Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29465 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. un., 13/11/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 13/11/2019), n.29465

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente di Sez. –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7412/2019 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

ANTONELLI 15, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIO LEOZAPPA, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.C.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA

TORTOLINI 30, presso il Dott. ALFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUIGI D’AMBROSIO;

– controricorrente –

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI

VILLA SACCHETTI 11, presso lo studio dell’avvocato ARISTIDE POLICE,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

C.V. e T.R.;

– intimati –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

14666/2018 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/10/2019 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale

ALBERTO CELESTE, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di

cassazione, in Camera di consiglio, dichiarino la giurisdizione del

giudice amministrativo, con le conseguenze di legge.

Fatto

RITENUTO

che l’avv. P.C.N., in servizio nel ruolo professionale legale dell’INPS, con ricorso al TAR del Lazio – Roma ha chiesto, fra l’altro, l’annullamento delle determinazioni dell’INPS n. 118, n. 132 e n. 147 del 3 ottobre 2018 di conferimento degli incarichi di coordinamento rispettivamente centrale e territoriale dell’Area Professionale Legale attribuiti agli avvocati G.A. (Coordinatore centrale per le Risorse Umane), T.R. (Coordinatore Regionale Legale in Puglia) e C.V. (Coordinatore Distrettuale Legale di Bari) domandando, altresì, l’annullamento degli atti presupposti, ivi comprese la determinazione presidenziale n. 33 del 5 aprile 2018, con la quale sono stati adottati i “Criteri e modalità per il conferimento degli incarichi di coordinamento al personale dell’Area dei professionisti e dell’Area medica nonchè la nota dell’Istituto n. 2772/2018 recante l’interpello conclusosi con i suddetti conferimenti di incarichi;

che l’avvocato G. – dopo essersi costituito dinanzi al Giudice amministrativo, eccependone preliminarmente in difetto di giurisdizione – con il presente ricorso chiede, con un unico motivo, che venga dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (in particolare del TAR Lazio – Roma) e che sia affermata la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, in quanto la controversia instaurata dall’avv. P. ha ad oggetto le selezioni previo interpello per l’attribuzione degli incarichi suindicati (svoltesi secondo la procedura indicata nella Determinazione presidenziale n. 33 del 5 aprile 2018), cui ha partecipato senza esito favorevole anche il ricorrente originario e non una procedura concorsuale volta all’assunzione da parte di una pubblica amministrazione;

che alla medesima conclusione perviene l’INPS che propone controricorso con ricorso incidentale per un motivo;

che, invece, l’avv. P., nel proprio controricorso, chiede la dichiarazione di inammissibilità (per genericità e mancato rispetto del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione) oppure, in subordine, il rigetto del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, sostenendo che, nella specie, sussiste la giurisdizione generale di legittimità del Giudice amministrativo, in quanto la propria impugnazione non è limitata agli atti della selezione ma è rivolta soprattutto agli atti presupposti i quali sono atti di macro-organizzazione, che riguardano l’assetto di tutta l’Area legale dell’Istituto e le modalità di attribuzione degli incarichi che si applica a tutto il personale;

che il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio sulla base delle conclusioni scritte del Pubblico Ministero, ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., il quale ha chiesto che venga dichiarata la giurisdizione generale di legittimità del Giudice amministrativo perchè la contestazione investe direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo, mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti di macro-organizzazione attraverso i quali le amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici ed i modi di conferimento della titolarità degli stessi;

che in prossimità della Camera di consiglio tutte le parti hanno depositato memorie illustrative, ribadendo le loro originarie conclusioni, anche alla luce di quelle del P.M..

