Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29455 del 07/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 29455 Anno 2017
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 18466-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
GALIMBERTI SIMONETTA MARIA FRANCESCA, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA OTI’AVIANO 105, presso lo studio
dell’avvocato PAOLO DI FEO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MAURO CARLO MARTELLA;

controricorrente

avverso la sentenza n. 817/11/2016 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO, depositata il 15/02/2016;

Data pubblicazione: 07/12/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 16/11/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CON -11.
Fatti e motivi della decisione
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato

indicata in epigrafe che, respingendo l’appello proposto
dall’ufficio, ha confermato la decisione di primo grado con la
quale era stato annullato l’avviso di accertamento relativo ad
Irpef emesso a carico di Galimberti Simonetta Maria Francesca,
non avendo l’Ufficio provveduto ad alcuna contestazione
rispetto alla puntuale ricostruzione reddituale effettuata dalla
contribuente.
La parte intimata resiste con controricorso e memoria.
Il procedimento può essere definito con motivazione
semplificata.
Con il primo motivo l’Agenzia prospetta la nullità della sentenza
per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e 36,
n.4 d. Igs. n. 546/1992, lamentando la mancanza di un
apparato motivazionale effettivo idoneo a sorreggere la
decisione impugnata, risolvendosi la motivazione della
sentenza in una serie di affermazioni apodittiche che non
consentono di comprendere le ragioni della decisione.
Il motivo è infondato.
In proposito, deve tenersi conto degli insegnamenti di questa
Corte in ordine alla “mancanza della motivazione”, che, con
riferimento al requisito della sentenza di cui all’art. 132 c.p.c.,
n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto, nel
senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante
dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della

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a due motivi, avverso la sentenza della C.T.R. Lombardia

decisione senza alcuna argomentazione, ovvero quando,
seppure essa formalmente esista come parte del documento, le
sue argomentazioni siano svolte in modo talmente
contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di
riconoscerla come giustificazione del

decisum

(Cass. 18

8053).
Sussiste dunque la nullità della sentenza per motivazione solo
apparente quando essa risulta fondata su una mera formula di
stile, riferibile a qualunque controversia, disancorata dalla
fattispecie concreta e sprovvista di riferimenti specifici, del
tutto inidonea dunque a rivelare la

“ratio decidendi” e ad

evidenziare gli elementi che giustifichino il convincimento del
giudice e ne rendano dunque possibile il controllo di legittimità,
ovvero caratterizzata da un “contrasto irriducibile tra
affermazioni inconciliabili” e da “motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza
del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass.
Sez. Un. 8053/2014). E’ allora necessario che il “decisum” sia
supportato dalla compiuta esposizione degli argomenti logici
che hanno sostenuto il giudizio conclusivo, in modo da
consentire la verifica “ab externo” dell’esame critico svolto dal
giudice di appello sulla censura mossa dall’appellante alla
sentenza impugnata (Cass. 5 Aprile 2017, n. 10998; Cass.11
Marzo 2016, n. 4791).
Orbene, la C.T.R. non si è limitata ad affermazione apodittiche
o assolutamente generiche, ma ha specificamente indicato la
ratio decidendi della pronunzia di accoglimento del gravame
correlandola alla correttezza della motivazione dell’atto
impugnato ed alla sia pur generica dimostrazione di livelli
reddituali idonei a giustificare i beni posseduti.
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Settembre 2009, n. 20112; Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n.

Con il secondo motivo l’Agenzia lamenta la violazione dell’art.
38, commi 4, 5 e 6 D.P.R. 600/73, dell’art. 2697 c.c., dei
DD.MM . 10 Settembre e 19 Novembre 1992, nonché dell’art.
42 D.P.R. 600/73, dell’art. 7 L. 212/2000 e degli artt. 115 e
116 c.p.c. per aver la C.T.R. erroneamente ritenuto che le

adeguata replica.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha più volte sottolineato che la disciplina del cd.
redditometro introduce una presunzione legale relativa, (cfr.
Cass. 17487/2016; 9549/2011; 4646/2011; 22936 e 22937
/2007; 16284/2007) che dispensa l’Amministrazione da
qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattoriindice della capacità contributiva, giacché codesti restano
individuati nei decreti (Cass. 7284/2017; 21142/2016;
16912/2016; 9539/2013).
Ne deriva che il giudice tributario, una volta accertata
l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità
contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di togliere a
tali elementi la capacità presuntiva contributiva che il
legislatore ha connesso alla loro disponibilità, ma può soltanto
valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla
provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile o perché
già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme
necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla
norma (Cass. 23 Luglio 2007, n. 16284; Cass.30 Settembre
2005, n. 19252).
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito i confini della prova
contraria a carico del contribuente, sottolineando che non è
sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o
il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur
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deduzioni effettuate dalla contribuente non avessero trovato

non essendo esplicitamente richiesta “la prova che detti
ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese
contestate, si ritiene che il contribuente sia onerato della prova
in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia
accaduto o sia potuto accadere” (cfr. Cass. 12207/2017;

Inoltre, questa Corte ha ripetutamente affermato che l’art. 38
D.P.R. 600/73, nella versione applicabile ratione temporisripresa a tassazione relativa all’anno 2007, per la quale non
trova applicazione la modifica di cui al D.L. n.78/2010, priva di
efficacia retroattiva(Cass.n. Cass. nn. 13707/16, 21041/14,
Cass.n.23631/2017), da un lato non prevede alcun obbligo di
contraddittorio endoprocedimentale (Cass. Sez. Un. 9
Dicembre 2015, n. 24823; 31 Maggio 2016, n. 11283), bensì
una mera facoltà e dall’altro, quand’anche il contribuente
sottoponga osservazioni all’attenzione dell’ufficio, pur essendo
previsto in capo allo stesso l’obbligo di valutare le stesse, non
può ritenersi sussistere un ulteriore obbligo di esplicitare detta
valutazione nell’atto impositivo (Cass. 31 Marzo 2017, n.
8378).
Orbene, i giudici di appello non si sono in alcun modo ispirati ai
superiori principi, omettendo di valutare in concreto gli
elementi offerti dal contribuente per superare la presunzione
nascente dal c.d.redditometro, erroneamente ritenendo che
l’Ufficio non aveva contestato la ricostruzione offerta dalla
contribuente e facendo discendere, in modo parimenti errato,
che fosse incontestata la ricostruzione fattuale offerta dalla
contribuente.
A fronte di tali considerazioni, la sentenza impugnata va
cassata con rinvio ad altra sezione della C.T.R. Lombardia,
anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità
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1332/16; 22944/15; 14885/2015; 6396/2015; 25104/2014).

P.Q.M.
La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.
Rigetta il primo motivo, accoglie il secondo. Cassa la sentenza
impugnata e rinvia ad altra sezione della C.T.R. Lombardia,
anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso il 16.11.2017 nella camera di consiglio della sesta

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