Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29469 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. I, 15/11/2018, (ud. 19/09/2018, dep. 15/11/2018), n.29469

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22647/2014 proposto da:

Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di (OMISSIS)

(I.A.C.P.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via della Meloria n.52, presso lo

studio dell’avvocato Improta Gennaro, che lo rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Abrusci Costruttori S.r.l., in proprio nonchè quale mandataria

dell’Associazione Temporanea d’Impresa Abrusci Costruttori s.r.l.

S.G. e Figli s.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Panama n.74, presso lo studio dell’avvocato Colapinto Carlo, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di (OMISSIS)

(I.A.C.P.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via della Meloria n.52, presso lo

studio dell’avvocato Improta Gennaro, che lo rappresenta e difende,

giusta procura a margine del controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

S.G., S.G. & figli s.r.l.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 576/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 30/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/09/2018 dal cons. MARULLI MARCO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale CARDINO ALBERTO che ha chiesto che Codesta

Corte di Cassazione voglia accogliere i motivi di ricorso principale

3) e 4) e rigettare il ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. La Corte d’Appello di Salerno con la sentenza in epigrafe ha definito gli appelli di entrambe le parti avverso la decisione che in primo grado aveva accolto la domanda, proposta dell’Abrusci Costruttori s.r.l., in proprio e quale mandataria dell’ATI costituita con la Geom. S.G. e Figli s.r.l., nei confronti dell’Istituto Autonomo Case Popolari di (OMISSIS), intesa a conseguire la condanna del convenuto al pagamento dovuto a saldo per la realizzazione di 200 alloggi popolari in località (OMISSIS).

1.2. Il decidente, confermata nel resto ogni altra statuizione, ivi compresi, oltre a quelli in punto di illegittimità della penale, di maggiori spese progettuali e di somme altrimenti dovute per varie causali, i capi dell’impugnata decisione con cui erano state respinte le istanze riconvenzionali del convenuto intese a ripetere le somme corrisposte ai collaudatori a titolo di compenso e l’indennità erogata in favore di una ditta espropriata, nonchè la riserva attorea relativa alla realizzazione delle cantinole, ha, per quanto ancora qui rileva, proceduto alla sua riforma, accogliendo sul punto l’appello dello IACP, nella parte in cui questa aveva riconosciuto come dovuto il ristoro del danno arrecato dalla illegittima sospensione dei lavori, giudicando che l’appaltatrice fosse decaduta dalla relativa riserva, in quanto formalizzata solo nel verbale di ripresa dei lavori e non in quello di sospensione, e ciò, sebbene, già alla data di questo la causa di sospensione fosse immediatamente percepibile.

1.3. Per la cassazione di detta decisione propongono ora ricorso principale lo IACP sulla base di sette motivi e ricorso incidentale l’Abrusci Costruttori s.r.l. nella predetta qualità, sulla base di due motivi, replicando ciascuno ai relativi ricorsi con controricorso. Memorie dell’Abrusci e requisitorie del P.M. ex art. 380-bis1 cod. proc. civ..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Il ricorso principale – alla cui ammissibilità non fanno preventivo scudo le obiezioni che vi muove la controricorrente (la prima, perchè l’indicazione dei documenti e degli atti processuali è racchiusa nel corpo del singolo motivo, la seconda, perchè le questioni hanno formato oggetto di un pronunciamento di merito e la terza, perchè ne andrà apprezzata la conducenza in relazione a ciascuna doglianza) – assume, con il primo ed il secondo motivo, l’erroneità in punto di diritto e di fatto della determinazione adottata dal decidente in ordine alla penale (all’impresa non era addebitabile alcun ritardo, avendo dovuto rielaborare il progetto esecutivo per rispettare i vincoli di spese e per adeguarsi alle prescrizioni della speciale Commissione tecnica), posto che, da un lato, violando gli artt. 1362 e 1363 cod. civ., avrebbe obliterato che, come da convenzione, l’attività di progettazione doveva far unicamente carico all’appaltatore e che il vincolo di spesa era preordinato nel suo ammontare (primo motivo); dall’altro, incorrendo nell’omesso esame di un fatto decisivo, avrebbe omesso di esaminare la questione della responsabilità del concessionario nella causazione del ritardo dovuto a carenze dei progetti predisposti dallo stesso ed avrebbe trascurato la lettera del contratto senza darne alcuna motivazione (secondo motivo).

