Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29453 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. II, 15/11/2018, (ud. 19/09/2018, dep. 15/11/2018), n.29453

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20189/2016 proposto da:

R.P., in proprio e quale titolare dell’omonima ditta

individuale, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA UGO DA COMO 9,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA BARBUTO, rappresentato e

difeso dall’avvocato STEFANO BESANI;

– ricorrente –

contro

CITTA’ METROPOLITANA DI MILANO, in persona del suo Sindaco

Metropolitano pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

EMILIA 88, presso lo studio dell’avvocato STEFANO VINTI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALESSANDRA ZIMMITTI,

MARIALUISA FERRARI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4813/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/09/2018 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. TRONCONE Fulvio, che conclude per

l’inammissibilità o, comunque, per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

R.P. ricorre, sulla base di due motivi, contro la sentenza 4.2.2016, con cui la Corte d’Appello di Milano ha rigettato l’impugnazione avverso la decisione di primo grado (Tribunale di Busto Arsizio n. 832/2015) che aveva, a sua volta, respinto la sua opposizione contro una ordinanza ingiunzione di pagamento emessa da quanto emerge dalla sentenza impugnata – per violazione della L.R. n. 31 del 2008, art. 45 comma 4 e art. 50, in materia di si Foreste in relazione alle disposizioni del R.R. n. 5/2007 (distruzione e danneggiamento di rinnovazione forestale su un superficie di 14.000,00 mq; sradicamento e taglio di alberi; accertamento di cataste in prossimità di strade interpoderali; interventi di manutenzione e gestione di superfici classificate a bosco in assenza di denunzia attività).

Resiste con controricorso la Città Metropolitana di Milano.

Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.

Il ricorrente ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Con un primo motivo, sviluppato in una duplice articolazione, il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 (assenza delle ragioni di fatto e di diritto circa la revoca dell’ordinanza del 10.7.2014 e circa l’inammissibilità della querela di falso).

Dopo aver riportato l’ordinanza 10.7.2014 con cui il Tribunale aveva ammesso la prova testimoniale, il ricorrente si duole della successiva revoca della stessa avvenuta all’udienza del 26.5.2015, denunziando vizi motivazionali della sentenza di primo grado.

Quanto alla affermazione contenuta nella sentenza di secondo grado, secondo cui mancherebbe una specifica impugnazione del giudizio di genericità e irrilevanza delle prove, si tratterebbe di una motivazione in contrasto con i principi di giurisprudenza sulla idoneità degli atti al raggiungimento dello scopo.

Ritiene il ricorrente di avere, con l’atto di appello, adempiuto all’onere di specificità dei motivi, e sottolinea ancora l’assenza nella sentenza del Tribunale, di una motivazione sulla revoca dell’ordinanza ammissiva della prova.

Sotto altro profilo, il ricorrente ritiene immotivato anche il giudizio di inammissibilità della querela di falso.

Il motivo è inammissibile sotto entrambi i profili in cui si articola.

Innanzitutto, lo è nella parte in cui la critica si dirige contro la sentenza di primo grado (v. tra le tante, Sez. L, Sentenza n. 6733 del 21/03/2014 Rv. 630084; Sez. L, Sentenza n. 5637 del 15/03/2006 Rv. 587584; Sez. 1, Sentenza n. 15952 del 17/07/2007 Rv. 598504).

Il motivo è inammissibile anche nella parte diretta contro la sentenza di secondo grado: avendo, infatti, la Corte d’Appello (v. pag. 12 della sentenza) incentrato sul difetto di specificità il giudizio di inammissibilità delle censure sulla ritenuta irrilevanza della prova per testi e sulla declaratoria di inammissibilità della querela di falso, il ricorrente avrebbe dovuto spiegare perchè il rifiuto della Corte di esaminare nel merito il mezzo di gravame era ingiustificato e non già appuntare le critiche sulla decisione di primo grado (v. Sez. 1, Sentenza n. 10626 del 09/05/2007 Rv. 596986) e quindi avrebbe dovuto innanzitutto riportare il relativo motivo di appello, ma non lo ha fatto, non bastando certamente la scarna esposizione contenuta a pag. 8 del ricorso.

1.2 Con un secondo motivo il ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., sull’onere della prova dell’illecito, gravante sull’amministrazione.

Il motivo è inammissibile perchè solo apparentemente denunzia una violazione di norme di diritto.

La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è configurabile infatti soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 n. 5 c.p.c. (v. Sez. 3, Sentenza n. 13395 del 29/05/2018 Rv. 649038; Sez. U, Sentenza n. 16598 del 05/08/2016 in motivazione; Sez. 3, Sentenza n. 15107 del 17/06/2013 Rv. 626907).

Nel caso di specie, la regola della ripartizione dell’onere della prova è stata correttamente osservata dai giudici di merito, i quali hanno valorizzato gli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione, ritenendoli idonei a dimostrare che il ricorrente fosse l’autore dei tagli non autorizzati (denuncia di taglio del bosco del 29.10.2008 con cui il R. aveva dichiarato di essere l’esecutore del taglio, fascicolo fotografico, verbale di accertamento), unitamente alla mancata dimostrazione, da parte del R., dell’assunto secondo cui in loco erano presenti anche altri individui che avrebbero potuto procedere ai tagli (v. pagg. 10 e ss sentenza impugnata).

D’altro canto la scelta delle presunzioni, la valutazione ed il giudizio di idoneità dei fatti posti a fondamento dell’argomentazione induttiva, traducendosi in un accertamento relativo a una mera “quaestio voluntatis”, è rimesso al giudice di merito, onde la motivazione da questi adottata, ove non viziata, non è censurabile in sede di legittimità (Sez. 3, Sentenza n. 7512 del 27/03/2018 Rv. 648302; Sez. 3, Sentenza n. 10847 del 11/05/2007 Rv. 596446; Sez. L, Sentenza n. 11906 del 06/08/2003 Rv. 565726).

L’inammissibilità del ricorso, peraltro carente anche della sommaria esposizione dei fatti di causa (v. art. 366 c.p.c., n. 3), comporta inevitabile aggravio di spese a carico del soccombente.

Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013, ricorrono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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