Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29440 del 23/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 23/12/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 23/12/2020), n.29440

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 514/2020 proposto da:

H.B., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI VILLARI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, anche per la COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI TRAPANI, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MESSINA, depositata il 29/10/2019

R.G.N. 1306/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con decreto del 30.10.2019, il Tribunale di Messina rigettava il ricorso in opposizione proposto da H.B., cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento della Commissione territoriale che aveva respinto l’istanza di riconoscimento della protezione internazionale avanza dal predetto;

2. il Tribunale riteneva, quanto all’invocata protezione sussidiaria, che la valutazione di sussistenza di violenza generalizzata rilevante ai fini dell’applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), dovesse tenere conto della situazione specifica della regione di provenienza al fine di verificare il rischio effettivo, per l’istante, di subire un danno in caso di rientro e che, nel caso esaminato, risultava documentato, secondo fonti rilevate dal sito (OMISSIS), che nel villaggio e nelle zone di provenienza del ricorrente era da escludersi che fosse in atto un conflitto armato interno o che si fosse manifestata una situazione di violenza indiscriminata, o che, comunque, vi fosse una situazione che potesse esporre qualsiasi civile ad un grave pericolo per la sua incolumità;

3. anche i requisiti per riconoscere all’istante il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari erano insussistenti, in base ad una valutazione comparativa, non essendo emersi profili di vulnerabilità nè per la regione di provenienza, nè per il profilo personale del ricorrente, essendo onere dello stesso dimostrare in tal caso il pericolo di privazione dell’esercizio di fondamentali diritti umani dei quali poteva, invece, godere in Italia, tenuto conto che il ricorrente lamentava esclusivamente problematiche di natura privata e personale;

4. di tale decisione domanda la cassazione H.B., affidando l’impugnazione a tre motivi;

5. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo, il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. b) e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 27, comma 1 bis, nonchè illogica contraddittoria ed apparente motivazione ed omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, sostenendo che il Tribunale abbia adottato una motivazione apparente, omettendo ogni valutazione di circostanze decisive, come previsto dall’art. 27, comma 1 bis del D.Lgs. richiamato;

2. con il secondo motivo, il richiedente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ed omesso esame circa fatto decisivo, assumendo la mancata considerazione della vicenda personale relativamente al soggiorno in Libia, essendo notoria la situazione generale del paese di transito;

3. con il terzo motivo, il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nella formulazione previgente al D.L. 113/2018, conv. con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018, sostenendo che non sia stata presa in considerazione la sproporzione tra i due contesti di vita, del paese di approdo e del paese di origine, nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono il presupposto indispensabile di una vita dignitosa;

4. in ordine al primo motivo, occorre riportarsi al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1-bis, a tenore del quale La Commissione territoriale, ovvero il giudice in caso di impugnazione, acquisisce, anche d’ufficio, le informazioni, relative alla situazione del Paese di origine e alla specifica condizione del richiedente, che ritiene necessarie a integrazione del quadro probatorio prospettato dal richiedente;

4.1. il ricorrente osserva che il Tribunale non ha indicato le fonti in base alle quali ha svolto gli accertamenti sul paese di origine e che non si è pronunciato sulla credibilità delle vicende personali narrate dal richiedente ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. B), che necessitava di attivazione dei poteri ufficiosi per acquisire le notizie ed informazioni necessarie per valutare la sussistenza del rischio paventato di essere ucciso senza alcuna possibilità di ricevere alcuna protezione dalle autorità statali;

4.2. secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione sussidiaria dello straniero prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il dovere di cooperazione istruttoria officiosa sulla situazione del Paese di origine del richiedente che incombe sulle autorità decidenti – ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis – è correttamente adempiuto attraverso l’acquisizione delle necessarie informazioni anche dai rapporti conoscitivi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, trattandosi di fonti qualificate equiparate a quelle di altri organismi riconosciuti di comprovata affidabilità e perchè provenienti da un dicastero istituzionalmente dotato di competenze, informative e collaborative, nella materia della protezione internazionale (Cass. n. 11103 del 2019);

4.3. è stato infatti affermato – con valutazione che anche questo Collegio ribadisce – che, oltre all’enunciato normativo di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che contempla il Ministero degli Affari esteri, accanto all’UNHCR, all’EASO e ad altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, per cui già tale dato depone già per la piena equiparazione dei dati conoscitivi forniti dal Ministero degli Affari Esteri a quelli tratti dalle altre fonti qualificate enumerate nel richiamato contesto dispositivo, ma tale rilievo testuale trova sostegno in altri indici normativi: “segnatamente in quello offerto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2-bis – introdotto dal D.L. n. 113 del 2018, conv. in L. n. 132 del 2018 – che ha attributo proprio al Ministro degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con i Ministri dell’interno e della giustizia, il compito di adottare, con decreto, l’elenco – suscettibile di essere aggiornato nel tempo – dei Paesi di origine sicuri, valutati come tali sulla base dei criteri di cui al comma 2 dello stesso articolo; come anche in quello ritraibile dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 5, comma 1, che, nell’assegnare alla Commissione nazionale per il diritto di asilo il compito della costituzione e dell’aggiornamento di un centro di documentazione sulla situazione socio-politico-economica dei Paesi di origine dei richiedenti, ha disposto che tale organismo mantenga rapporti di collaborazione con il Ministero degli affari esteri;

