Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29459 del 23/12/2020
Cassazione civile sez. III, 23/12/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 23/12/2020), n.29459
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 33334/2019 proposto da:
L.A., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
MAURO STRAINI;
– ricorrente –
contro
UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO BIELLA, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso l’ordinanza n. 139/2019 del GIUDICE DI PACE di BIELLA,
depositata 08/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
23/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
Fatto
RITENUTO
che:
L.A. impugna il decreto di espulsione del giudice di pace di Biella del 8 ottobre 2019 affidandosi ad un motivo di censura: a) il signor L.A. cittadino (OMISSIS) è entrato nel territorio italiano munito di regolare permesso Shenghen e ciò farebbe venir meno il presupposto del provvedimento di espulsione, ovvero l’illegale presenza sul territorio nazionale. E sul punto nulla ha argomentato il giudice di Pace.
Diritto
RILEVATO
che:
3. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente non coglie la ratio decidendi dell’ordinanza. Infatti il Giudice del merito con motivazione scevra di qualsivoglia vizio logico-giuridico ha affermato che il ricorrente è rimasto sul territorio italiano per 5 anni senza permesso di soggiorno; che ha dichiarato di non voler ritornare nel suo paese d’origine e non ha richiesto la concessione del termine per la sua partenza volontaria. Tale articolata ratio decidendi non è stata impugnata adeguatamente nel motivo di ricorso che si limita a contestare, in modo del tutto generico, che il signor L. non doveva, una volta scaduto il visto turistico, richiedere alcun permesso di soggiorno.
4. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la indefensio della parte pubblica.
5. L’inammissibilità del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), a condizione che esso sia dovuto: condizione che non spetta a questa Corte stabilire. La suddetta norma, infatti, impone all’organo giudicante il compito unicamente di rilevare dal punto di vista oggettivo che l’impugnazione ha avuto un esito infruttuoso per chi l’ha proposta.
PQM
la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020