Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29466 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. I, 15/11/2018, (ud. 17/07/2018, dep. 15/11/2018), n.29466

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente – Dott. TRICOMI Laura – Consigliere – Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere – Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere – Dott. VELLA Paola – Consigliere – ha pronunciato la seguente: ORDINANZA sul ricorso n. 18278/2013 proposto da: C.F., nella qualità di socio della fallita (OMISSIS) s.p.a., C.U., C.P., C.E., questi ultimi quali eredi di C.G. anch’esso socio della predetta società, elettivamente domiciliati in Roma, Via Girolamo Boccardo n. 26/a, presso lo studio dell’Avvocato Gennaro Fredella, che li rappresenta e difende unitamente all’Avvocato Marco Marchegiani giusta procura a margine del ricorso; – ricorrente – contro Equitalia Giustizia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Domenico Chelini n. 10, presso lo studio dell’Avvocato Massimiliano Vito, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso; – controricorrente – contro D.S., curatore fallimentare della (OMISSIS) s.p.a.; – intimata – contro Ministero della Giustizia e Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende ope legis; – resistenti – avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 14/5/2013; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/7/2018 dal Cons. Dott. PAZZI ALBERTO; lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto depositato in data 14 maggio 2013 il Tribunale di Roma respingeva il reclamo presentato ai sensi dellaL. Fall., art. 26, da C.F., socio della fallita (OMISSIS) s.p.a., C.U., C.P. ed C.E., quali eredi dell’altro socio C.G., avverso il provvedimento con cui il G.D., revocando una precedente statuizione di opposto contenuto, aveva rigettato la richiesta di restituzione dei libretti di deposito intestati ai creditori irreperibili e mai reclamati.

Il Tribunale, dopo aver rilevato che le somme richieste risultavano assegnate ai creditori in via definitiva, ancorchè irreperibili, in virtù di un piano di riparto, per cui non rientravano più nella disponibilità della fallita, osservava altresì da un lato che la disciplina istitutiva del Fondo Unico di Giustizia nel frattempo intervenuta con l’introduzione della L. n. 143 del 2008, art. 2, aveva previsto la devoluzione a tale fondo delle somme dei procedimenti esecutivi non riscosse o reclamate dagli aventi diritto entro cinque anni della definizione del procedimento, di modo che gli importi assegnati ai creditori irreperibili nell’ambito del piano di riparto del fallimento (OMISSIS) s.p.a. non potevano essere restituiti ai soci della fallita o ai loro eredi, essendo devoluti per legge al fondo di recente istituzione, dall’altro che il provvedimento di diverso tenore revocato dal G.D. era privo di qualsiasi definitività nè risultava comunicato ai fini dell’impugnazione.

2. Ricorrono per cassazione avverso questa pronuncia C.F., C.U., C.P. ed C.E. affidandosi a quattro motivi di impugnazione.

Resistono con controricorso Equitalia Giustizia s.p.a., il Ministero della Giustizia e il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

L’intimato curatore fallimentare di (OMISSIS) s.p.a. non ha svolto alcuna difesa.

Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis 1 c.p.c., sollecitando il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., artt. 110 e 117, in relazione alla L. Fall., art. 26: il Tribunale di Roma avrebbe erroneamente rigettato l’istanza di restituzione delle somme residue senza considerare che i provvedimenti di accantonamento delle stesse in favore dei creditori irreperibili avevano espressamente riconosciuto il diritto della fallita o dei suoi aventi causa a ottenere la restituzione degli importi non riscossi; ne discenderebbe l’illegittimità della devoluzione degli importi in questione in favore del Fondo Unico Giustizia, dato che la loro restituzione era stata sollecitata non appena tale diritto, riconosciuto da un provvedimento del G.D. pienamente valido, efficace ed irrevocabile, era divenuto di fatto esercitabile, mentre la destinazione al Fondo avrebbe potuto essere disposta al più solo nel caso in cui i C. non avessero esercitato il loro diritto nel quinquennio successivo alla sua maturazione.

Per di più il decreto impugnato doveva considerarsi nullo per la sua totale carenza di motivazione, contenendo argomentazioni inidonee a illustrare la sua ratio decidendi.

4. Il secondo mezzo lamenta la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., art. 117, comma 4 e del D.L. n. 143 del 2008, art. 2, comma 2, lett. c-ter), in relazione al D.Lgs. n. 5 del 2006, artt. 107,150 e 153: la devoluzione al Fondo Unico Giustizia delle somme assegnate a (OMISSIS) s.p.a. o ai suoi aventi causa sarebbe del tutto illegittima non solo in quanto sfornita di supporto normativo, dato che il D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 150, escludeva che la nuova disciplina prevista dalla L. Fall., art. 117, comma 4, trovasse applicazione alle procedure concluse in epoca anteriore alla sua entrata in vigore, ma anche perchè contrastante con quanto stabilito in merito dal G.D. nel riparto finale dell’attivo fallimentare; anche sotto questo profilo il decreto impugnato nulla avrebbe osservato nè tanto meno motivato.

