSIS)), in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, LARGO TONIOLO 6, presso l’avvocato UMBERTO
MORERA, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
M.E.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 521/2011 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositata il 31/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/10/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato SCIUTO MAURIZIO, con delega, che
si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza depositata il 31 ottobre 2011 la Corte d’appello di Perugia, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto la domanda di risoluzione dell’ordine impartito da M.E. alla Cassa di Risparmio di Orvieto s.p.a., avente ad oggetto l’acquisto di titoli del debito pubblico argentino, confermando la condanna della Cassa al rimborso della somma investita, previa restituzione dei titoli oggetto dell’ordine.
2. La Corte territoriale ha ritenuto: a) che la violazione degli obblighi che gravano sull’intermediario nell’esecuzione del contratto quadro non comporta la risoluzione dei singoli negozi attraverso i quali viene ad esso data attuazione, ma, salva l’eventualità della risoluzione dello stesso contratto di intermediazione, l’obbligo di risarcire il danno arrecato; b) che la conclusione del Tribunale, secondo il quale la banca aveva omesso di informare – sia pure verbalmente – il M. degli specifici rischi che connotavano il titolo oggetto dell’ordine non era stata contrastata dalla banca appellante; c) che l’obbligo di informazione in relazione allo specifico ordine non era surrogato dall’informativa sui rischi connessi agli investimenti in prodotti finanziari; d) che la restituzione della somma investita e dei titoli argentini, realizzata dalle parti in spontanea esecuzione della sentenza di primo grado, poteva essere qualificata come risarcimento in forma specifica del danno subito dal M..
3. Avverso tale sentenza, la Cassa di Risparmio di Orvieto s.p.a. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si lamentano violazione o falsa applicazione degli artt. 1223 e 2697 c.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale trascurato di considerare che, in caso di inadempimento contrattuale, il risarcimento è dovuto solo con riguardo ai pregiudizi che siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento stesso, laddove, nel caso di specie, era mancata qualunque dimostrazione del nesso eziologico.
La doglianza è fondata.
L’art. 23, comma 6, t.u.f., concerne, infatti, unicamente l’onere della prova della diligenza adoperata dall’intermediario nel fornire la propria prestazione, ma non incide sugli altri elementi costitutivi della pretesa risarcitoria.
In tal senso, del resto, si è già espressa la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, in tema d’intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri d’informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d’investimento finanziari, può dar luogo a responsabilità contrattuale, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d’investimento o disinvestimento, con la conseguenza che è sufficiente che l’investitore alleghi da parte dell’intermediario l’inadempimento delle obbligazioni poste a suo carico dall’art. 21 del t.u.f., come integrato dalla normativa secondaria, e che provi che il pregiudizio lamentato consegua a siffatto inadempimento; l’intermediario ha invece l’onere di provare d’aver rispettato i dettami di legge e di avere agito con la specifica diligenza richiesta (per tali principi, v. Cass. 19 gennaio 2016, n. 810; 6 marzo 2015, n. 4620; 29 ottobre 2010, n. 22147; 17 febbraio 2009, n. 3773).
La questione, pur specificamente dedotta nell’atto di appello, sia con riferimento al tempo intercorso tra la negoziazione dei titoli e il default dell’Argentina, sia con riguardo al rapporto tra il capitale mobiliare investito anche in azioni (dunque a rischio) e importo dei bond controversi, non è stata affrontata dalla Corte territoriale, se non ipotizzando erroneamente un automatismo tra inadempimento dell’intermediario e obbligo di risarcire il danno.
2. L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento dei restanti due motivi che investono rispettivamente la possibilità di disporre la reintegrazione in forma specifica, in assenza di domanda della parte, e la dimostrazione dell’effettiva entità del danno sofferto.
3. In conseguenza, in relazione al disposto accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese.
PQM
Accoglie il primo motivo, assorbiti i restanti due, e rinvia alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese.
Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2017