Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29483 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 15/11/2018, (ud. 27/09/2018, dep. 15/11/2018), n.29483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4670-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. MORDINI

14, presso lo studio dell’avvocato SIMONA NAPOLITANI, rappresentato

e difeso dall’avvocato MONICA BOTTINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2572/17/2016 della COMMSSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il

04/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con la sentenza impugnata la CTR Sicilia, in accoglimento dell’appello proposto da B.G., ha riformato la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente avverso il diniego tacito dell’amministrazione finanziaria al rimborso della quota pari al 90% delle imposte IRPEF ed ILOR relative a redditi di lavoro autonomo versate per gli anni 1990, 1991 e 1992, da quello richiesto in quanto residente in una delle province colpite degli eventi sismici del dicembre 1990, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17. La CTR ha ritenuto spettante il chiesto rimborso.

Per la cassazione della sentenza d’appello ricorre con due motivi l’Agenzia delle entrate. L’intimato non si è costituito.

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia deduce la violazione della L. n. 289 del 2000, art. 9, comma 17, della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che la CTR avrebbe errato a riconoscere al contribuente il diritto al rimborso delle imposte pur in presenza di attività di impresa.

Il motivo è fondato.

Come già ritenuto da questa Sezione (Cass. n. 29905 del 2017 e n. 3070 del 2018 “la nozione eurounitaria d’impresa include qualsiasi entità che eserciti un’attività economica a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento, laddove costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (Corte giustizia: 23/04/1991, Hofner & Elser; 16/11/1995, Federation francaise des societes d’assurances; 11/12/1997, Job Centre; 16/06/1987, Commissione vs. Italia; 01/07/2008, Motoe; 26/03/2009, Selex Sistemi Integrati)”; che ciò “si raccorda sia con la normativa fiscale europea, laddove si stabilisce che è soggetto passivo d’imposta sul valore aggiunto “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività” (art. 9, p.1, Direttiva UE, n. 2006/112/CE; conf. art. 4, Direttiva UE, n. 77/388/CE), sia con la normativa europea sugli appalti pubblici, laddove si stabilisce che “i termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti e servizi” (art. 1, p.8, Direttiva UE, n. 2004/18/CE)”; che tale nozione è stata recepita dalla decisione del 14/08/2015, C(2015) 5549 final, p. 134, della Commissione UE, là dove si afferma che i “soggetti che non svolgono attività economica (…) non vanno considerati come imprese””; e che “ciò significa che non importa neppure che l’attività economica possa essere una libera professione regolamentata e che le prestazioni possano essere intellettuali, tecniche o specialistiche (v. Commissione UE, 30/01/1995, n. 95/188/CE; conf. Corte giustizia, 23/04/1991, Hoefner e 18/06/1998, Commissione vs. Italia)”.

Va pertanto considerata attività d’impresa anche quella svolta da soggetti esercenti attività di lavoro autonomo.

Va poi ribadito, in linea con i precedenti resi da questa Sezione sul medesimo argomento, che lo svolgimento di un’attività di impresa costituisce limite all’applicabilità del beneficio in esame, previsto della L. n. 190 del 2014, art. 1,comma 665, prima parte, posto che il diritto al rimborso delle imposte versate per il triennio 1990-1992 in misura superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, in favore dei “soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi del O.M., art. 3, per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990” è espressamente escluso per “quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea”, atteso che la Corte di giustizia nella sentenza del 17/07/2008, in causa C-132/06, aveva già rilevato l’incompatibilità delle disposizioni condonistiche di cui alla L. n. 289 del 2002 con il sistema comune dell’IVA, in quanto, introducendo rilevanti differenze di trattamento tra i soggetti passivi sul territorio italiano, alteravano il principio di neutralità fiscale.

Peraltro, anche con riferimento al beneficio di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, prima parte, la Commissione UE, con la decisione sopra richiamata (impugnata da una società siciliana dinanzi al Tribunale di primo grado UE, che l’ha confermata con sentenza del 26 gennaio 2018 e che, pertanto, è vincolante per il giudice nazionale, che deve darvi attuazione anche attraverso la disapplicazione delle norme interne con essa contrastante – Cass. n. 15354 del 2014 e n. 22377 del 2017), all’art. 1 ha stabilito, in via generale, che “Le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni; (…) e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sono incompatibili con il mercato interno”, salvo che si tratti di “aiuto individuale” che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal Reg. (CE) n. 1407 del 2013 o dal Reg. (CE) n. 717 del 2014”, ovvero dei Reg. che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (art. 2 della decisione) o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal Reg. adottato in applicazione dell’art. 1 del Reg. (CE) n. 994 del 1998” (del 7 maggio 1998, sull’applicazione degli artt. 92 e 93 (ora 87 e 88) del trattato che istituisce la Comunità europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali) “o da ogni altro regime di aiuti approvato”, ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (art. 3).

E’ stata poi la stessa Commissione UE ad aggiungere che “una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perchè il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perchè il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione)” (p. 134 della “decisione”). In definitiva, risulta chiaro che in caso di svolgimento di un’attività economica (commerciale o professionale che sia) da parte del contribuente (assoggettato a imposizione sulle attività produttive), il giudice di merito è tenuto a verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (artt. 2 e 3 dec. cit.), “tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1 TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza” (Cass., n. 22377/2017, cit.; conf. n. 29905/2017, cit.). In difetto, il giudice di merito deve valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la ridetta decisione della Commissione UE, fanno ritenere – comunque compatibili gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107, par. 2, lett. b) TFUE, ovvero che si tratti di “aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale” (p. 150, lett. b), dec. cit.), sempre che sussista “un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame” (p. 136 dec. cit.); il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovra-compensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o da altre misure di aiuto (p. 148 dec. cit.); inoltre, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. sez. lav., 09/06/2017, n. 14465)”.

Questa Corte ha ancora precisato, nei precedenti appena evocati, che la prova delle suddette circostanze è a carico del soggetto che invoca il beneficio, ma, in sintonia con quanto affermato da Cass. n. 22377 del 2017, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla vincolante decisione della Commissione UE (sopravvenuta nel corso del giudizio di appello) e la sua diretta incidenza sulla decisione della lite, nel determinare la cassazione della sentenza delle commissione regionale, consentono alle parti l’esibizione, in sede di rinvio, di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica (cfr. in tal senso già Cass. n. 5224 del 1998, cit.).

Alla stregua di tali considerazioni, il motivo di ricorso va accolto, non essendosi la CTR uniformata ai superiori principi.

Il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9,comma 17, artt. 11 e 14 preleggi, della L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3 e art. 2033 c.c., è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte si è ormai consolidata nel senso che in tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9,comma 17, a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, essa può avvenire con due modalità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10 per cento del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90 per cento di quanto versato al medesimo titolo. Ciò per effetto dell’intervento normativo citato, cui va riconosciuto il carattere di “ius superveniens” favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto “ex post” – Cass. n. 9577/2012 -. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, disatteso il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR Sicilia cui è demandato di procedere a nuovo esame in conformità ai superiori principi di diritto, alla decisione della Commissione UE del 14/08/2015 ed alle indicazioni della Corte di giustizia del 15/07/2015, nonchè di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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