Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29450 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 13/11/2019), n.29450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25779-2018 proposto da:

U.F., rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO

DEFILIPPI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositato il

31/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/06/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Genova, con decreto del 23 febbraio 2018, ha dichiarato improcedibile l’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, proposta da U.F. in data 12 luglio 2017 innanzi ad essa ed avente ad oggetto domanda di equa riparazione per la irragionevole durata di un giudizio civile svoltosi davanti al Tribunale della Spezia ed alla Corte di Cassazione dal 2008 al 2016.

La Corte di Genova ha rilevato come all’iniziale udienza del 27 settembre 2017, in difetto di costituzione del Ministero della Giustizia, venne concesso all’opponente termine per rinnovare la notifica (fino al 27 ottobre 2017), rinviando al 22 novembre 2017. Tale udienza era poi differita d’ufficio al 13 dicembre 2017, allorchè, secondo il decreto impugnato, la parte neppure risultava aver provveduto alla regolare notifica dell’opposizione all’Avvocatura dello Stato (sicchè, deduce il ricorente, veniva assegnato nuovo termine per rinnovarla fino al 10 gennaio 2018). Il Ministero, costituitosi tuttavia per l’udienza del 24 gennaio 2018, aveva eccepito l’improcedibilità del ricorso, per il mancato rispetto del termine per la rinnovazione inizialmente assegnato all’udienza del 27 settembre 2017.

U.F. ha proposto ricorso in unico motivo per violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 5 ter (nonchè eccezione di incostituzionalità di tale norma), assumendo di aver eseguito in data 28 settembre 2017 la notifica (depositata telematicamente) per l’udienza del 22 novembre 2017, sicchè “alcuna omessa o inesistente notifica” vi era stata, mentre il solo termine concesso all’udienza del 13 dicembre 2017 era stato dichiarato espressamente perentorio dalla Corte d’Appello di Genova.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il provvedimento impugnato si è uniformato al principio dettato da Cass. Sez. 6 – 2, 15/09/2015, n. 18113, secondo cui, nel procedimento di equa riparazione per durata irragionevole del processo, l’opposizione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5 ter, dà luogo ad un procedimento camerale, sicchè il termine assegnato per la notificazione del ricorso non ha carattere perentorio e, laddove quest’ultima risulti omessa o inesistente, il giudice, in difetto di spontanea costituzione del resistente all’udienza fissata nel decreto (che ha valore sanante in applicazione analogica degli artt. 164 e 291 c.p.c.), deve fissare un nuovo termine, avente questo carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica (cfr. già Cass. Sez. U, 12/03/2014, n. 5700, per la disciplina di cui alla L. n. 89 del 2001, antecedente alle modifiche introdotte dal D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012).

L’adita Corte d’Appello, all’iniziale udienza de127 settembre 2017, in difetto di costituzione del Ministero della Giustizia, aveva concesso all’opponente termine per rinnovare la notifica fino al 27 ottobre 2017, termine che assume, per espressa previsione legislativa, carattere necessariamente perentorio (senza che a tal fine occorra che il giudice lo qualifichi espressamente tale), ai sensi dell’art. 291 c.p.c., ed il cui mancato rispetto determina perciò l’improcedibilità dell’opposizione.

Il termine perentorio fissato dal giudice per la rinnovazione della notifica del ricorso in opposizione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5 ter, ex art. 291 c.p.c., non può essere, invero, sospeso o prorogato, neanche per accordo delle parti, senza che l’interessato abbia provato una difficoltà a lui non imputabile (Cass. Sez. L, 14/02/2005, n. 2899).

In ciò sta anche la manifesta infondatezza della ipotizzata illegittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 5 ter, in relazione all’improcedibilità conseguente al mancato rispetto del termine perentorio fissato per rinnovare la notifica, attesa la discrezionalità del legislatore nella individuazione delle regole che disciplinano l’attività processuale, e dei termini perentori in particolare, e trattandosi di adempimento non particolarmente complesso, che perciò non si pone in contrasto con le regole che devono improntare il giusto processo e neppure ostacola apprezzabilmente l’esercizio del diritto di difesa.