Diritto

CONSIDERATO

che preliminarmente va precisato che non merita accoglimento l’eccezione di inammissibilità proposta nel proprio controricorso dall’avv. P., per asserita genericità e mancato rispetto del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione;

che in base ad un consolidato e condiviso indirizzo di queste Sezioni Unite il ricorso per regolamento di giurisdizione, non essendo un mezzo di impugnazione, ma soltanto uno strumento per risolvere in via preventiva ogni contrasto, reale o potenziale, sulla “potestas judicandi” del giudice adito – salvo il rispetto dell’onere di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, vedi Cass. SU 7 novembre 2013, n. 25038 – deve contenere, a pena di inammissibilità, soltanto l’esposizione sommaria dei fatti di causa per consentire alla Suprema Corte di conoscere dal ricorso, senza attingere “aliunde”, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo, e delle posizioni in esso assunte dalle parti, pur se in funzione della sola questione di giurisdizione che essa è chiamata a decidere, potendo anche non contenere i motivi specifici di ricorso, e cioè l’indicazione del giudice che ha la giurisdizione o delle norme e delle ragioni di fatto o di diritto su cui è sostenuto (Cass. SU 20 febbraio 2017, n. 4308; Cass. SU 18 maggio 2015, n. 10092; Cass. SU 16 maggio 2013, n. 11826; Cass. SU 9 giugno 2004, n. 10980; Cass. SU 20 ottobre 2000, n. 1129 nonchè Cass. SU n. 1542 del 1977; Id. n. 1923 del 1977; Id. n. 4837 del 1977; Id. n. 1290 del 1983; Id. n. 224 del 1984; Id. n. 1540 del 1993);

che, nella specie, il ricorso risulta essere formulato in modo conforme al suddetto principio perchè in esso sono esposti gli estremi della controversia necessari per la definizione della questione di giurisdizione, con l’indicazione delle parti, dell’oggetto e del titolo della domanda nonchè con la specificazione del procedimento cui si riferisce l’istanza e della fase in cui si trova, il che consente la verifica del rispetto delle condizioni per la proponibilità del mezzo, imposte dall’art. 41 c.p.c. (vedi spec. Cass. SU 20 febbraio 2017, n. 4308 cit.);

che, d’altra parte, il suddetto principio si raccorda con il costante indirizzo di questa Corte secondo cui, in ordine alle questioni di giurisdizione, queste Sezioni Unite svolgono anche il ruolo di giudici del fatto e pertanto possono apprezzare direttamente i “fatti”, anche non processuali, traendone conseguenze in piena autonomia e indipendenza sia dalle deduzioni delle parti che dalle valutazioni del giudice del merito (Cass. SU 21 aprile 2015, n. 8074; Id. 17 luglio 2008, n. 19603; Id. 2 aprile 2007, n. 8095; Id. 22 luglio 2002, n. 10696; Id. 10 agosto 2000, n. 560; Id. 19 febbraio 1999, n. 79; Id. 9 ottobre 1984, n. 5028; Id. 19 novembre 1979, n. 6025);

che, quanto alla questione di riparto di giurisdizione, il presente ricorso per regolamento preventivo deve essere deciso affermando la giurisdizione del giudice ordinario;

che, per costante indirizzo di queste Sezioni Unite, in tema di impiego pubblico contrattualizzato, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 1, sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le controversie inerenti ad ogni fase del rapporto di lavoro, senza che abbia alcuna incidenza sulla giurisdizione del giudice ordinario la circostanza che nel giudizio vengano in questione “atti amministrativi presupposti”, che se riconosciuti illegittimi possono essere disapplicati (fra le tante: Cass. SU 16 febbraio 2009, n. 3677; Cass. SU 20 giugno 2017, n. 15276; Cass. SU 4 luglio 2018, n. 17535);

che, con orientamento altrettanto fermo, è stato precisato che la riserva alla giurisdizione amministrativa delle controversie relative alle “procedure concorsuali”, prevista dello stesso art. 63, successivo comma 4, è del tutto residuale e deve essere intesa come riferita alle controversie in materia di procedure concorsuali strumentali all’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni” le quali possono anche essere procedure concorsuali interne purchè configurino “progressioni verticali novative” – cioè in un’area o fascia superiore a quella di appartenenza – e non progressioni meramente economiche oppure che, in base alla contrattazione collettiva applicabile, comportino il conferimento di qualifiche più elevate, ma comprese nella stessa area, categoria o fascia di inquadramento e, come tali, caratterizzate, da profili professionali omogenei nei tratti fondamentali, diversificati sotto il profilo quantitativo piuttosto che qualitativo (vedi, fra le tante: (vedi, tra le tante: Cass. 13 ottobre 2011, n. 21060; Cass. SU 5 aprile 2017, n. 8799; Cass. 11 aprile 2018, n. 8985; Cass. SU 4 luglio 2018, n. 17535 cit. e giurisprudenza ivi richiamata);