2.2. Parimenti con il terzo e quarto motivo di ricorso analoghe censure il ricorrente solleva riguardo alla determinazione adottata dal decidente in ordine alle spese progettuali (i maggiori oneri erano stati accollati al concedente in quanto compresi nel corrispettivo dovuto per la progettazione), anch’essa contraria alle regole ermeneutiche degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., avuto riguardo alla lettera della convenzione che della progettazione onerava interamente il concessionario, e frutto dell’omesso esame della questione che, contratto alla mano, era obbligo dell’ATI redigere tutti i progetti.

2.3. I motivi, esaminabili congiuntamente in quanto implicanti un medesimo tema decisionale, non si sottraggono ad un comune responso di inammissibilità, motivabile sotto più aspetti.

2.4. In linea generale ne va rilevata l’estraneità al contraddittorio processuale sviluppatosi nei gradi di merito, non avendo le relative questioni formato oggetto di discussione ed esame in quelle sede, onde di esse se ne deve perciò dichiarare la novità, con l’effetto che questa Corte non può procedere al loro scrutinio, essendo ben noto che nel giudizio di cassazione non possano essere proposte questioni che già non abbiano formato oggetto di trattazione nel merito. Ciò è ragione per rilevare anche il difetto di autosufficienza che ne affligge la prospettazione, non avendo il ricorrente neppure indicato dove e quando la dette questioni siano state sottoposte al vaglio dei giudici di merito, benchè sia ancora ben noto che al fine di sollecitarne il riesame da parte di questa Corte è onere del ricorrente precisare in quale specifico atto del processo ciò sia avvenuto, onde dar modo di controllare ex actis prima di procedere al loro esame che le questioni sollevate con il ricorso abbiano già formato oggetto di giudizio.

2.5. Nè è poi trascurabile, quanto alle censure con cui si imputa alla decisione impugnata un errore ermeneutico, che, come è ancora a tutti noto, l’attività di interpretazione del contratto, intesa, attraverso la disamina delle singole clausole negoziali e del comportamento complessivo delle parti, a ricostruirne la volontà, integra un tipico accertamento di fatto rimesso all’esclusivo apprezzamento del giudice di merito, di modo che, sebbene censurabile in cassazione per violazione – ora solo (Cass., Sez. 2, 13/08/2018, n. 20718) – dei canoni di legge, essa non è tuttavia suscettibile di revisione quando le censure si risolvano nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata e sconfinino perciò nella indiretta perorazione a rinnovare il giudizio in fatto, tanto più se, come qui, il ragionamento decisorio, non deflettendo da questa impostazione, non si sottragga al compito di indicare, anche di contro alle criticità di cui in seguito si sarebbe lamentato il ricorrente, gli elementi di fatto che sorreggono la propria interpretazione (cfr. il rilievo accordato, a pag. 15, agli allegati alla convenzione circa le caratteristiche costruttive degli alloggi, a pag. 17, alla rinuncia del concedente alla realizzazione dei ripostigli, a pag. 18, al giudizio positivo sull’impostazione progettuale esteso dal concedente).

2.6. Finiscono infine per rivelarsi eccentriche, in relazione alla rilevata novità delle questioni, le obiezioni motivazionali, non essendosi invero dedotto nel giudizio proprio alcun “fatto” di cui si possa imputare al decidente l’omesso esame, e ciò pur ad onta della considerazione che nel paradigma del vizio di motivazione oggi declinato dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il “fatto” è notoriamente un fatto storico, primario o secondario, avente comunque incidenza costitutiva, modificativa o estintiva sull’oggetto del giudizio e non un qualsiasi elemento istruttorio, a cui il motivo invece mostra di alludere allorchè lamenta che “non può ritenersi sufficiente motivazione…”.

