Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29449 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. II, 15/11/2018, (ud. 04/07/2018, dep. 15/11/2018), n.29449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 28117 – 2016 R.G. proposto da:

G.E., – c.f. (OMISSIS) – rappresentata e difesa in virtù di

procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Christian Conti

ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Attilio Regolo, n.

12/D, presso lo studio dell’avvocato Lucio Stile;

– ricorrente –

contro

CURATORE del fallimento della “(OMISSIS)” s.r.l., BANCA NUOVA s.p.a.,

N.A.E., N.E., H.N.N.;

– intimati –

e

ISTITUTO CREDITO FONDIARIO s.p.a., I.R.F.I.S. – MEDIO CREDITO SICILIA

s.p.a., N.M., N.C., NU.AN., ITALFONDIARIO

s.p.a., CREDITO SICILIANO s.p.a., BANCA di ROMA s.p.a., BANCA

COMMERCIALE ITALIANA s.p.a., SICILCASSA s.p.a., I.N.P.S. – Istituto

Nazionale della Previdenza Sociale – Sede di (OMISSIS), TERRAVECCHIA

s.r.l., BANCO di SICILIA s.p.a., CREDITO ITALIANO s.p.a.,

N.F., P.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 850 dei 10.3/6.5.2016 della corte d’appello di

Palermo, udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica

del 4 luglio 2018 dal consigliere dott. Luigi Abete;

udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale dott. Del Core Sergio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di pignoramento in data 28.3.1996 il “Credito Siciliano” s.p.a. dava inizio innanzi al tribunale di Palermo ad espropriazione immobiliare in danno di N.F..

Sottoponeva ad esecuzione una pluralità di cespiti, tra cui taluni acquistati dall’esecutato allorchè era coniugato in regime di comunione legale dei beni con G.E..

Intervenivano nell’esecuzione numerosi creditori.

Interveniva altresì a seguito della notifica dell’avviso ex art. 599 c.p.c. G.E..

Il g.e. disponeva farsi luogo alla divisione ed ordinava la sospensione dell’esecuzione.

Nell’ambito del giudizio divisorio il curatore del fallimento della “(OMISSIS)” s.r.l. e la “Banca Nuova” s.p.a. deducevano che gli immobili pervenuti a N.F. a seguito della liquidazione della “I.E.S.” s.r.l. dovevano reputarsi di esclusiva proprietà dell’esecutato; che invero la scrittura in data 20.7.1984, con cui a N.F. erano state trasferite, in costanza di matrimonio con G.E., le quote di partecipazione nella liquidata s.r.l., aveva natura di atto di liberalità ovvero di donazione dissimulata, sicchè le medesime quote non erano entrate a far parte della comunione legale già sussistente tra i coniugi N. e G..

Con sentenza non definitiva n. 2937/2010 il tribunale di Palermo accoglieva solo in parte la domanda di G.E., più esattamente la respingeva limitatamente alla parte in cui costei aveva domandato che fosse dichiarata comproprietaria, per la quota di 1/2, pur dei cespiti immobiliari pervenuti a N.F. a seguito dello scioglimento e della liquidazione della “I.E.S.” s.r.l..

Interponeva appello G.E..

Resistevano unicamente la “Banca Nuova” s.p.a., il curatore del fallimento della “(OMISSIS)” s.r.l., N.A.E., N.E. e N.N.H..

Non si costituivano e venivano dichiarati contumaci gli ulteriori creditori intervenuti nella procedura esecutiva.

Con sentenza n. 850 dei 10.3/6.5.2016 la corte d’appello di Palermo rigettava il gravame.

Premetteva la corte – per quel che rileva in questa sede – che gli elementi sulla cui scorta il tribunale aveva opinato per la natura gratuita della cessione delle quote della “I.E.S.” s.r.l., erano stati – dal primo giudice – individuati, tra l’altro, nell’assenza di qualsivoglia riferimento, nel corpo dell’atto, ad una possibile controprestazione, giacchè il riferimento al “valore” delle quote non poteva essere inteso in guisa di prezzo, e nell’intervenuta accettazione del trasferimento da parte dei cessionari, accettazione idonea ad evocare una liberalità piuttosto che una cessione onerosa.

