Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29487 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. I, 23/12/2020, (ud. 12/11/2020, dep. 23/12/2020), n.29487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10854/2019 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Barnaba

Tortolini 30, presso lo studio dell’avvocato Placidi Alfredo, e

rappresentato e difeso dall’avvocato Zorzella Nazzarena;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2475/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 08/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/11/2020 da Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 2475/2018, depositata in data 8/10/2018, ha accolto l’impugnazione del Ministero dell’Interno avverso la decisione di primo grado che aveva accolto la richiesta di C.M., cittadino del (OMISSIS), di riconoscimento, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, della protezione umanitaria, respinte le altre richieste, inerenti alle c.d. protezioni maggiori (status di rifugiato e protezione sussidiaria).

In particolare, i giudici d’appello hanno respinto l’eccezione, sollevata dall’appellato, in rito, di inammissibilità del gravame del Ministero per genericità, rilevando che nei motivi di appello erano evidenziate le ragioni di critica della sentenza del Tribunale; quindi i giudici della Corte di merito hanno ritenuto generico e stereotipato il racconto del richiedente (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, per sfuggire alle minacce di morte da parte di un uomo, che, in una prima versione dei fatti, aveva avviato con la moglie del richiedente una relazione sentimentale e che, per motivi non palesati, lo aveva, una volta, accoltellato; in una diversa versione successivamente fornita dallo straniero, l’uomo lo avrebbe accoltellato, perchè invaghitosi della moglie del richiedente protezione); l’inverosimiglianza del racconto del richiedente rendeva incerta la stessa Regione di provenienza dell’interessato ed era ostativa all’accoglimento anche della richiesta di protezione umanitaria e doveva respingersi anche l’appello incidentale del richiedente (in punto di richiesta di protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b)).

Avverso la suddetta pronuncia, C.M. propone ricorso per cassazione, notificato l’8/4/2019, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che non svolge difese).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, degli artt. 132 e 342 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., per motivazione apparente sul rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello del Ministero dell’Interno; 2) con il secondo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 101 c.p.c., art. 2907 c.c., artt. 24 e 111 Cost.” per avere la Corte di merito, in punto di credibilità, del richiedente, introdotto ex officio elementi di non attendibilità mai apparsi prima nel giudizio e non sollevati dal Ministero appellante, attesa la genericità dell’atto di appello, con lesione del contraddittorio e del diritto di difesa; 3) con il terzo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis, per avere la Corte d’appello ritenuto non credibili le dichiarazioni del richiedente, sulla base di criteri non legali e di errori su fatti decisivi (essendo (OMISSIS) un villaggio del comune rurale di (OMISSIS)); 4) con il quarto motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) per avere la Corte di merito erroneamente motivato l’accoglimento del gravame, generico, del Ministero in punto di protezione umanitaria, senza motivare sul rigetto del gravame incidentale del richiedente (in punto di rigetto della richiesta di protezione sussidiaria).

2. La prima censura è infondata.

Le Sezioni Unite di questa Corte in punto di specificità dell’appello, hanno chiarito (Cass. 27199/2017) che ” gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, con v. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata”.

Ora, nella specie, la Corte d’appello ha rilevato che il gravame del Ministero dell’Interno era sufficientemente specifico, essendosi contestata la valutazione del Tribunale in punto di coerenza della vicenda narrata dal richiedente, stante la genericità e la mancanza di circostanze descrittive specifiche, nonchè l’insussistenza dei requisiti per la protezione umanitaria.

Le Sezioni Unite di questa Corte, in un recente arresto (Cass. 22232/2016), hanno precisato che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”.

La sentenza impugnata non è affetta da motivazione del tutto illogica, incoerente e quindi apparente.

3. IL secondo motivo è del pari infondato, atteso che, ferma la corretta valutazione di sufficiente specificità del gravame, per l’effetto devolutivo dell’appello la Corte distrettale era investita del nuovo vaglio dei presupposti della chiesta protezione umanitaria e quindi in primis della credibilità del racconto del richiedente, quale risultante dalle dichiarazioni rese dinanzi alla Commissione territoriale ed al Tribunale.