3.1. Il quinto motivo del ricorso principale allega la violazione degli artt. 2697,2727 e 2729 cod. civ., nonchè degli artt. 115,166 e 167 cod. proc. civ. in relazione al capo della decisione di prima istanza che aveva riconosciuto in favore dell’ATI per varie causali la somma di Euro 1.845.147.473, l’appello verso il quale il decidente di secondo cure aveva giudicato “generico”, quantunque il fatto non fosse stato contestato dall’intimata ed i documenti a comprova avrebbero dovuto per questo essere assunti nel giudizio come normali elementi di prova legale.

3.2. Non diversamente con il sesto motivo di ricorso lo IACP lamenta analoga violazione, più sommariamente rubricata con il solo richiamo all’art. 2697 cod. civ. e art. 115 cod. proc. civ., circa il rigetto delle pretese spiegate in via riconvenzionale riguardo alle somme anticipate ai collaudatori e all’indennità corrisposta ad un espropriato, motivato dalla Corte d’Appello, l’uno, sul rilievo che non vi fosse prova del pagamento, l’altro, su questo rilievo, nonchè sulla circostanza desunta dall’art. 20 della convenzione tra le parti, che espressamente accollava al concedente gli oneri di espropriazione.

3.3. Entrambi i motivi, esaminabili cumulativamente, in quanto fonte di una comune contestazione, sono affetti da pregiudiziale inammissibilità in quanto, in linea generale, intesi a censurare l’apprezzamento di fatto operato dal giudice di merito, notoriamente non sindacabile in questa sede sotto il profilo qui denunciato.

3.4. Più in dettaglio, poi, il quinto motivo si presta, nella stessa direzione – ove appaia previamente superabile il tenore altrimenti ostativo della rubrica (nei termini ivi formulati la doglianza non intercetta la ratio decisionale, avendo il decidente ritenuto che il motivo di gravame fosse stato genericamente articolato) – al rilievo di un palese difetto di autosufficienza, non riproducendo il ricorrente nell’illustrazione di esso il motivo di appello sottoposto al vaglio del giudice d’appello. A sua volta, il sesto motivo, non si sottrae ad analoga declaratoria perchè, da un lato (oneri di collaudo), diretto a sollecitare un nuovo esame di merito (“a nulla rilevando che ciò non fosse ancora avvenuto”), dall’altro (oneri di esproprio), non esaustivo delle rationes enunciate dal decidente, avendo questi rigettato la pretesa anche per quanto emergente al riguardo dalla convenzione tra le parti.

4. Il settimo motivo di ricorso si duole inammissibilmente del fatto che il decidente avrebbe omesso di disporre la rinnovazione della CTU e, così statuendo, avrebbe “totalmente omesso” di pronunciarsi in relazione al credito riconosciuto in primo grado in favore dell’ATI e alle istanze riconvenzionali, essendo ben noto, al contrario, che la decisione in ordine all’espletamento della CTU, così come la decisione in ordine alla sua rinnovazione, è sottratta alla disponibilità delle parti ed è affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, sicchè, non essendo essa censurabile in questa sede, tanto meno se ne può fare ragione per lamentare, riguardo alla domanda non accolta, un vizio di omessa pronuncia.

5.1. Con il primo motivo del proprio ricorso incidentale l’ATI ricorrente lamenta che nell’accogliere l’appello del concedente in punto di danni da sospensione dei lavori, in quanto la relativa riserva era stata tardivamente iscritta solo nel verbale di ripresa dei lavori, avrebbe violato il D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 30 e il R.D. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16 e 54 poichè, contrariamente a quanto sostenuto, “una sospensione pur illegittima sin dall’inizio, che non presenti immediata rilevanza onerosa, comporta l’onere di iscrizione della riserva nel momento in cui l’idoneità del fatto a produrre il conseguente pregiudizio o esborso emerga soltanto all’atto della cessazione della medesima”.