Indi evidenziava che in assenza di una specifica previsione in ordine al pagamento del corrispettivo la definizione delle parti come “venditori e compratori” nulla provava al riguardo; altresì che il riferimento nel corpo della scrittura all’art. 2479 c.c. – nella formulazione vigente ratione temporis era del tutto ininfluente, atteso che siffatta disposizione disciplinava sia i trasferimenti a titolo oneroso sia i trasferimenti a titolo gratuito.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso G.E.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

Gli intimati indicati in epigrafe non hanno svolto difese.

Con ordinanza interlocutoria in data 9.1/6.4.2018 si è disposta la rimessione del presente procedimento alla pubblica udienza della seconda sezione civile di questa Corte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 769,1470 c.c. e art. 1362 c.c. e ss. e la conseguente errata disapplicazione dell’art. 177 c.c., comma 1, lett. a).

Deduce che le testuali indicazioni di cui alla scrittura in data 20.7.1984, indicazioni per nulla ambigue e perfettamente intellegibili, inducono, sulla scorta del canone esegetico in claris non fit interpretatio, ad opinare nel senso che la medesima scrittura integra un trasferimento di quote a titolo oneroso siglato in conformità all’allora vigente art. 2479 c.c.; che infatti nel corpo dell’atto l’avvocato F.S. è indicato come venditore e N.F. è indicato, tra gli altri, come compratore.

Deduce inoltre che la corte di merito non ha tenuto conto che l’autore della scrittura era un avvocato, ovvero soggetto ben consapevole che, qualora si fosse inteso realizzare una liberalità, sarebbe stato necessario ricorrere alla cosiddetta “forma solenne”.

Deduce ancora che ha errato la corte distrettuale a ricostruire l’intenzione dei contraenti facendo leva sull’accettazione dell’acquisto; che difatti, al di là della donazione solenne, gli atti negoziali che determinano un vantaggio non richiedono alcuna “formale ed espressa” accettazione.

Il ricorso va respinto.

Evidentemente le censure che l’esperito mezzo di impugnazione veicola – ben vero, in dipendenza dell'(asserita) violazione di legge in via esclusiva denunciata, unicamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – danno corpo ad una quaestio ermeneutica.

In tal guisa non possono che esplicar valenza gli insegnamenti di questo Giudice del diritto.

Innanzitutto l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).

Altresì l’insegnamento secondo cui nè la censura ex n. 3 nè la censura ex n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1 possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; d’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimità, sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).

Nel solco delle enunciate indicazioni nomofilattiche l’interpretazione patrocinata dalla corte territoriale è in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica, ovvero non diverge da alcun criterio legale di ermeneutica contrattuale, ed – ancorchè non sia stata esperita censura alcuna ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – risulta sorretta da motivazione immune da qualsivoglia anomalia suscettibile di acquisire valenza nel segno della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.

In ogni caso è innegabile che le censure dalla ricorrente addotte si risolvono tout court nella prefigurazione della (asserita) maggior rispondenza alla volontà delle parti dell’antitetica interpretazione (“la Corte d’Appello di Palermo (…) avrebbe dovuto considerare che i termini utilizzati nel qualificare le parti contrattuali (venditore e compratori) (…)”: così ricorso, pag. 9; “il valore indicato non è altro che il corrispettivo (…) del trasferimento”: così ricorso, pag. 10).

Ciò tanto più che di già la corte di Palermo ha posto in risalto che l’appellante si era “limitata a riproporre la tesi della natura onerosa del trasferimento in maniera del tutto apodittica” (così sentenza d’appello, pag. 4).

Gli intimati indicati in epigrafe non hanno svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione va perciò assunta in ordine alle spese.

Si dà atto che il ricorso è datato 29.11.2016.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto inoltre della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, G.E., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis cit..

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 4 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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