che peraltro, in linea generale, è stato escluso che – pure in presenza in una procedura concorsuale per l’assunzione (nel senso indicato) – la riserva di giurisdizione amministrativa in materia di procedure concorsuali del D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 63, comma 4, possa estendere la propria rilevanza alla fase successiva all’approvazione della graduatoria e, in particolare, alle controversie relative alle pretese di assunzione basate sull’esito del concorso (ex plurimis: Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21671; Cass. SU 28 maggio 2012, n. 8410; Cass. SU 13 febbraio 2008, n. 3409);

che, infatti, con il superamento di un concorso pubblico e l’approvazione della relativa graduatoria, indipendentemente dalla nomina, si consolida nel patrimonio dell’interessato una situazione giuridica individuale di diritto soggettivo, alla quale vanno riferiti tutti gli atti successivi, sicchè la controversia rimane devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 1, in quanto, con l’approvazione della graduatoria, si esaurisce l’ambito riservato al procedimento amministrativo e all’attività autoritativa dell’Amministrazione e subentra una fase in cui i comportamenti della PA vanno ricondotti nell’alveo privatistico, espressione del potere negoziale dell’Amministrazione nella veste di datrice di lavoro, come tali da valutare alla stregua dei principi civilistici in ordine all’inadempimento delle obbligazioni (art. 1218 c.c.), anche secondo i parametri della correttezza e della buona fede (vedi, per tutte: Cass. SU 23 marzo 2017, n. 7483; Cass. 7 aprile 2005, n. 7219; Cass. SU 16 novembre 2017, n. 27197 e ivi richiami dei precedenti);

che ciò, d’altra parte, vuol dire che l’ambito della giurisdizione amministrativa copre l’intero iter attinente al reclutamento, dal suo avvio (generalmente coincidente con la determinazione adottata dall’organo competente di ricorrere alla procedura stessa) sino all’approvazione della graduatoria finale con la proclamazione dei vincitori, la quale pertanto costituisce lo spartiacque del criterio di riparto (vedi, per tutte: Cass. SU 13 novembre 2018, n. 29080);

che all’affermazione dei suddetti principi si è giunti (a partire da Cass. SU 15 ottobre 2003, n. 15403, seguita dalle conformi pronunce successive; vedi: Cass. SU n. 3948/2004, n. 10183/2004, n. 6217/2005, n. 10605/2005, n. 20107/2005 e mai smentita) per effetto dell’interpretazione dell’art. 63 cit., citato comma 4, adottata sulla base dei principi elaborati dalla Corte costituzionale a proposito dell’art. 97 Cost.;

che, in base a tale interpretazione, il lemma “assunzione” (contenuto nel comma 4 cit.) è stato inteso in senso estensivo, così da comprendervi, come si è detto, non solo i concorsi aperti agli esterni (essendo indifferente che vi partecipino anche lavoratori già dipendenti pubblici) ma anche quelli riservati agli interni e finalizzati a “progressioni verticali novative”, da identificare e distinguere da quelle meramente orizzontali sulla base delle fonti che le regolano, di volta in volta (vedi Cass. SU 10 dicembre 2003, n. 18886 e Cass. S.U. n. 15403/2003; Cass. SU 6 giugno 2017, n. 13981; Cass. 13 settembre 2017, n. 21198);

che, invece, al termine “concorsuale” è stato attribuito un significato restrittivo, cioè riferito alle sole procedure caratterizzate dall’emanazione di un bando, da una successiva fase di svolgimento delle prove e di confronto delle capacità, dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria di merito, cioè alle procedure conformi ai principi indicati del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 3 (vedi, per tutte: Cass. SU 29 maggio 2012, n. 8522; Cass. SU n. 21558 del 2009 e successiva giurisprudenza conforme);

