Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29475 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. I, 23/12/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 23/12/2020), n.29475

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17477/2019 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Roma presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Daniela

Gasparin;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza n. 5526/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata l’11/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

7/10/2020 dal cons. Dott. MARULLI MARCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.A., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Milano, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ha respinto il gravame del medesimo avverso il diniego in primo grado delle misure di protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3,4,5,6 e 7, al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 27 e agli artt. 2 e 3 CEDU, nonchè omesso esame di fatti decisivi e assenza di motivazione e violazione dei parametri normativi relativi agli atti di persecuzione e minacce subite nel proprio Paese di origine, avendo il decidente disatteso la domanda di rifugio sulla base della considerazione che il ricorrente sarebbe un migrante economico, senza in tal modo procedere al vaglio degli elementi di cognizione versati in atti, valutare il rischio di essere esposto ad un danno grave in caso di rientro a causa delle persecuzioni dei creditori paterni ed esaminare la situazione di grave compromissione dei diritti umani nel paese di origine; 2) della violazione dei parametri normativi relativi alla credibilità delle dichiarazioni del richiedente fissati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. e), della in violazione degli obblighi di cooperazione istruttoria incombenti sull’autorità giurisdizionale, dell’omesso esame di fatti decisivi, della violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e 14, al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 e agli artt. 2 e 3 CEDU, della violazione dei parametri normativi per la definizione di un danno grave, della violazione di legge in riferimento agli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e all’art. 46 della direttiva Europea n. 2013/32, avendo il decidente denegato l’accesso alle misure reclamate sulla base della non credibilità del ricorrente divisata senza attenersi ai parametri legali di valutazione e senza procedere ai necessari accertamenti ufficiosi segnatamente in ordine al rispetto dei diritti umani; 3) della violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, art. 19, comma 2 e art. 10, comma 3, del vizio di motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità, dell’omesso esame di fatti decisivi circa della sussistenza dei requisiti di quest’ultima, della violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4, 7,14,16 e 17 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, art. 10 e art. 32 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e dell’art. 10 Cost., dell’omesso esame di un fatto decisivo in relazione ai presupposti della protezione umanitaria, della mancanza o quantomeno dell’apparenza della motivazione e della nullità della sentenza per violazione di varie disposizioni, avendo il decidente disatteso il riconoscimento della protezione umanitaria in ragione dell’indimostrata sussistenza di fattori di vulnerabilità, senza però procedere agli accertamenti istruttori doverosi in relazione alla situazione interna del paese di provenienza che avrebbero fatto emergere la persistente violazione dei diritti umani fondamentali.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c. ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. I primi due motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente in quanto illustranti il medesimo tema decisionale, sono ambedue inammissibili in quanto prospettano ragioni di lagnanza eccentriche rispetto al decisum, atteso che il giudice d’appello ha escluso la sussistenza delle condizioni per dar luogo alla concessione delle misure richieste ritenendo, sulla scorta degli elementi di giudizio offerti in cognizione dallo stesso ricorrente, che costui rivesta la qualità di migrante economico e, meglio, che “le vicende esposte in relazione agli eventi che hanno indotto il sig. A. a lasciare il proprio Paese hanno, infatti, natura prettamente economica (come d’altronde esplicitato dallo stesso in sede di interrogatorio libero dinanzi al giudice di prime cure) e pertanto non possono giustificare la concessione dello status di rifugiato”.

Ne discende che, interloquendo su un terreno in cui si postula la riconducibilità della vicenda umana del ricorrente al teatro della protezione internazionale, gli argomenti ricorrenti prescindono dal giudizio espresso dal decidente, quantunque non se ne nasconda affatto il contenuto, e si espongono come tali all’ineludibile rilievo della loro inammissibilità. E ciò non senza pure aggiungere per quel che di questo giudizio attiene alla mancanza di credibilità del ricorrente – aspetto per vero inconferente una volta che si sia ritenuto il ricorrente migrante economico – che il punto non è controvertibile in questa sede trattandosi di tipica valutazione di merito.

3. Il terzo motivo di ricorso è anch’esso inammissibile.

E’ una perorazione senza successo di considerazioni generiche e formulate senza alcun riferimento al caso concreto, che in quanto tali non evidenziano obiettivi fattori di vulnerabilità, la cui rilevanza sia apprezzabile nel quadro del giudizio comparativo presupposto, anche secondo la lezione delle SS.UU. (Cass., Sez. U, 13/11/2019, n. 29459), per la concessione della misura.

4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

5. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria e doppio contributo.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

 

 

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