Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29476 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. II, 13/11/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 13/11/2019), n.29476

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26457/2015 proposto da:

L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA GINO GIUNTI;

– ricorrente –

contro

PRESIDENTE della REGIONE VALLE D’AOSTA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 518/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 01/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/06/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Aosta, con la sentenza n. 110 del 2013, aveva rigettato l’opposizione proposta da L.S. avverso l’ordinanza-ingiunzione del Presidente della Regione Valle d’Aosta-Vallèè d’Aoste del 4 ottobre 2012, che contestava la violazione della L.R. n. 64 del 1994, art. 24 e art. 46, comma 1, lett. f), e irrogava la sanzione di Euro 2.618,00.

2. La Corte d’appello di Torino, con sentenza resa pubblica il 1 aprile 2015, ha confermato il rigetto dell’opposizione, accogliendo il motivo di appello relativo alla statuizione sulle spese.

2.1. Dopo aver rilevato che l’appello per larga parte si limitava a riproporre questioni già disattese dal Tribunale, con conseguente relativa inammissibilità per carenza di specificità, la Corte territoriale ha confermato la tempestività della contestazione e la sussistenza dell’illecito contestato. In sede di controllo era emerso che il L., titolare a far tempo dal 29 ottobre 2003 di autorizzazione per allevare e detenere avifauna appartenente alle specie indicate nella stessa autorizzazione, deteneva esemplari di altre specie; che, inoltre, non aveva ottemperato agli obblighi di comunicazione previsti dalla Delib. Giunta Regionale 30 settembre 2002, n. 3548 e indicati nel provvedimento di autorizzazione; che aveva svolto attività commerciale.

2.2. Richiamata anche la sentenza del Tribunale amministrativo regionale, di rigetto dell’impugnazione proposta dal L. avverso il provvedimento di revoca dell’autorizzazione, la Corte d’appello ha ritenuto priva di fondamento la tesi difensiva del silenzio-assenso che si sarebbe formato sulla domanda del L. finalizzata ad ampliare l’oggetto dell’autorizzazione rilasciatagli nel 2003, in riferimento sia alle specie di avifauna detenute sia all’esercizio di attività commerciale.

2.3. Priva di rilievo è stata ritenuta l’eccezione di incompetenza della Giunta regionale a disciplinare le modalità di applicazione del contrassegno agli esemplari detenuti, e la conseguente illegittimità degli obblighi derivanti dalla Delib. Giunta n. 3548 del 2002. La Corte territoriale ha evidenziato che le prescrizioni violate erano specificamente richiamate nell’autorizzazione rilasciata all’appellante e che tale provvedimento, non impugnato nella sede propria, non poteva essere disapplicato dal giudice ordinario.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre Salvatore L., sulla base di cinque motivi. Non ha svolto difese in questa sede la Regione Valle d’Aosta-Vallèè d’Aoste.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 e art. 115 c.p.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo, e si contesta la decisione sull’eccezione di tardività della notificazione dei verbali di accertamento, riproposta in appello e rigettata dalla Corte territoriale senza dare atto della mancata contestazione da parte dell’Amministrazione.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione ed erronea applicazione della L.R. n. 19 del 2007, artt. 23 e 44, L.R. n. 18 del 1999, art. 28, L. n. 241 del 1990, art. 20, L.R. n. 64 del 1994, art. 24, art. 11 preleggi. Si assume che la Corte d’appello non avrebbe considerato che il L. era titolare dell’autorizzazione ad allevare esemplari appartenenti all’avifauna Europea, come da domanda in data 14 luglio 2006, sulla quale si era formato il silenzio-assenso. Tale provvedimento era maturato in epoca antecedente all’entrata in vigore della L.R. n. 19 del 2007, art. 23, che aveva sancito l’inapplicabilità del silenzio-assenso al rilascio di provvedimenti riguardanti talune materie, tra cui l’ambiente.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione della L. n. 689 del 1981, art. 1, della L.R. n. 64 del 1994 e si lamenta l’illegittimità degli obblighi indicati nell’autorizzazione – in particolare, la comunicazione degli esemplari presenti nell’allevamento al 31 dicembre di ogni anno, e la restituzione degli anelli degli esemplari deceduti – in quanto imposti da fonte secondaria, la Delib. Giunta Regionale n. 3548 del 2001.

