Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29463 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. III, 23/12/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 23/12/2020), n.29463

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35578-2019 prgposto da:

K.M., rappresentato e difeso dall’avvocato AMERIGA MARIA

PETRUCCI;

– ricorrenti –

e contro

PREFETTURA POTENZA, MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 89/2019 del GIUDICE DI PACE di POTENZA,

depositata il 28/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/07/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA;

udito l’Avvocato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente K.M. è cittadino del (OMISSIS). Ha ricevuto notifica del decreto di espulsione da parte del Prefetto di Potenza, e lo ha impugnato davanti al Giudice di pace di quella città adducendone la nullità per vizi formali, ossia per difetto di sottoscrizione da parte del Prefetto, per difetto di autenticazione – della copia consegnatagli, di motivazione del provvedimento. Riteneva altresì che fosse parimenti nullo il provvedimento di allontanamento disposto dal questore, anche esso per difetto di motivazione.

Il Giudice di Pace ha rigettato le ragioni del ricorrente, che ora impugna quella decisione con sette motivi di ricorso.

Non v’è costituzione del Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

l.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 e del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 18. Egli sostiene che il decreto di espulsione gli è stato consegnato in copia non autentica.

Ritiene dunque che il difetto di autenticazione rende nullo l’atto non potendosi stabilire se la copia consegnata sia conforme all’originale.

Il motivo è del tutto infondato.

Il ricorrente allega al ricorso il decreto di espulsione impugnato, alla fine del quale si dà atto che è stato redatto in quattro originali, uno dei quali consegnato all’interessato.

Lo stesso Giudice di pace, nell’ordinanza, dà atto che il decreto è consegnato in originale.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia sia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 che della L. 241 del 1990, art. 2 sul procedimento amministrativo.

Il decreto di espulsione è ritenuto nullo perchè sottoscritto dal prefetto Vicario in mancanza di delega da parte del prefetto titolare e senza indicazione delle ragioni per cui quest’ultimo non può provvedere direttamente e deve dunque delegare la firma.

Anche questo motivo è infondato.

Infatti, legittimo il decreto di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), che sia stato emesso e sottoscritto dal vice prefetto vicario, anzichè dal prefetto, a nulla rilevando la mancanza dell’espressa menzione delle ragioni di assenza o impedimento del prefetto, in quanto questi può, di diritto, essere sostituito dal vicario in tutte le sue funzioni ed attribuzioni (Cass. n. 18540/ 2016).

3 Con il terzo ed il quarto motivo si deduce nullità del decreto di espulsione (per violazione altresì del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13), in quanto non sarebbero specificate le ragioni che hanno indotto alla espulsione, ossia il decreto non sarebbe motivato adeguatamente.

Posta la questione davanti al Giudice di pace, costui l’ha liquidata affermando perentoriamente che il decreto “risulta sufficientemente e compiutamente motivato ed adottato in presenza di tutti i presupposti di legge”.

Il motivo è inammissibile e comunque infondato.

E’ inammissibile in quanto la questione del difetto di motivazione del decreto era stata decisa dal Giudice di pace con motivazione ritenuta insufficiente, e dunque avrebbe dovuto essere quest’ultima ad essere oggetto di censura.

Inoltre è regola che in tema di espulsione del cittadino straniero, l’omessa informazione in ordine alla possibilità di avvalersi di un termine per la partenza volontaria ai fini dell’esecuzione del provvedimento espulsivo, può essere fatta valere esclusivamente nel giudizio di convalida avverso il provvedimento di accompagnamento coattivo o di trattenimento (nelle ipotesi predeterminate dalla legge) emesso dal questore, attesa la separazione in due fasi distinte del complessivo procedimento di allontanamento coattivo dello straniero, legittimamente previste dal nostro ordinamento. Ne consegue l’insussistenza della violazione della direttiva 2008/115/CE in quanto il diritto dell’interessato a contraddire o a difendersi in merito all’alternativa tra partenza volontaria e esecuzione coattiva dell’espulsione può dispiegarsi nel predetto giudizio di convalida, in una sede, peraltro, anticipata, date le rigide scansioni temporali previste dalla legge, rispetto al giudizio d’impugnazione del decreto espulsivo (Cass. 13240/2018; Cass. 7128/2020).

Ad ogni modo, dal decreto allegato risulta la ragione della espulsione, vale a dire l’ingresso irregolare dello straniero in Italia, ed il suo irregolare soggiorno.

4. Con il quinto motivo si deduce violazione della direttiva 2008/115 che ha introdotto il principio di gradualità e volontarietà dell’allontanamento, che avrebbe dovuto imporre di avvisare lo straniero della possibilità di lasciare volontariamente il territorio dello Stato e comunque è stata violata la Direttiva nella parte in cui prevede che l’attività istruttoria deve essere comprensibile, e che la mancata conoscenza della lingua da parte dello straniero impone la nomina di un interprete.

Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

E’ inammissibile nella misura in cui denuncia la mancata nomina dell’interprete e dunque la circostanza che il ricorrente non abbia potuto comprendere gli atti del procedimento, e lo è in quanto si tratta di un fatto di cui si chiede affermazione o nuovo accertamento in questa sede.

E’ infondato in quanto dal testo del decreto allegato risulta la traduzione in arabo, e risulta altresì che il ricorrente è stato informato della possibilità di allontanarsi volontariamente, ed egli ha rifiutato di farlo (p. 1 del decreto).

5. Il sesto ed il settimo motivo attengono invece alla nullità del provvedimento del Questore per difetto di motivazione.

I motivi sono inammissibili in quanto Il provvedimento con il quale il questore, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5, ordina allo straniero, colpito da provvedimento prefettizio di espulsione, di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni non è suscettibile di autonoma impugnazione davanti all’autorità giudiziaria ordinaria con il procedimento previsto dal medesimo D.Lgs., art. 13 per l’opposizione all’espulsione, non essendo ammissibile un’indeterminata espansione dei mezzi di tutela tassativamente indicati dalla legge (Cass. 13115/ 2011).

Il ricorso va pertanto rigettato.

PQM

La corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

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