che, pertanto, è stato sottolineato che tra le anzidette procedure concorsuali di regola non rientrano le selezioni per il conferimento di incarichi dirigenziali perchè in esse non si rinvengono i suindicati elementi caratteristici, visto che le assegnazioni di tali incarichi anche se precedute da una fase selettiva (ad esempio tramite interpello, come accade nella specie), rivestono il carattere di determinazioni negoziali assunte dall’Amministrazione con i poteri e le capacità del datore di lavoro privato, il che comporta, come si desume anche dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, il rispetto da parte delle P.A. dei criteri generali di correttezza e buona fede (art. 1175 e 1375 c.c.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. (tra le tante: Cass. SU 5 aprile 2017, n. 8799; Cass. SU n. 9281 del 2016; Cass. SU n. 21060 del 2011; Cass. SU n. 21671 del 2013);

che si è aggiunto che qualora il giudizio verta su pretese qualificabili come diritti soggettivi attinenti al rapporto di lavoro – e, quindi, anche nell’ipotesi in cui si contesti l’esito di procedure concorsuali o selettive, nel senso anzidetto – sulla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario non ha alcuna incidenza il fatto che vengano in questione – come meri atti presupposti – atti amministrativi (ivi compresi gli atti generali di autoregolamentazione dell’ente pubblico e/o atti di macro-organizzazione) data la possibilità per il giudice ordinario di disapplicarli, laddove li ritenga rilevanti ai fini della decisione ma illegittimi, come risulta confermato dell’art. 63 cit., comma 1 (ex multis: Cass. SU n. 13169 del 2006; Cass. SU n. 3677 del 2009; Cass. SU n. 11712 del 2016);

che, viceversa, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo quando la controversia ha come oggetto principale la contestazione della legittimità degli atti amministrativi autoritativi con i quali l’Amministrazione ha operato le proprie scelte discrezionali circa le modalità di copertura dei posti vacanti ovvero di attribuzione di incarichi direttivi e quindi siano principaliter impugnati gli atti organizzativi mediante i quali le Amministrazioni pubbliche definiscono secondo i principi generali fissati da disposizioni di legge le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, individuando gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1), mentre l’eventuale pretesa di accertamento dell’invalidità del provvedimento di conferimento dell’incarico e della stipulazione del contratto, in questi casi, ha carattere consequenziale rispetto a quella afferente la legittimità degli atti amministrativi impugnati;

che, infatti, in quest’ultimo caso la posizione fatta valere in giudizio appartiene alla categoria degli interessi legittimi, la cui tutela è demandata al giudice amministrativo – al quale spetta il controllo sulle modalità di esercizio del potere amministrativo ai sensi dell’art. 103 Cost. – perchè nel giudizio non si controverte del diritto soggettivo all’assunzione o all’incarico direttivo, bensì delle modalità di esercizio di poteri autoritativi dell’Amministrazione, nella fase antecedente alla pubblicazione della graduatoria del concorso oppure all’esito della selezione per l’incarico direttivo, anche se i relativi effetti si sono poi riverberati sulla singola assunzione, ma in senso derivato (Cass. SU 1 giugno 2017, n. 13851; Cass. SU 20 dicembre 2016, n. 26272; Cass. SU 1 luglio 2016, n. 13534; Cass. 6 marzo 2009, n. 5588);

che, del resto, in simili controversie, in caso di illegittimità degli atti impugnati (anche generali o di macro-organizzazione), non può operare il potere di disapplicazione del giudice ordinario, che presuppone la deduzione di un diritto soggettivo direttamente inciso da un provvedimento amministrativo e non una situazione giuridica suscettibile di assumere la consistenza di diritto soggettivo solo all’esito della rimozione del provvedimento amministrativo di macro-organizzazione impugnato (vedi, per tutte: Cass. SU 31 maggio 2016, n. 11387; Cass. SU 27 febbraio 2017, n. 4881; Cass. SU 13 novembre 2018, n. 29080 cit.; Cass. SU 21 dicembre 2018, n. 33212);

che, nel descritto quadro normativo e giurisprudenziale, il principio-cardine per individuare il giudice dotato in concreto di giurisdizione è quello secondo cui non va utilizzato a tal fine il criterio della soggettiva prospettazione della domanda, ma quello del c.d. “petitum sostanziale”, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio quale risulta dai fatti materiali allegati dall’attore e dalle particolari caratteristiche del rapporto giuridico di cui si discute in giudizio, caratteristiche che si evincono da detti fatti (ex multis: Cass. SU 28 giugno 2006, n. 14846; Cass. SU 27 novembre 2007, n. 24625; Cass. SU 25 giugno 2010, n. 15323; Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21677);