4. Il terzo motivo è infondato.

Quanto alla lamentata violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art 3 il disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. b), (esame su base individuale della dichiarazione e della documentazione presentate dal richiedente) non può essere inteso nel senso di imporre l’analitica valutazione di ciascun documento prodotto al giudicante, il quale, al contrario, è tenuto a enunciare le ragioni del proprio convincimento senza tuttavia dover passare in rassegna ciascuna delle prove offerte dal richiedente asilo ed effettuare una precisa esposizione di tutte le singole fonti di prova e del loro specifico peso probatorio; la stessa norma, al comma 5, detta i criteri di procedimentalizzazione legale della decisione in merito alla valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente, ma non prescrive una valutazione, separata e prioritaria, dei documenti prodotti dal migrante; al contrario, il giudicante è tenuto a un apprezzamento globale della congerie istruttoria raccolta, cosicchè anche in questa materia la scelta degli elementi probatori e la valutazione di essi rientrano nella sfera di discrezionalità del giudice di merito, il quale non è obbligato a confutare dettagliatamente le singole argomentazioni svolte dalle parti su ciascuna delle risultanze probatorie ma deve soltanto fornire un’esauriente e convincente motivazione sulla base degli elementi ritenuti più attendibili e pertinenti; nel caso di specie, il giudice di merito, facendo corretta applicazione dei principi sopra enunciati, ha ritenuto che i molteplici aspetti di genericità e contraddittorietà delle dichiarazioni del migrante pregiudicassero l’accoglimento della domanda di protezione internazionale presentata e, in questo modo, ha attribuito alla inverosimiglianza del racconto carattere determinante.

Quanto alla violazione del dovere di cooperazione istruttoria del giudice, vero che nella materia in oggetto il giudice abbia il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti, compiendo un’attività istruttoria ufficiosa, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti (Cass. 13 dicembre 2016, n. 25534); ma la Corte di merito ha attivato il potere di indagine nel senso indicato.

Inoltre, si è ulteriormente chiarito (Cass. 27593/2018) che “in tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a) essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati”, cosicchè “la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (cfr. anche (Cass. 27503/2018 e Cass. 29358/2018).

In sostanza, l’attenuazione del principio dispositivo in cui la cooperazione istruttoria consiste si colloca non sul versante dell’allegazione, ma esclusivamente su quello della prova, dovendo, anzi, l’allegazione essere adeguatamente circostanziata, cosicchè solo quando colui che richieda il riconoscimento della protezione internazionale abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino i fenomeni tali da giustificare l’accoglimento della domanda (Cass. 17069/2018).

Sempre in tema (Cass. 29358/2018), una volta assolto l’onere di allegazione, il dovere del giudice di cooperazione istruttoria, e quindi di acquisizione officiosa degli elementi istruttori necessari, è circoscritto alla verifica della situazione oggettiva del paese di origine e non alle individuali condizioni del soggetto richiedente.

Anche di recente (Cass. 11925/2020), si è comunque affermato che “la valutazione di affidabilità del richiedente è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici, indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di quelli generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare circa la veridicità delle dichiarazioni rese; sicchè, il giudice è tenuto a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, i cui esiti in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Nella specie, tutti gli aspetti significativi della vicenda narrata dal richiedente sono stati esaminati e si è proceduto quindi ad un approfondimento istruttorio, riformandosi, motivatamente, il giudizio di attendibilità già espresso in primo grado (e non soltanto sul fatto che il villaggio di (OMISSIS), di asserita provenienza del richiedente, si trovasse o meno nella regione di (OMISSIS) in (OMISSIS), essendosi evidenziate anche le differenti versioni dei fatti fornite e la mancanza di riscontri sull’asserito ricovero ospedalierio a (OMISSIS)).

5. Anche il quarto motivo è infondato.

Ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria è evidente che l’attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolge un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, la situazione oggettiva del paese d’origine deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente, la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi (Cass. 4455/2018).

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali non ha ritenuto attendibile la narrazione dei fatti operata dal richiedente, rilevando una totale genericità per mancanza di ogni riferimento a circostanze spazio-temporali, anche circa la provenienza dalla zona del (OMISSIS).

A fronte del giudizio di non credibilità sulla narrazione dei fatti e dell’oggettiva incertezza della stessa regione di provenienza del richiedente, sono stati ritenuti insussistenti i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a), b) e c) ed è stato respinto anche l’appello incidentale del richiedente.

6. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

PQM

La Corte respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

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