Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29468 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. III, 23/12/2020, (ud. 23/11/2020, dep. 23/12/2020), n.29468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27534/2017 R.G. proposto da:

S.T., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA

LIBERTA’ 13, presso lo studio dell’avvocato AGOSTINO GESSINI, che la

rappresenta e difende in uno all’avvocato GIAN LUCA CONTI;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. DE

CAMILLIS 4, presso lo studio dell’avvocato PIERA NICOLINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato RAUL BENASSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1994/2017 della CORTE di APPELLO di FIRENZE,

depositata il 12/09/2017;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 23/11/2020 dal relatore Dott. Franco DE STEFANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

S.T. ricorre, affidandosi ad atto notificato a partire dal 13/11/2017 ed articolato su tre motivi, per la cassazione della sentenza – addotta come pubblicata il 12/09/2017 e notificata il 13 successivo a mezzo p.e.c. – con cui la Corte d’appello di Firenze ha, riformando integralmente l’accoglimento da parte del Tribunale di Livorno, invece rigettato la sua opposizione al precetto intimatole il 29/05/2015 da M.A., basato su sentenza 1313/14 di quel tribunale, di condanna all’astensione dall’utilizzo di via carrabile insistente su di un fondo, individuato nel NCT di Campiglia Marittima col numero di p.lla (OMISSIS), anzichè con quello corretto di p.lla (OMISSIS);

in particolare, la corte territoriale ha esaminato gli atti presupposti dal titolo azionato – anche in virtù della sua interpretazione extratestuale – e li ha interpretati come univocamente riferiti appunto al fondo oggetto della minacciata esecuzione (la p.lla (OMISSIS) e non del (OMISSIS)), nonostante l’errore in motivazione e in dispositivo, riconosciuto come meramente materiale da sopravvenuta ordinanza in tal senso; e ha precisato che tale ultima ordinanza non comporta, come del resto neppure parte opponente e appellata aveva sostenuto, la formazione di un diverso titolo esecutivo, richiamando Cass. 17349/11;

l’intimata resiste con controricorso; e, per l’adunanza camerale del 23/11/2020, mentre il Pubblico Ministero non produce requisitoria scritta, la ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., penultimo periodo come inserito dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

la ricorrente articola tre motivi: un primo, con cui denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 474 e 287 c.p.c., sostenendo che non poteva essere stravolto a tal punto il titolo esecutivo, univocamente riferito ad un bene individuato fondo, diverso da quello cui invece si riferiva la minacciata esecuzione, sicchè soltanto in sede di correzione sarebbe stato possibile individuare un oggetto della controversia divergente da quello che appariva dal tenore testuale del titolo stesso; un secondo, con cui lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 474,480 e 287 c.p.c., sostenendo la necessità che il titolo andava corretto prima di avviare l’esecuzione; un terzo, di violazione e falsa applicazione degli artt. 474,480,287 e 112 c.p.c., lamentando la non legittimità dell’applicazione ufficiosa del principio di Cass. 17349/11 sulla possibilità di prosecuzione in base alla parte corretta del titolo costituito da sentenza oggetto di correzione di errore materiale, comunque perchè la pretesa correzione avrebbe dato luogo ad un nuovo titolo;

può tralasciarsi il rilievo che nella specie è evidente non avere ecceduto la corte territoriale dalle prerogative di interpretazione del titolo proprie del giudice dell’esecuzione e dell’opposizione ad essa, dovendosi ricavare l’oggetto del primo dalla comparazione e dalla considerazione complessiva di ogni sua parte: ed infatti è dirimente l’infondatezza dell’ultimo motivo, tale da assorbire ogni altra questione;

è pacifico invero che il titolo esecutivo è stato comunque anche formalmente emendato – con l’indicazione della corretta descrizione del bene cui riferire l’esecuzione – e bene allora la corte territoriale ha applicato i principi generali in tema di legittimità dell’esecuzione in base a titolo giudiziale corretto, essendo la relativa circostanza ritualmente stata acquisita in atti;

d’altra parte, in primo luogo non è attinto da valida censura in questa sede il rilievo della corte territoriale circa la mancata prospettazione, ad opera della S., della tesi della formazione di un titolo giudiziale diverso;

in secondo luogo ed in via dirimente, non può in sede di esecuzione, una volta appunto formalmente emendato il titolo ed in applicazione del principio generale di inammissibilità in sede esecutiva di questioni relative al titolo giudiziale (in applicazione del generale principio di insensibilità del processo esecutivo alle vicende ed ai fatti che la parte che lo subisce in base a titolo esecutivo giudiziale avrebbe potuto e dovuto prospettare in sede di cognizione al fine di conseguirne la modifica: su cui, per tutte, v. Cass. Sez. U. 23/07/2019, n. 19889, p. 31 della motivazione), farsi valere alcuna questione sulla correttezza o meno del procedimento di correzione, da agitarsi esclusivamente coi mezzi di impugnazione, ove ne sussistano beninteso i presupposti, avverso il titolo giudiziale come corretto, ai sensi dell’art. 288 c.p.c., comma 4 (Cass. 24/12/2015, n. 25978; Cass. 14/03/2007, n. 5950);

il ricorso va quindi rigettato, per l’infondatezza del terzo motivo e l’assorbimento degli altri (dovuto all’irrilevanza delle questioni sull’ambito o sull’effettivo oggetto del titolo esecutivo nella sua versione anteriore alla disposta correzione), con condanna della soccombente ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità;

infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

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