4. Con il quarto motivo è denunciata violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6,artt. 115 e 116 c.p.c., L. n. 689 del 1981, art. 1,L. n. 157 del 1992, art. 2 e della L.R. n. 64 del 1994, nonchè omesso esame di un fatto decisivo. Il ricorrente contesta che la Corte d’appello, come già il Tribunale, non aveva considerato che gli esemplari presenti nell’allevamento erano di seconda o terza generazione, riprodotti in cattività, e che pertanto non soggiacevano ad alcun regime autorizzatorio. In ogni caso, l’onere di dimostrare che si trattasse di fauna selvatica non destinata a fini commerciali incombeva sull’Amministrazione,

5. Con il quinto motivo è denunciata violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6,artt. 115 e 116 c.p.c., L. n. 689 del 1981, artt. 1 e 8, L. n. 157 del 1992, art. 2 e della L.R. n. 64 del 1994, nonchè omesso esame di un fatto decisivo. Il ricorrente contesta che la comunicazione degli esemplari detenuti dovesse essere effettuata entro il 31 dicembre di ogni anno, e così per la restituzione degli anelli degli esemplari deceduti, tanto più che non vi era prova della presenza di esemplari nel periodo tra il 1 ed il 31 dicembre. In ogni caso, avrebbe dovuto essere applicata la previsione contenuta nella L. n. 689 del 1981, art. 8, comma 1.

6. I motivi sono tutti privi di fondamento.

6.1. La Corte d’appello ha confermato la tempestività della notificazione degli atti di contestazione (in data 6 novembre 2007), facendo applicazione del principio consolidato secondo cui il termine di decadenza previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14, decorre dal momento dell’accertamento della violazione, e cioè dal momento nel quale l’Amministrazione ha completato l’attività intesa a verificare la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi della violazione (ex plurimis, Cass. 13/12/2011, n. 26734; Cass. 01/04/2009, n. 7951).

La valutazione in concreto della congruità del tempo utilizzato per l’accertamento, in relazione alla maggiore o minore difficoltà del caso, spetta al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se è correttamente motivata, come nel caso in esame, nel quale la Corte d’appello ha evidenziato che l’indagine, seguita all’ispezione del 3 aprile 2007, si era conclusa in data 10 settembre 2007, dopo che i verbalizzanti avevano esaminato la documentazione riguardante il procedimento penale promosso a carico del L. a seguito del sequestro degli esemplari di avifauna selvatica rinvenuti presso l’allevamento.

6.2. Il secondo motivo, che pone la questione dell’esistenza di una seconda autorizzazione alla detenzione e allevamento di avifauna, come da istanza presentata in data 14 luglio 2006, sulla quale si sarebbe formato il silenzio-assenso, è inammissibile per difetto di decisività.

Il ricorrente contesta l’applicabilità ratione temporis della L.R. n. 19 del 2007, art. 23, che vieta la formazione del silenzio-accoglimento nei procedimenti riguardanti la materia ambientale, ma ciò non comporta automaticamente che si sia formato il silenzio-accoglimento sulla richiesta di autorizzazione in oggetto, essendo necessario che l’istanza fosse quanto meno ricevibile dall’amministrazione destinataria. Al contrario, dal ricorso (pag. 2 e ss.) si apprende che la domanda presentata dal L. all’Ufficio Forestale in data 24 luglio 2006 aveva ad oggetto la “trasformazione” dell’attività da allevamento amatoriale ad attività commerciale, ciò che non era autorizzabile nei termini indicati, quale che fosse al tempo la disciplina regionale in tema di silenzio-accoglimento.

6.3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile per l’intrinseca contraddittorietà delle argomentazioni del L. in ordine alla legittimità della Delib. Giunta Regionale n. 3548 del 2002, contraddittorietà già rilevata dalla Corte d’appello, neppure specificamente censurata in questa sede.

6.4. Il quarto motivo è inammissibile in quanto introduce questioni prive di rilevanza.

La Corte d’appello ha evidenziato che gli esemplari reperiti nell’allevamento erano di specie diverse da quelle indicate nell’autorizzazione del 29 ottobre 2003, il che significa che il L. non aveva titolo per detenere quegli esemplari. A fronte di tale rilievo, non riveste alcun significato il fatto che taluni esemplari fossero, in assunto del ricorrente, di seconda generazione.

6.5. Il quinto motivo è infondato.

Come già chiarito dalla Corte d’appello, la comunicazione degli esemplari presenti nell’allevamento doveva essere fornita con cadenza annuale, nel mese di dicembre, con la conseguenza che ciascuna delle omissioni ha dato luogo ad una autonoma violazione, e ciò rendeva inapplicabile la L. n. 689 del 1981, art. 8, comma 1.

7. Al rigetto del ricorso non fa seguito pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’amministrazione regionale. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2019

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