Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29478 del 28/12/2011

Cassazione civile sez. III, 28/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 28/12/2011), n.29478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 8447-2010 proposto da:

R.A., P.A., R.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA RASELLA 155, presso lo studio

dell’Avvocato CUSUMANO DARIO, rappresentati e difesi dall’Avvocato

ROCHIRA COSIMO, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA LAURA MANTEGAZZA 24, presso lo studio del Dott. GARDIN M.,

rappresentato e difeso dall’Avvocato SERGI ANTONIO, giusta procura

speciale in calce al controricorso; ALLIANZ S.P.A. (già RIUNIONE

ADRIATICA DI SICURTA’ S.P.A.) (OMISSIS) nella qualità di impresa

designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, in

persona del procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PANAMA 88, presso lo studio dell’Avvocato SPADAFORA GIORGIO, che la

rappresenta e difende, giusta mandato speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

contro

C.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 52/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE del

29/12/2008, depositata il 05/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’/12/2011 dal Presidente Relatore Dott. MARIO FINOCCHIARO;

udito l’Avvocato PANARITI BENITO (per delega dell’Avvocato SPADAFORA

GIORGIO) difensore della controricorrente ALLIANZ S.P.A., che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che

ha aderito alla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza 29 dicembre 2008 – 5 febbraio 2009 la Corte di appello di Lecce, pronunciando sull’appello proposto da C. D. nei confronti di M.G. nonchè della Ras – Riunione Adriatica di Sicurtà s.p.a., di R.F. e di P.A., in proprio nonchè quali rappresentanti del figlio S., nonchè sugli appelli incidentali del M. e della RAS s.p.a. avverso la sentenza n. 67/2003 del tribunale di Lecce, in parziale accoglimento dell’appello principale nonchè di quelli incidentali ha dichiarato che il sinistro verificatosi il (OMISSIS) è imputabile, nella misura dell’80% a colpa di M.G. e, per l’effetto, ha condannato il M., il C. e la RAS s.p.a., quale impresa designata per la gestione dei sinistri del fondo di garanzia per le vittime della strada, al pagamento dell’80% della somma già determinata dal tribunale a titolo di risarcimento danni, oltre rivalutazione monetaria a decorrere dal 22 settembre 1993 sino all’effettivo soddisfo, con diritto della RAS di ripetere eventuali maggiori somme già corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado.

Per la cassazione di tale ultima sentenza, non notificata, hanno proposto ricorso, con atto 18 marzo 2010 e date successive R. F., P.A. e R.A., affidato a due motivi.

Resistono, con distinti controricorsi, la Allianz s.p.a. che ha presentato, altresì, memoria, nonchè M.G..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede C.D..

In margine a tale ricorso – proposto contro una sentenza pubblicata successivamente al 2 marzo 2006, ma anteriormente al 4 luglio 2009 e, quindi, soggetto alla disciplina del processo di Cassazione così come risultante per effetto dello modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (cfr. D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, artt. 6 e 27, e L. 18 giugno 2009, n. 69, artt. 47 e 58) – è stata depositata relazione (ai sensi dell’art. 380-bis) perchè il ricorso sia deciso in camera di consiglio .

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. La relazione depositata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., precisa, nella parte motiva:

2. I ricorrenti censurano la sentenza impugnata denunziando, nell’ordine:

– da un lato, la ricostruzione della dinamica del sinistro così come operata dal giudice di appello e l’accertamento delle relative responsabilità in ordine al suo verificarsi, violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Il motivo si conclude con la seguente proposizione:

la motivazione riportata dalla corte di appello che sostiene di avere valutato corrette le valutazioni del ctu civile e delle due sentenze penali di 1 e 2 grado, ovviamente fondate sulle medesime ed incontestabili fonti di prova (v. perizia penale) appare inverosimile, insufficiente e palesemente contraddittoria, non spiegando come si possa essere giunti con l’impugnata sentenza a conclusioni del tutto diverse rispetto alle tre precedenti decisioni;

– dall’altro, denunzia l’omessa considerazione, da parte dei giudici di appello, dell’art. 143 C.d.S., comma 1, e art. 141 C.d.S., comma 2 e art. 4 C.d.S., violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 3.

