Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29443 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 23/12/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 23/12/2020), n.29443

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 505/2020 proposto da:

B.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LIANA NESTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SALERNO, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 03/12/2019

R.G.N. 9365/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con decreto n. 9251/2019 il Tribunale di Napoli, in parziale accoglimento del l’impugnazione proposta da B.A., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente C.T. aveva rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di forme complementari di protezione o, in subordine, di concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha dichiarato il diritto di B.A. al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari; secondo quanto narrato dal ricorrente le ragioni dell’allontanamento erano state determinate da problemi familiari ed in particolare da contrasti con lo zio il quale, dopo il decesso del padre, era divenuto violento nei suoi confronti e nei confronti della madre, imponendogli di lasciare la Università e di tornare a lavorare nel villaggio d’origine; in sede giudiziale le ragioni dell’allontanamento erano state parzialmente modificate avendo il ricorrente precisato che esse risiedevano nel timore di essere arrestato per avere organizzato insieme ad altri colleghi, facenti parte della rete dei giovani giornalisti, una manifestazione di protesta contro l’attuale Primo Ministro del Paese;

2. il Tribunale ha, in primo luogo, rilevato che il ricorrente aveva fornito due versioni differenti, in sede di audizione dinanzi alla C.T. ed innanzi al giudice designato, ed osservato che, pur ritenendo possibile che dinanzi alla C.T. fossero sorte difficoltà di comprensione con l’interprete, non appariva credibile – come, invece, sostenuto dal B. – che una parte cospicua delle sue dichiarazioni, vale a dire quella connessa all’attività svolta con la rete dei giovani giornalisti, non fosse stata verbalizzata così come non appariva credibile il rifiuto da parte della C.T. ad acquisire la memoria che il B. asseriva prodotta in sede amministrativa; il dedotto pericolo di essere arrestato non appariva concreto nè attendibile sia alla stregua delle medesime dichiarazioni rese dal ricorrente nel corso del libero interrogatorio sia alla luce delle informazioni tratte da fonti internazionali consultate d’ufficio circa lo svolgimento, in un clima di distensione, di nuove elezioni presidenziali nel novembre 2019, e la prefigurazione di uno scenario politico del tutto diverso da quello del 2016 quando sarebbero accaduti gli eventi che avrebbero indotto il ricorrente a partire; tanto escludeva i presupposti della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); neppure sussisteva, alla stregua delle fonti consultate una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto interno ed internazionale come richiesto ai fini della protezione sussidiaria di cui dell’art. 14, lett. c) D.Lgs. cit.; la situazione politica attuale, ancora parzialmente instabile, ed il percorso di integrazione lavorativa compiuto dal ricorrente giustificavano, tuttavia, il riconoscimento della tutela residuale del rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie;

3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso B.A. sulla base di un unico articolato motivo;

4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva;

5. parte ricorrente ha depositato memoria da reputarsi tardiva in quanto pervenuta in data 22.9.2020 e quindi oltre il termine di 10 prima dell’adunanza in Camera di consiglio stabilito dall’art. 380-bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione dell’art. 1, lett. A) della Convenzione di Ginevra così come richiamata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. b) e f) e art. 2, comma 1, di attuazione della Direttiva per non avere valutato il caso secondo i parametri interpretativi previsti dalla Direttiva 2004/83/CE, disconoscendo i presupposti oggettivi della fattispecie concreta; in particolare si duole del fatto che a fronte della discrepanza dei due racconti il giudice di merito avesse omesso di compiere opportune verifiche sulla contraddizione ritenuta insanabile dal Collegio; assume, inoltre, violazione del dovere di cooperazione istruttoria evidenziando che le fonti richiamate nel decreto offrivano un quadro parziale delle condizioni politiche attuali della Guinea Bissau;

2. il motivo è infondato;

2.1. il giudice di merito ha fondato la valutazione di inattendibilità delle dichiarazioni del ricorrente sulla divergenza di versioni nella indicazione delle ragioni dell’allontanamento dal paese d’origine, riferite a problemi familiari nelle dichiarazioni rese dinanzi alla C.T. e allo svolgimento di attività politica nel libero interrogatorio dinanzi al giudice designato; tale difformità di versioni appare intrinsecamente idonea a giustificare la valutazione di non credibilità tenuto conto altresì che è rimasto del tutto sfornito di riscontro l’assunto del ricorrente circa l’impedimento al deposito di una memoria dinanzi alla C.T., il cui contenuto, in violazione del principio di autosufficienza, non viene neppure trascritto o riportato in ricorso nei suoi esatti termini;

2.2. tale valutazione di non credibilità rende le dichiarazioni del ricorrenti non meritevoli come tali di approfondimento istruttorio officioso, salvo restando che ciò vale soltanto per il racconto che concerne la vicenda personale dei richiedente, che può rilevare ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ma non per l’accertamento dei presupposti per la protezione sussidiaria di cui dell’art. 14 cit., lett. c) – la quale non è subordinata alla condizione che l’istante fornisca la prova di essere interessato in modo specifico nella violenza indiscriminata ivi contemplata, a motivo di elementi che riguardino la sua situazione personale – neppure può valere ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria in quanto il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente relativo alla specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale, non può precludere la valutazione, da parte del giudice, delle diverse circostanze che rilevano ai fini del riconoscimento della protezione 4 umanitaria (vedi, per tutte: Cass. n. 10922/2019, n. 2960/2020; n. 2956 /2020);

2.3. in ordine alla verifica dei presupposti per la tutela sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il Tribunale ha escluso la esistenza nel paese di provenienza di una situazione di violenza indiscriminata da conflitto armato facendo riferimento a plurime fonti internazionali v. pagg. 21 e sgg. puntualmente indicate negli estremi identificativi; tale accertamento non è validamente contrastato dall’odierno ricorrente secondo quanto si evince dalle fonti richiamate in ricorso;

2.4. come chiarito da questa Corte (Cass. n. 13449/2019 ed inoltre Cass. n. 13450/2019, Cass. n. 13451/2019 e Cass. n. 13452/2019, in motivazione), il giudice di merito, nel fare riferimento alle c.d. fonti privilegiate di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve indicare la fonte in concreto utilizzata, nonchè il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità dell’informazione predetta rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (sul punto, cfr. anche Cass. n. 11312/ 2019). Nel caso di specie, la decisione impugnata soddisfa i suindicati requisiti, posto che essa indica le fonti in concreto utilizzare dal giudice di merito (v. pag21 e sgg.) e consente in tal modo alla parte la duplice verifica della provenienza e della pertinenza dell’informazione. Quanto poi alla doglianza che le informazioni sulla base delle quali il giudice di merito ha deciso non troverebbero riscontro nelle fonti citate si osserva che dal contenuto dei brani citati dal ricorrente non si evincono elementi che smentiscano l’assunto dell’assenza in Guinea Bissau di una situazione di violenza indiscriminata da conflitto armato e comunque questa Corte non può spingersi sino alla valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice del merito, laddove nel motivo di censura non vengano evidenziati precisi riscontri idonei ad, evidenziare che le informazioni sulla cui base il giudice territoriale ha deciso siano state superate da altre e più aggiornate fonti qualificate (Cass. n. 26728/2019);

3. non si fa luogo al regolamento delle spese di lite non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;

4. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535/2019).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

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