Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29459 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. I, 15/11/2018, (ud. 13/06/2018, dep. 15/11/2018), n.29459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22931/12, proposto da:

M.G.; M.E.; quali eredi di

M.L.; F.M., quale erede di Ma.Lu.; elett.te

domic. in Roma presso l’avv. Giorgio Stella Richter che li rappres.

e difende unitamente all’avv. Claudio Castagnetti con procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Curatela del fallimento della (OMISSIS) s.n.c., in persona del

curatore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio

dell’avvocato A. Buonafede, rappresenta e difesa dall’avv. Roberto

Ferrari, in virtù di autorizzazione del giudice delegato del

2.11.12, giusta procura speciale a margine del controricorso;

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro

p.t.; Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del

Presidente p.t.; Agenzia del Demanio, in persona del direttore p.t.;

rappres. e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso cui

elett.te domic. in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Bologna n. 90/12,

depositata il 16/1/2012;

udita la relazione del Consigliere, Dott. Rosario Caiazzo, nella

camera di consiglio del 13 giugno 2018.

Fatto

RILEVATO

Che:

Il fallimento della (OMISSIS) s.n.c. citò innanzi al Tribunale di Rimini M.L., quale erede di M.C., chiedendo dichiararsi l’inopponibilità alla massa dei creditori e l’inefficacia L. Fall., ex art. 45, del contratto del 18.3.95 tra M.C. e la (OMISSIS) s.n.c. avente ad oggetto la vendita di un autobus Fiat per il prezzo di Lire 148 milioni in quanto trascritto al P.r.a. dopo la dichiarazione di fallimento; in subordine, la curatela chiese la revoca L. Fall., ex art. 67, comma 1, del medesimo contratto e la condanna della parte convenuta alla restituzione dell’autobus, oltre al risarcimento dei danni e, nell’ipotesi di mancata restituzione del mezzo, la condanna alla restituzione dell’equivalente in denaro, con rivalutazione ed interessi legali.

Nel corso del giudizio il fallimento chiamò in causa m.l. e Lu., quali coeredi di M.C. alle quali estese le domande proposte in citazione.

Si costituirono i convenuti, resistendo alle domande.

Il Tribunale, con sentenza del 2003, dichiarò l’inefficacia della suddetta vendita e condannò in solido M.L., l. e Lu. al pagamento dell’equivalente in denaro del bene ceduto, non essendone possibile la restituzione, per la somma di Euro 76.435,62 oltre rivalutazione ed interessi. M.L., l. e F.M. – quest’ultimo quale erede di Ma.Lu. – proposero appello; si costituì il fallimento. Interrotto il giudizio, fu poi riassunto nei confronti degli eredi di M.L..

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza emessa il 16.1.2012, ha respinto l’impugnazione, in quanto: la vendita era inopponibile al fallimento a norma della L. Fall., art. 45, poichè trascritta al P.r.a. dopo la dichiarazione di fallimento, pur avendo l’acquirente depositato la richiesta di trascrizione anteriormente; l’obbligazione di restituzione del tandundem – data l’impossibilità di restituire l’automezzo – era indivisibile, di carattere solidale e a carico di tutti gli eredi; l’eccezione di prescrizione era infondata in quanto il relativo termine decennale non era trascorso, peraltro interrotto per tutti dalla citazione notificata a M.C. e L.; era dovuta la rivalutazione, quale debito di valore.

M.G. e E. – quali eredi di M.L., F.M., quale erede di Ma.Lu., hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. La curatela ha depositato memoria.

La Corte, con ordinanza interlocutoria emessa il 12.12.2017, ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di m.l. quale parte necessaria del giudizio.

Si sono altresì costituiti, con controricorso, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Agenzia del Demanio, a seguito della notifica del ricorso nei confronti dello Stato quale erede necessario di m.l..

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo è stata denunziata violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 45, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, poichè la Corte d’appello aveva ritenuto che il deposito della richiesta di trascrizione dell’atto di cessione prima del fallimento non costituisse violazione del suddetto art. 45, conferendo certezza alla data del contratto.

