Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29461 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. I, 15/11/2018, (ud. 13/06/2018, dep. 15/11/2018), n.29461

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 2786/14, proposto da:

Curatela del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,

presso lo studio dell’avvocato V. Mormando, rappresenta e difesa

dall’avv.to Daniela Adriana Maria Montimurro, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca Popolare del Mezzogiorno s.p.a., in persona del legale rappres.

p.t., elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio

dell’avv.to Maria Augusta Dramisino, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Maria Antonietta Tanico, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza n.304/2012,

depositata il 19/12/2012;

udita la relazione del consigliere, dott. Rosario Caiazzo, nella

camera di consiglio del 13 giugno 2018.

Fatto

RILEVATO

CHE:

La Banca Popolare del Mezzogiorno s.p.a. propose appello, innanzi alla Corte di appello di Potenza, avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Matera il 6.11.09 che accolse la domanda di revocatoria, ex art. 67, n. 2, legge fall., proposta dalla curatela del fallimento della (OMISSIS) s.r.l.. L’impugnazione è stata accolta, argomentando che: la curatela non aveva provato la conoscenza dello stato d’insolvenza attraverso vari indici sintomatici addotti, quali l’andamento dei conti correnti tra le parti e l’esame dei dati di bilancio degli esercizi 1995 e 1996, considerato che la banca, al 23.3.98, non conosceva i dati dell’esercizio finanziario 1997 della società fallita e che, in particolare, non era stato allegato alcun elemento idoneo a dimostrare la conoscenza dell’insolvenza nel periodo dal 15.4.98 al 22.11.98.

La curatela fallimentare ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Si è costituita con controricorso la Banca Popolare del Mezzogiorno s.p.a. Le parti hanno depositato memorie.

Il Pubblico Ministero ha depositato relazione concludendo per l’inammissibilità del ricorso.

Il collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con l’unico motivo del ricorso è stato denunziato l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in quanto la Corte d’appello non aveva adeguatamente motivato circa l’applicabilità delle presunzioni della conoscenza dello stato d’insolvenza, omettendo di sviluppare un esame complessivo della questione con riguardo ai dati di bilancio.

Il ricorso è inammissibile.

Preliminarmente, è infondata l’eccezione sollevata dalla banca secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile perchè tardivo, in quanto proposto oltre l’anno di cui all’art. 327 c.p.c.. Al riguardo, va osservato che il ricorso fu notificato il 24.1.2014, entro il termine annuale di decadenza decorrente dal 19.12.2012, data di pubblicazione della sentenza impugnata. Infatti, nella fattispecie è applicabile la versione previgente dell’art. 327 c.p.c. (riferita, appunto, al termine annuale di decadenza per l’impugnazione), atteso che secondo la L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 1, la riforma del predetto art. 327 c.p.c. (che ha ridotto a sei mesi il termine lungo di decadenza) è applicabile ai giudizi promossi dopo il 4 luglio 2009; invero, la citazione introduttiva del giudizio in questione fu invece notificata nel 2004.

Pertanto, applicando il termine annuale maggiorato del termine di sospensione feriale di gg. 45 – che è stato ridotto a gg. 30 a partire dal 2015 – il ricorso risulta proposto nell’osservanza della legge.

Premesso ciò, il ricorso è inammissibile sotto vari profili. Anzitutto, l’unico motivo è stato declinato sullo schema della previgente formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, avendo la ricorrente curatela lamentato sia un’omessa valutazione degli elementi probatori afferenti alla scientia decoctionis, sia un’insufficiente motivazione, ritenuta illogica e inadeguata.

Ora, nel caso concreto è applicabile l’ultima versione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, oggetto della riforma del 2012, tenuto conto della data di pubblicazione della sentenza d’appello; pertanto, è inammissibile la censura dell’insufficiente o inadeguata motivazione, mentre non sussiste alcun omesso esame dei fatti di causa, nè è emersa un motivazione apparente, perplessa o palesemente contrastante con le premesse in fatto da cui muove la sentenza impugnata. Inoltre, il motivo è inammissibile anche perchè diretto al riesame del merito, attraverso varie censure tutte riguardanti i fatti di causa, riguardo alla valutazione degli elementi probatori.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 11.000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, la maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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