Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29457 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. II, 15/11/2018, (ud. 26/09/2018, dep. 15/11/2018), n.29457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17742/2016 proposto da:

A.M., B.A., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEI SAVORELLI 11, presso lo studio dell’avvocato ANNA CHIOZZA,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE

CLEMENTI, FEDERICA SEVERINO, PIETRO CLEMENTI, PAOLA CAMPOSTRINI in

virtù di procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

e contro

Z.G., Z.A., ZA.GI.,

Z.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 975/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 29/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2018 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l’Avvocato Anna Chiozza per i ricorrenti.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La Corte d’Appello di Venezia con la sentenza n. 975 del 29 aprile 2016, dichiarava la nullità della sentenza del Tribunale di Verona n. 1163/2013 in quanto pronunziata all’esito di un giudizio svoltosi in assenza di alcuni litisconsorti necessari, rimettendo ex art. 354 c.p.c., la causa dinanzi al giudice di primo grado.

A tal fine rilevava che il box del quale gli attori, A.M. e B.A., avevano chiesto accertarsi l’usucapione nei confronti degli odierni intimati, insisteva in parte sul mappale (OMISSIS) ed in parte sul mappale (OMISSIS), quest’ultimo di proprietà di terzi rimasti estranei al giudizio.

Si riteneva che, poichè gli attori avevano chiesto l’accertamento dell’acquisto del box, e non solo della porzione sottostante il manufatto, e che il box era quindi divenuto anche di proprietà di terzi in base al principio dell’accessione, il giudizio non poteva che svolgersi nei confronti di tutti i comproprietari.

Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso A.M. e B.A. sulla base di tre motivi illustrati anche da memorie.

Gli intimati non hanno svolto difese in questa fase.

2. Preliminarmente deve rilevarsi che non appare possibile accedere alla tesi di parte ricorrente secondo cui sarebbe intervenuta la cessazione della materia del contendere a seguito della pronuncia di questa Corte n. 9179/2017, che a detta della stessa parte ricorrente avrebbe accertato la proprietà esclusiva in capo ai ricorrenti, e nei confronti degli stessi intimati, della particella n. (OMISSIS), che in questa sede è invece oggetto della domanda di usucapione.

Ed invero, in disparte l’assenza di una formale rinuncia al presente ricorso, va rilevato che dalla lettura della citata sentenza, il cui dispositivo prevede il solo rigetto del ricorso, non è dato ricavare in maniera univoca quale fosse il contenuto della sentenza d’appello gravata, non essendo quindi possibile, in mancanza della produzione anche della decisione di merito, verificare se effettivamente i giudici di appello avessero anche statuito circa la proprietà esclusiva della particella in esame.

3. Il primo motivo di ricorso con il quale si deduce che la Corte d’appello avrebbe fatto erroneamente applicazione dell’art. 934 c.c., in luogo dell’art. 938 c.c., quanto all’acquisto della porzione di box realizzata sul fondo di cui alla particella n. (OMISSIS), appartenente a terzi, è inammissibile.

Ed, infatti, anche a voler sorvolare circa la applicabilità di tale norma in relazione ad un’ipotesi in cui, alla data della realizzazione del box, gli attori non erano ancora proprietari della particella n. (OMISSIS), sulla quale è stata realizzata l’altra porzione del manufatto, trattasi di questione nuova, che non risulta sia stata precedentemente trattata nel corso del giudizio di merito, e che gli stessi ricorrenti non indicano in quale dei loro scritti difensivi sia stata eventualmente prospettata, così che, involgendo anche questioni di fatto (quali la mancata opposizione del proprietario del suolo occupato) è preclusa in sede di legittimità, implicando in maniera evidente accertamenti di fatto (quale tra tutti la verifica della buona fede degli occupanti).

Del pari privo di fondamento deve ritenersi il secondo motivo con il quale si contesta la corretta qualificazione come bene immobile del manufatto in lamiera di cui si richiede l’accertamento dell’acquisto per usucapione, in quanto trattasi di censura di merito, sottratta al sindacato di questa Corte (e ciò in disparte dell’evidente carenza del requisito di specificità del motivo nella parte in cui, pur richiamando gli accertamenti peritali, omette di riprodurne in ricorso il contenuto, in violazione di quanto disposto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

Risulta invece fondato, ad avviso del Collegio, il terzo motivo il quale denunzia l’erronea applicazione dell’art. 934 c.c..

Si evidenzia che il box è stato realizzato in parte sulla particella n. (OMISSIS), appartenente agli intimati, ed in parte sulla particella n. (OMISSIS) di proprietà di terzi estranei al giudizio.

La domanda attorea era sin dall’inizio limitata al solo acquisto per usucapione della porzione del box (e della strada di accesso) insistenti sulla particella di proprietà degli Z., dovendosi però escludere che la circostanza che la sua edificazione coinvolga vari fondi implichi l’acquisto in comunione del bene per accessione tra tutti i comproprietari dei fondi interessati dall’opera.

La doglianza è fondata.

La Corte d’Appello ha ravvisato l’esistenza del litisconsorzio necessario facendo essenzialmente leva sul fatto che gli attori avevano chiesto l’accertamento dell’usucapione del manufatto in lamiera e della rampa di accesso, sostenendo che l’opera, ex art. 934 c.c., doveva essere ritenuta in comproprietà tra gli Z. ed i diversi proprietari della particella adiacente.

L’affermazione non è condivisibile.

In tal senso giova richiamare i precedenti di questa Corte in base ai quali, nel caso in cui più soggetti, proprietari in via esclusiva di aree tra loro confinanti, si accordino per realizzare una costruzione, per il principio dell’accessione, ciascuno di essi, salvo convenzione contraria, acquista la proprietà esclusiva della parte di edificio che insiste in proiezione verticale sul proprio fondo, con la conseguenza che anche le opere e strutture inscindibilmente poste a servizio dell’intero fabbricato (quali scale, androne, impianto di riscaldamento, ecc.) rientrano per accessione, in tutto o in parte, a seconda della loro collocazione, nella proprietà esclusiva dell’uno o dell’altro, salvo l’istaurarsi sulle medesime, in quanto funzionalmente inscindibili, di una comunione incidentale di uso e di godimento, comportante l’obbligo dei singoli proprietari di contribuire alle relative spese di manutenzione e di esercizio in proporzione dei rispettivi diritti dominicali (Cass. n. 5112/2006; conf. Cass. n. 3714/1994).

L’erroneo presupposto da cui è partita la Corte distrettuale è rappresentato dall’affermazione secondo cui anche laddove un manufatto sia realizzato su due fondi contigui, ma appartenenti a soggetti diversi, si instauri una comunione sull’opera realizzata, trascurando invece che la proprietà dello stesso resta esclusiva nella parte che si sviluppa in proiezione verticale sulle porzioni di rispettiva titolarità.

I ricorrenti hanno ampiamente dedotto ed argomentato in ricorso circa la portata della loro domanda, come limitata all’acquisto della proprietà della sola parte del box (nonchè della rampa di accesso), insistente sulla particella catastale appartenente in esclusiva agli Z., laddove la soluzione della sentenza gravata si fonda esclusivamente sull’asserita, ma non condivisibile, natura comune del box.

La sentenza deve essere quindi cassata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo di ricorso, e rigettati i primi due, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Venezia;

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, in il 26 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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