Il motivo è infondato, in applicazione della giurisprudenza di questa Corte – cui il collegio intende dare continuità – secondo cui la sola trascrizione dell’atto di acquisto nel pubblico registro automobilistico ne determina l’opponibilità al fallimento (Cass., n. 7954/91) a nulla rilevando il deposito della richiesta di trascrizione in data anteriore alla dichiarazione di fallimento. Tale principio trova conferma nel consolidato e costante orientamento di questa Corte in ordine alla similare questione dell’opponibilità alla massa dei creditori degli atti di vendita immobiliari – ciò per la sostanziale medesimezza degli argomenti di diritto – a tenore del quale l’opponibilità al fallimento del venditore di un suo atto di vendita immobiliare richiede non solo che l’atto stesso abbia data certa, a norma dell’art. 2704 c.c., ma anche che le formalità necessarie a rendere opponibili gli atti ai terzi, nella specie la trascrizione, siano compiute, L. Fall., ex art. 45, in data anteriore all’apertura della procedura concorsuale (Sez. 2, Sentenza n. 23784 del 16/11/2007; Sez. 1, Sentenza n. 8545 del 8/05/2003; Sez. 2, Sentenza n. 11958 del 28/06/2004; Sez. 1, Sentenza n. 3106 del 17/03/2000).

Nel caso concreto, dunque, la richiesta di trascrizione ha sì conferito data certa al contratto di cessione dell’automezzo, ma per rendere opponibile il negozio alla massa dei creditori sarebbe stato necessario l’ulteriore adempimento della trascrizione presso il P.r.a. che, invece, è avvenuta dopo la dichiarazione di fallimento.

Con il secondo motivo è stata denunziata violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1314,1316,752,1292,1295 e 1224 c.c. e art. 102 c.p.c., in quanto la Corte di merito ha erroneamente disposto il pagamento degli interessi dalla data dell’atto (per la verità, sia nella sentenza impugnata che nello stesso ricorso è scritto che il Tribunale aveva disposto il pagamento degli interessi dalla data della dichiarazione del fallimento), anzichè dalla data della domanda perchè l’obbligazione, originariamente di valore e indivisibile, si era trasformata in obbligazione di valuta e divisibile con la liquidazione giudiziale ed era un’obbligazione parziaria.

Il motivo è infondato perchè, se è vero che la liquidazione trasforma il debito di valore in debito di valuta, la liquidazione giudiziale si ha soltanto con la sentenza, che nella specie è successiva al periodo per il quale si contestano gli interessi (il periodo, cioè, tra la data del contratto – rectius, del fallimento – e la data della domanda). Dunque in quel periodo il debito era di valore (e il riconoscimento degli interessi, da parte del Tribunale, può essere inteso come una forma di attualizzazione del valore stesso, tenuto conto che era stato utilizzato come parametro il prezzo di vendita).

Con il terzo motivo è stata denunziata violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1314,1316,752,1292,1295 e 1224 c.c., in relazione agli artt. 1310 e 2946 c.c., deducendo che in favore del ricorrente F.M. era maturata la prescrizione decennale (tra la data della vendita e quella della chiamata in causa della sua dante causa Ma.Lu. erano trascorsi oltre dieci anni) e l’atto interruttivo costituito dalla notifica della citazione al coerede M.L. non aveva esteso la sua efficacia anche a Lu., non essendo quest’ultima obbligata in solido (art. 1310 c.c., comma 1), bensì titolare di una obbligazione parziaria, in quanto coerede, ex art. 754 c.c..

Il motivo è inammissibile. E’ incontestato che la condanna sia stata pronunciata a titolo di risarcimento del danno per inadempimento dell’obbligazione restitutoria, divenuta impossibile; tuttavia dal ricorso non si evince quando si è verificata questa impossibilità (e dunque la conversione dell’obbligazione restitutoria, unitaria, in obbligazione risarcitoria) pur trattandosi di un dato essenziale, perchè se alla data dell’apertura della successione la restituzione fosse stata ancora possibile, i coeredi M.L., l. e Lu. sarebbero stati titolari di una obbligazione restitutoria unitaria, di guisa che l’effetto interruttivo della prescrizione costituito dalla citazione in giudizio di M.L., si estendeva anche ai coeredi, ai sensi dell’art. 1310 c.c..

Ne consegue che il ricorso, limitatamente alla doglianza in questione, è generico.

Le spese seguono la soccombenza dei ricorrenti nei confronti del fallimento controricorrente e vanno compensate nei rapporti tra i ricorrenti e l’Amministrazione dello Stato nei cui confronti non è stata proposta alcuna domanda.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del fallimento controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 7000,00 per compensi oltre Euro 200,00 per esborsi, la maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge; compensa le spese tra i ricorrenti e l’amministrazione resistente.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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