3. Premesso che il ricorso è soggetto alla disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e si presta a essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c. nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009, osserva il relatore che il ricorso pare inammissibile perchè proposto senza l’osservanza, da un lato, dell’art. 366 c.p.c., n. 6, dall’altro, dell’art. 366-bis c.p.c. applicabile a esso nonostante l’abrogazione intervenuta con decorrenza dal 4 luglio 2009 per effetto della L. n. 69 del 2009, art. 47, atteso che l’art. 58, comma 5, di quest’ultima ha disposto che la norma abrogata rimanesse ultrattiva per i ricorsi notificati dopo quella data, avverso provvedimenti pubblicati anteriormente (tra le tantissime in tale senso: Cass. 27 luglio 2011, n. 16424, specie in motivazione; Cass. 27 settembre 2010, n. 20323; Cass. 24 marzo 2010, n. 7119; Cass. 15 marzo 2010, n. 6212).

5. In particolare si osserva – in primis – che il novellato art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, oltre a richiedere la specifica indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto.

Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche esso sia prodotto in sede di legittimità.

In altri termini il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi della omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto.

Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento.

La violazione anche di uno solo di tali oneri rende il ricorso inammissibile (Tra le tantissime, cfr., da ultimo, Cass. 31 agosto 2011, n. 17952).

6. Contemporaneamente deve ribadirsi che giusta la testuale previsione dell’art. 366-bis c.p.c. in particolare: nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità con formulazione di un quesito diritto. Nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5 l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

5. Pacifico quanto precede a prescindere da ogni altra considerazione, tra l’altro quanto alla insindacabilità, in sede di legittimità della ricostruzione della dinamica dei sinistri stradali come compiuta dal giudice del merito, cfr. Cass. 14 luglio 2003, n. 11007; Cass. 10 luglio 2003, n. 10880; Cass. 5 aprile 2003, n. 5375;

Cass. 11 novembre 2002, n. 15809 osserva il relatore che parte ricorrente, fonda, specie il primo motivo di ricorso, su una serie di documenti (consulenze, deposizioni testimoniali, sentenze penali ecc. ecc.) di cui non indica, puntualmente, la avvenuta produzione, nè precisa in quale occasione questa sarebbe avvenuta nè, ancora, ove tale documentazione sarebbe in tesi reperibile ed è palese – già sotto tale aspetto – la inammissibilità della censura.

6. Come accennato sopra nel vigore dell’art. 366-bis c.p.c. in caso di vizio di motivazione la illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

La relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua aramissibi1ita (tra le tantissime, da ultimo, in termini, Cass. 31 agosto 2011, specie in motivazione).

Certo quanto sopra deve escludersi che l’espressione, assolutamente generica e apodittica, che conclude il primo motivo e con il quale si esprimono senza alcuna specificazione (cioè senza la chiara indicazione dei singoli fatti controversi in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione) generiche critiche al ragionamento dei giudici di appello, risponda al precetto di cui all’art. 366-bis c.p.c., seconda parte.

7. Quanto al secondo motivo lo stesso è assolutamente privo del quesito di diritto imposto, a pena di inammissibilità, dal più volte citato art. 366-bis c.p.c. e la circostanza lo rende, palesemente, a parere di questo relatore, inammissibile.

3. Ritiene il Collegio di dovere fare proprio quanto esposto nella sopra trascritta relazione, specie tenuto presente che i ricorrenti non hanno in alcun modo replicato alla sopra trascritta relazione e che le osservazioni sviluppate nella relazione stessa trovano conforto in una pressochè consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice.

Il proposto ricorso, conclusivamente, deve essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità in favore dei contro ricorrenti, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.500,00 di cui Euro 2.300,00 per onorar e oltre spese generali e accessori come per legge in favore di M.G. e in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge in favore della Allianz s.p.a., già Riunione di Sicurtà s.p.a. nella qualità di impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della strada.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2011

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