5. Con il terzo motivo la sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 26: il decreto impugnato avrebbe erroneamente revocato il precedente decreto che autorizzava lo svincolo delle somme sulla base di una semplice richiesta di istruzioni avanzata dal funzionario di Cancelleria ed a prescindere da un reclamo proposto L. Fall., ex art. 26, dai soggetti a ciò legittimati.

6. Il ricorso, presentato ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, deve ritenersi inammissibile.

6.1 Un provvedimento, ancorchè emesso in forma di ordinanza o di decreto, assume carattere decisorio, e come tale è ricorribile per Cassazione ex art. 111 Cost., quando pronuncia o incide con efficacia di giudicato su diritti soggettivi; è necessario inoltre che lo stesso si contraddistingua per la sua definitività, in quanto non altrimenti modificabile.

6.2 Il provvedimento impugnato non ha una simile natura.

La L. Fall., art. 117, comma 3, nel testo applicabile ratione temporis prevedeva che le somme dovute a creditori che non si presentavano o risultavano irreperibili fossero depositate presso un istituto di credito, attribuendo al certificato di deposito valore di quietanza.

Il deposito era quindi effettuato a nome del creditore e comportava che le somme depositate dovessero considerarsi di pertinenza non più della procedura ma dei singoli creditori aventi diritto, con la conseguente liberazione della procedura da ogni obbligo.

Si consideri poi che a seguito della chiusura del fallimento, a mente della L. Fall., art. 120, comma 1, cessano gli effetti provocati dalla procedura sul patrimonio del fallito e decadono gli organi preposti alla medesima, i cui poteri e compiti non possono più essere svolti se non in limitati casi di ultrattività riconducibili a norme di legge.

Il fallito tornato in bonis o i suoi aventi causa, ove a seguito della chiusura del fallimento avessero ritenuto che la somma versata L. Fall., ex art. 117, comma 3, nel testo non più vigente dovesse essere loro restituita a seguito del decorso del termine di prescrizione decennale, non avrebbero potuto quindi che adire il giudice ordinario in sede di cognizione, a motivo tanto della definitiva fuoriuscita della somma versata dall’ambito procedurale all’atto del deposito, quanto della mancanza di specifiche norme che prevedessero una ultrattività degli organi fallimentari a seguito della chiusura della procedura allo specifico scopo di dare destinazione alle somme non reclamate.

In altri termini, una volta effettuato il deposito e chiuso il fallimento, il Tribunale fallimentare rimaneva estraneo alle sorti delle somme così destinate e, di conseguenza, non poteva assumere statuizioni che le riguardassero, tanto più con provvedimento avente natura decisoria. Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, una volta esauritasi, con la sentenza di omologazione, la procedura di concordato preventivo, tutte le questioni che hanno a oggetto diritti pretesi da singoli creditori o dal debitore e che attengono all’esecuzione del concordato danno luogo a controversie che sono del tutto sottratte al potere decisionale del giudice delegato e costituiscono materia di un ordinario giudizio di cognizione, da promuoversi, da parte del creditore o di ogni altro interessato, dinanzi al giudice competente; di conseguenza risulta inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., avverso il decreto con cui il Tribunale, in sede di reclamo, abbia confermato il decreto del giudice delegato che ha rigettato la domanda di restituzione delle somme accantonate in favore dei creditori irreperibili, proposta dalla società debitrice sull’assunto dell’avvenuta prescrizione dei crediti, trattandosi di atto giudiziale esecutivo di funzioni di mera sorveglianza e controllo, privo dei connotati della decisorietà e della definitività (Cass. 18/6/2008 n. 16598).

Gli stessi principi valgono anche in ambito fallimentare, dove risulta inammissibile il ricorso presentato per cassazione ex art. 111 Cost. avverso il decreto con cui il Tribunale, in sede di reclamo, abbia confermato il decreto del Giudice delegato, adottato dopo la chiusura della procedura, che abbia rigettato la domanda di restituzione delle somme accantonate in favore dei creditori irreperibili, proposta dal debitore sull’assunto dell’avvenuta prescrizione dei loro crediti, trattandosi di atto giudiziale assunto al di fuori delle competenze oramai cessate del Tribunale fallimentare e privo dei connotati della decisorietà e della definitività (cfr. Cass. 1876/2018 n. 16072).

7. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese (in favore della sola Equitalia Giustizia s.p.a., dato che il Ministero della Giustizia e il Ministero dell’Economia e delle Finanze si sono costituiti al solo fine di prendere parte alla discussione orale, che tuttavia non si è svolta per la definizione del procedimento con rito camerale) seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido fra loro al rimborso in favore di Equitalia Giustizia s.p.a. delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 6.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Aì sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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