Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29473 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. II, 13/11/2019, (ud. 11/06/2019, dep. 13/11/2019), n.29473

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23028/2015 proposto da:

D.S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PROPERZIO

27, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DE SARNO, rappresentato e

difeso dall’avvocato SALVATORE DE SARNO;

– ricorrente –

contro

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO DE

CAROLIS 31 (TEL 0635454548), presso lo studio dell’avvocato VITO

SOLA, rappresentata e difesa dall’avvocato SABATO GIUSEPPE PERNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3853/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/06/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata in data 30 settembre 2014, ha rigettato l’appello proposto da D.S.S. avverso la sentenza del Tribunale di Nola n. 784 del 2010 e nei confronti di G.A..

1.1 Il Tribunale di Nola aveva accolto l’opposizione proposta da G.A. avverso il decreto ingiuntivo che le intimava il pagamento di Euro 12.684,76 in favore dell’avv. D.S.S., a titolo di compenso per l’attività di redazione del contratto preliminare avente ad oggetto l’acquisto di un terreno di proprietà del figlio del professionista.

2. La Corte d’appello ha confermato la decisione.

2.1. Dopo aver riqualificato la testimonianza di D.M.G. come de auditu anzichè de relato ex parte actoris, la Corte territoriale ha ritenuto che il D.S. non avesse fornito la prova del conferimento dell’incarico dietro compenso.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.S.S. sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso G.A.. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380-bis./ c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 2233 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 e si lamenta l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello nel ritenere che gravasse sul professionista l’onere di provare la natura onerosa dell’incarico conferitogli dalla sig.ra G., e ciò in quanto il contratto di prestazione d’opera intellettuale è per sua natura oneroso, risultando irrilevante che il promittente alienante fosse il figlio del professionista.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e si contesta l’ultrapetizione in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello per avere ritenuto, in assenza di appello incidentale, che mancava la prova dell’affidamento dell’incarico dietro compenso. Secondo il ricorrente, infatti, la testimonianza del D.M., che la Corte territoriale aveva riqualificato come de auditu riformando sul punto la motivazione del giudice di primo grado, già dimostrava il conferimento dell’incarico.

3. Con il terzo motivo, che denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e nullità della sentenza, il ricorrente contesta che la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto delle molteplici contraddizioni in cui era caduta la controparte. La sig.ra G. avrebbe prima negato e poi confermato la circostanza che il contratto preliminare di vendita inizialmente doveva essere stipulato tra D.S.A. e la Later s.r.l., della quale la G. era amministratrice, e che in un secondo momento ella aveva deciso di acquistare in proprio. La sentenza sarebbe nulla ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, perchè la Corte territoriale aveva dichiarato l’assorbimento dei motivi di appello con i quali si censurava la contraddittorietà della difesa dell’appellata.

4. Con il quarto motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 230 c.p.c. e si contesta il giudizio di irrilevanza dell’interrogatorio formale della G., riproposto in appello.

5. I primi due motivi, da esaminare congiuntamente perchè investono il tema della prova e del riparto del relativo onere, sono infondati.

5.1. La Corte d’appello ha ritenuto non raggiunta la prova del conferimento dell’incarico professionale sulla base della valutazione complessiva del quadro probatorio (pag. 5 della sentenza). Risulta così smentita la asserita decisività delle dichiarazioni testimoniali, peraltro neppure trascritte dal ricorrente, e diventano irrilevanti le questioni in tema di terzietà dei testimoni prospettate dalla controricorrente.

Si legge, infatti, nella sentenza impugnata che le dichiarazioni testimoniali dimostravano l’avvenuta materiale redazione del contratto preliminare da parte del ricorrente (ovvero dei suoi dipendenti), ma ciò ancora non provava che la sig.ra G. avesse conferito l’incarico professionale all’avv. D.S., tanto più in considerazione del fatto che il promittente alienante era il figlio dell’avvocato D.S., circostanza questa affatto neutra e che rendeva non implausibile la tesi difensiva della sig.ra G..

L’affermazione risulta immune da censure, non essendo ravvisabili le denunciate violazioni di legge, mentre rimane insindacabile l’apprezzamento dei mezzi istruttori, che è attività riservata al giudice di merito.

Privo di rilevanza è poi il tema dell’onerosità dell’incarico.

Non è dubitabile che se incarico professionale fosse stato conferito esso sarebbe stato oneroso, e neppure la Corte d’appello ne ha dubitato, avendo ritenuto, con apprezzamento non sindacabile in questa sede, che non fosse provato il conferimento dell’incarico.

Non vi è stata pertanto alcuna inversione dell’onere probatorio, nè sussiste l’ultrapetizione denunciata con il secondo motivo. Come già detto, la testimonianza del sig. D.M. non presenta affatto il carattere di decisività che il ricorrente le attribuisce, e in ogni caso dalla riqualificazione di tale testimonianza in senso favorevole all’appellante-odierno ricorrente non discendeva automaticamente l’accoglimento dell’appello, tanto più che il gravame devolveva alla Corte d’appello il riesame dell’intero quadro probatorio (pag. 5-6 del ricorso).

6. Il terzo motivo è inammissibile.

6.1. Il vizio di motivazione è denunciato al di fuori del paradigma delineato dall’art. 360 c.p.c., n. 5, che, secondo il diritto vivente (a partire da Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Nella fattispecie in esame, il ricorrente non chiarisce quali siano i fatti storici decisivi asseritamente non esaminati dalla Corte d’appello, nè riporta il contenuto del contratto preliminare in assunto “chiaramente indicativo del conferimento dell’incarico e del redattore del preliminare” (testuale, pag. 16 del ricorso), e il motivo si risolve nella critica all’apprezzamento del materiale probatorio documentale.

6.2. Risulta inammissibile anche la denuncia di nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione. La Corte d’appello ha argomentato le ragioni del ritenuto assorbimento degli ulteriori motivi di appello, là dove l’eventuale erroneità della pronuncia di assorbimento dà luogo unicamente al vizio di omessa pronuncia, denunciabile ai sensi dell’art. 112 c.p.c. (Cass. 30/04/2019, n. 11459).

7. Il quarto motivo è in radice inammissibile, per mancata trascrizione dei capitoli oggetto dell’interrogatorio formale (ex plurimis, 10/08/2017, n. 19985).

8. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello se dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2019

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