che, quindi, se in base al suddetto criterio del petitum sostanziale – da determinare all’esito dell’indagine sull’effettiva natura della controversia in relazione alle peculiarità del singolo rapporto fatto valere in giudizio – si accerta che la controversia attiene alla lesione di un diritto soggettivo derivante da un atto o comportamento posto in essere dalla P.A. con i poteri del privato datore di lavoro, la giurisdizione compete al giudice ordinario senza che rilevi che la pretesa giudiziale sia stata prospettata come richiesta di annullamento di uno o più atti amministrativi (Cass. SU 28 giugno 2006, n. 14846; Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21677; Cass. n. 33212 del 2018 cit.) o che comunque nel giudizio vengano in questione “atti amministrativi presupposti” illegittimi incidenti direttamente o indirettamente sulle situazioni giuridiche soggettive di cui si tratta, come tali disapplicabili da parte del giudice ordinario;

che nel ricorso introduttivo del giudizio di cui si tratta in questa sede l’avv. P.C.N. ha sostanzialmente contestato la scelta di carattere essenzialmente fiduciario effettuata, nelle determinazioni n. 118, n. 132 e n. 147 del 3 ottobre 2018, dal Direttore generale dell’INPS – previo interpello e secondo la procedura indicata nella Determinazione presidenziale n. 33 del 5 aprile 2018, cui aveva partecipato senza esito favorevole anche il ricorrente originario – di conferimento degli incarichi di coordinamento rispettivamente centrale e territoriale dell’Area Professionale Legale attribuiti agli avvocati G.A. (Coordinatore centrale per le Risorse Umane), T.R. (Coordinatore Regionale Legale in Puglia) e C.V. (Coordinatore Distrettuale Legale di Bari) domandando, altresì, l’annullamento degli atti presupposti, ivi comprese la determinazione presidenziale n. 33 del 5 aprile 2018, con la quale sono stati adottati i “Criteri e modalità per il conferimento degli incarichi di coordinamento al personale dell’Area dei professionisti e dell’Area medica nonchè la nota dell’Istituto n. 2772/2018 recante l’interpello conclusosi con i suddetti conferimenti di incarichi;

che, come risulta dall’art. 33 del CCNL 21 luglio 2010 per la Dirigenza dell’Area VI (Enti pubblici non economici e Agenzie fiscali), i suddetti incarichi vengono attribuiti a professionisti delle singole Aree professionali, al fine di favorire la razionale distribuzione dei compiti tra i professionisti e la promozione della necessaria uniformità di indirizzo, ma non comportano una “progressione verticale novativa”, nè danno luogo a sovraordinazione gerarchica di alcun tipo nei confronti di altri professionisti, sono di natura temporanea e sono revocabili anche prima della scadenza prevista;

che ne deriva che, in base al suddetto criterio del petitum sostanziale, è evidente che la controversia instaurata dall’avvocato P., attiene alla lesione del diritto soggettivo al conferimento degli incarichi di coordinamento centrale o territoriale asseritamente derivante da atti o comportamenti posti in essere dalla P.A. con i poteri del privato datore di lavoro (in particolare, rappresentati dai provvedimenti del direttore generale conclusivi delle selezioni per interpello de quibus) del citato D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 5, sicchè essa rientra nella giurisdizione del giudice ordinario senza che rilevi in contrario la soggettiva prospettazione della pretesa giudiziale effettuata dall’originario ricorrente come richiesta di annullamento di atti amministrativi, anche di macro-organizzazione, perchè tali atti vengono in questione come meri “atti amministrativi presupposti”, incidenti direttamente o indirettamente sulle anzidette situazioni giuridiche di diritto soggettivo (del ricorrente e dei controinteressati) e, in quanto tali, possono essere disapplicati dal giudice ordinario, secondo quanto si è detto;

che, in conclusione, il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione deve essere accolto, per le ragioni suindicate;

che, pertanto, sulla causa promossa dall’avv. P.C.N. va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario dinanzi al quale vanno rimesse le parti, anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario davanti al quale rimette le parti, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2019

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