Il ricorrente, in verità, assume ora che la notifica era stata eseguita in data 28 settembre 2017 ed in pari data depositata telematicamente, senza però indicare, come prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (anche per gli errores in procedendo: Cass. Sez. U, 22/05/2012, n. 8077), che tale circostanza fosse stata allegata nelle proprie difese davanti alla Corte d’Appello di Genova, allorchè la stessa, all’udienza del 13 dicembre 2017, aveva invece ordinato un’ulteriore rinnovazione dell’adempimento. Nè il ricorrente precisa se avesse giustificato, all’udienza del 13 dicembre 2017, il mancato rispetto del primo termine per rinnovazione stabilito al 27 ottobre 2017, in maniera da ottenere detta ulteriore fissazione (arg. da Cass. Sez. 1, 04/12/2015, n. 24722).

Ancora, espone il ricorrente, sempre a sostegno della sua unica censura, che “il ricorso ed il decreto di fissazione di udienza risultano essere stati notificati in data 6.09.2017… per l’udienza del 27.09.2017, nonchè in data 28.09.2017… per l’udienza del 22.11.17…”, sicchè non vi sarebbe stata “alcuna omessa o inesistente notifica, posto che la notificazione vi era stata…”. Tale asserto non trova tuttavia alcun conforto negli atti di causa prodotti dal medesimo ricorrente, atteso che, nel verbale di udienza del 27 settembre 2017, si legge che l’avvocato Bertuccio, per la parte attrice, chiese “nuovo termine per la rinnovazione della notificazione nei confronti del Ministero della Giustizia essendovi stati problemi nell’inoltro del ricorso notificato”. Era stato quindi il medesimo difensore di U.F. a rappresentare alla Corte di Genova la totale mancanza materiale dell’atto di notificazione, e non invece l’avvenuta esecuzione di un atto qualificabile come notificazione ma difforme dal modello legale (in quanto tale rientrante nella categoria della nullità: Cass. Sez. U, 20/07/2016, n. 14916). Ciò concretava proprio l’evenienza della notifica omessa o inesistente del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza del procedimento di equa riparazione, che impone al giudice di concedere al ricorrente un nuovo termine, avente carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica, secondo il richiamato principio di Cass. Sez. U, 12/03/2014, n. 5700.

D’altro canto, ove volesse prospettarsi che la decisione della Corte d’Appello di Genova si sia fondata sull’errata supposizione della omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza 27 settembre 2017, o ancora della ineseguita regolare notifica in rinnovazione entro il termine perentorio ex art. 291 c.p.c. del 27 ottobre 2017, non risultando che tali adempimenti avessero costituito un punto controverso su cui il decreto impugnato ebbe a pronunciare, essa doveva intendersi soggetta a revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4, e non, come avvenuto nella specie, a ricorso per cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto.

La parte, la quale lamenti che il giudice abbia dichiarato, come nelle specie, improcedibile il giudizio sull’erroneo presupposto della omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto o della mancata esecuzione della rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 291 c.p.c., ha, invero, l’onere di impugnare la sentenza con la revocazione ordinaria, e non col ricorso per cassazione, ove l’errore dipenda da una falsa percezione della realtà ovvero da una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo, che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (cfr. Cass. Sez. 6 – 5, 14/11/2016, n. 23173).

Il ricorrente invoca in memoria l’insegnamento ritraibile da Cass. Sez. U, 14/05/2014, n. 10416, ma tale pronuncia affermava, piuttosto, che alla parte che abbia ottenuto la sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione, agli effetti dell’art. 398 c.p.c., non è sottratta la facoltà di svolgere ugualmente tale impugnazione in data anteriore alla pronuncia sulla revocazione, tenuto conto delle circostanze e di ragioni di opportunità difensiva. Ciò non equivale a sostenere che la parte che intenda denunciare un travisamento nell’apprezzamento del giudice del merito, il quale abbia ritenuto pacifica una circostanza di causa, fondandosi sulla mera assunzione acritica di un fatto, possa alternativamente proporre istanza di revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, o ricorso per cassazione.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, condannandosi il ricorrente a rimborsare le spese del giudizio di cassazione in favore del controricorrente, nell’ammontare liquidato in dispositivo.

Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al comma 1-quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2019

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