4.4. si tratta, infatti, di competenze che trovano il proprio fondamento nella possibilità del detto dicastero di usufruire di notizie, affidabili ed aggiornate, sulla situazione interna dei Paesi di origine dei richiedenti la protezione internazionale, perchè attinte direttamente, non solo dalle rappresentanze diplomatiche dello Stato accreditate presso i Paesi esteri, ma anche da fonti governative di quei paesi e da privilegiati canali informativi internazionali” (Cass. n. 11103 del 2019, cit.);

4.5. tanto premesso, il riferimento al solo sito specificato in decisione, potrebbe in astratto essere in contrasto con i principi affermati nella decisione richiamata, tuttavia il motivo deve ritenersi inammissibile per come formulato, in quanto, pur se vero quanto sopra evidenziato, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. n. 4037 del 2020);

4.6. le indicate precisazioni non risultano effettuate con riferimento al caso in esame;

5. in ordine al secondo motivo, giova premettere che l’allegazione che in un Paese di transito si consumi un’ampia violazione dei diritti umani, è irrilevante ove non sia evidenziato dal richiedente asilo quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese ed il contenuto della domanda (Cass. n. 2861 del 2018 e n. 31676 del 2018);

5.1. ove la domanda prospetti un rischio persecutorio e di danno grave in caso di rimpatrio (v. D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e-g), l’indagine va effettuata con riferimento al “paese di origine” che è “il paese o i paesi in cui il richiedente è cittadino”, mentre solo per gli apolidi va effettuata con riferimento al paese in cui egli “aveva precedentemente la dimora abituale” (dir. CE n. 83 del 2004, art. 2, lett. k; D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. n);

5.2. una conferma della necessità di avere riguardo al “paese di origine” viene anche dalla dir. UE n. 115 del 2008 che prevede la possibilità del ritorno del richiedente nel “paese di transito” solo in conformità di accordi comunitari o bilaterali di riammissione o di altre intese (v. sent. cit.);

5.3. da ciò discende l’inammissibilità anche del secondo motivo;

6. quanto al terzo motivo, è sufficiente considerare quanto questa Corte ha chiarito (v. Cass. n. 4455 del 2018 e, da ultimo, Cass. S.U. n. 29459, n. 29460 e n. 29461 del 13.11.2019) in ordine alle indicazioni che il richiedente deve fornire, osservando che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza. Seppure il livello di integrazione raggiunto in Italia non costituisca un dato valutabile isolatamente ed astrattamente, esso certamente concorre nel contesto di una valutazione comparativa tra integrazione sociale raggiunta in Italia e situazione del Paese di origine (cfr. Cass. 5. U. n. 29459/2019 cit.);

6.1. trattasi di valutazione rimessa al giudice di merito, cui compete tale raffronto con i dati disponibili al momento in cui è chiamato a decidere e dunque all’attualità;

6.2. nella specie, va rilevato che il Tribunale non ha affatto negato, come pare ritenere l’istante, che la protezione umanitaria potesse trovare, in astratto, uno spazio applicativo: ha invece escluso che potesse essere in concreto riconosciuta, essendo mancata la dimostrazione di specifiche situazioni soggettive di vulnerabilità riferibili all’appellante;

6.3. i giudici di merito non hanno mancato di operare tale valutazione comparativa, ma hanno rilevato che le allegazioni del ricorrente quanto alla sua integrazione in Italia ed alla compromissione del nucleo minimo dei diritti inderogabili della persona erano molto generiche e che tali allegazioni non potevano fondare i presupposti per ritenere sussistenti i presupposti per il riconoscimento del diritto e, nel censurare tale apprezzamento, il ricorrente non è in grado di evidenziare circostanze di fatto sottoposte al dibattito processuale e trascurate dalla sentenza impugnata, ma si limita a sollecitare una nuova valutazione del materiale probatorio, non consentita dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, secondo il testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un.,, n. 8053 e 8054 del 2014);

7. per tutto quanto detto, il ricorso va dichiarato complessivamente inammissibile;

8. nulla va statuito sulle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo il Ministero svolto alcuna attività difensiva;

9. le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale non sono annoverate tra quelle esentate dal contributo unificato di cui del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 9 e 10, sicchè al rigetto o, come nella specie, all’inammissibilità del corrispondente ricorso per cassazione consegue il raddoppio di detto contributo (cfr. Cass. 8.2.2017 n. 3305).

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R., ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

 

 

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