5.2. Il motivo è infondato.

E’ principio saldamente invalso nella giurisprudenza di questa Corte – a cui si è attenuto il decidente nel caso al suo esame – che “in tema di appalto di opere pubbliche, l’appaltatore, il quale pretenda un maggior compenso o rimborso, rispetto al prezzo contrattualmente pattuito, a causa dei pregiudizi o dei maggiori esborsi conseguenti alla sospensione dei lavori disposta o protratta dall’amministrazione, ha l’onere, ai sensi del combinato disposto del R.D. n. 350 del 1895, artt. 53,54 e 64 (applicabile “ratione temporis”), e delle norme successive in materia, di iscrivere la relativa riserva nel momento in cui emerga, secondo una valutazione propria del giudice di merito, la concreta idoneità del fatto a produrre i suddetti pregiudizi o esborsi, potendo la specifica quantificazione del danno operarsi nelle successive registrazioni. Ne consegue che, ove la sospensione possa ritenersi illegittima o produttiva di danno sin dall’inizio, l’appaltatore deve inserire la sua riserva nello stesso verbale di sospensione e dovrà poi iscrivere regolare riserva o domanda nel registro di contabilità, quando egli successivamente lo sottoscriva, ripetendo quindi la riserva stessa nel verbale di ripresa e nel registro di contabilità successivamente firmato” (Cass., Sez. 1, 23/03/2017, n.7479). Fermo, dunque, che la valutazione in ordine al momento in cui deve iscriversi la riserva compete al giudice di merito – onde, se questi reputa che, come qui, la illegittimità della causa di sospensione per il fatto di essere imputabile alla mancanza di finanziamenti, “era immediatamente percepibile”, la censura, pur se ammantata di apparente veste giuridica, sconfina apertamente nel campo degli apprezzamenti di fatto riservati dal decidente – è bene anche rimarcare, con riferimento a quelle situazioni di non immediata portata onerosa, che ad avviso del ricorrente consentirebbero di differire il momento della riserva sino a che non se ne percepisca la potenzialità dannosa, che il giudizio su questo punto non è rimesso alla discrezionalità della parte, dovendo l’idoneità del fatto a produrre danno risultare “obbiettivamente apprezzabile secondo criteri di media diligenza e di buona fede” (Cass., Sez. 1, 9/05/2018, n. 11188); e dunque, quand’anche mai fosse sostenibile che la nella specie l’illegittimità della causa di sospensione non era immediatamente percepibile, ciò, dovendo costituire oggetto di un apprezzamento obiettivo operato secondo criteri di diligenza e di buona fede, non avrebbe sollevato l’ATI dall’onere probatorio su di essa per questo incombente, nuovamente chiamando il decidente ad un giudizio di fatto insuscettibile di rivisitazione in questa sede.

6.1. Con il secondo motivo del proprio ricorso incidentale l’ATI denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in cui il decidente di seconde cure sarebbe incorso circa la riserva avente ad oggetto la realizzazione delle cantinole, denegandone la fondatezza sul rilievo che il cantinato era stato realizzato con caratteristiche prive per essere adibito al suo scopo, quando al contrario anche per questa opera si sarebbe dovuto determinare il compenso dovuto in base all’art. 20 della convenzione inter partes.

6.2. Il motivo è inammissibile.

La Corte d’Appello ha respinto il gravame sul punto osservando che “l’opera, così come costruita dall’ATI costituisce un volume privo di destinazione e non utilizzabile, nè a fini abitativi, nè tanto meno a servizio degli alloggi, di talchè non si comprende perchè la Concessionaria debba essere remunerata come se avesse effettivamente realizzato delle cantinole, munite dagli standars costruttivi minimi per essere adibiti a tale scopo”.

Non par dubbio, perciò, che, nella logica del parametro asseritamente violato, il fatto costitutivo della pretesa, lungi dall’essere sottaciuto, sia stato invece esaminato ed abbia formato oggetto di una pronuncia negativa sulla base di un presupposto (la mancata realizzazione dei locali con le caratteristiche richieste per essere adibite a cantine) che elide alla radice la necessità di dare applicazione alla norma convenzionale ignorata, tanto più che, se così fosse non per questo la censura integrerebbe motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, incidendo essa unicamente sul piano delle valutazioni di fatto riservate al giudice di merito ed insuscettibili di nuovo vaglio in questa sede.

7. Entrambi i ricorsi non meritano dunque adesione dovendosene dichiarare l’inammissibilità quanto al ricorso principale e l’infondatezza quanto al ricorso incidentale.

8. Le spese, in ragione della reciproca soccombenza, possono essere interamente compensate.

Ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale e compensa integralmente le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di entrambi i ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1 sezione civile, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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