Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29440 del 15/11/2018

Cassazione civile sez. II, 15/11/2018, (ud. 08/05/2018, dep. 15/11/2018), n.29440

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10015-2014 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE GIUSEPPE

MAZZINI 123, presso lo studio dell’avvocato STEFANO PARRETTA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO CUOMO ULLOA;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ BORMIO INIZIATIVE IMMOBILIARI SRL LIQUIDAZIONE,

elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso lo

studio dell’avvocato LUCA VIANELLO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 251/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/05/2018 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del. Sostituto Procuratore Generale Dott.

TRONCONE Fulvio, che ha concluso per rigetto 1-5-3 motivo,

inammissibilità 2-4 motivo, assorbito il 6 motivo del ricorso;

udito l’Avvocato PARRETTA Stefano difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato VIANELLO Luca, difensore del resistente che si

riporta agli atti depositati e chiede il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il signor M.S. ha chiesto la cassazione della sentenza con cui la corte di appello di Milano, confermando la sentenza del tribunale di Sondrio, ha rigettato le domande da lui proposte nei confronti della società Bormio Iniziative Immobiliari s.r.l., per l’accertamento dell’inadempimento della società convenuta ai contratti preliminari del 24.11.2001 e del 28.8.2002, con cui tale società si era impegnata a vendergli un appartamento nel Comune di (OMISSIS), e per il conseguente trasferimento ex art. 2932 c.c. dell’immobile promesso in vendita, previa riduzione del prezzo pattuito per vizi redibitori o, in alternativa, previa condanna all’eliminazione di detti vizi; oltre che per il risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale cagionati dallo spoglio che esso M. aveva subito ad opera della convenuta dopo aver ricevuto la consegna dell’immobile promessogli.

La corte territoriale ha escluso che la presenza di un muro di fabbrica in posizione difforme dal progetto costituisse inadempimento della promittente venditrice; al riguardo, nella sentenza si argomenta che detto muro è stato rimosso in corso di causa, che esso non aveva formato oggetto di un’espressa eccezione di inadempimento da parte del M. e che la presenza del medesimo non costituiva, in ragione della sua natura provvisoria, inadempimento grave e concreto. La corte milanese ha quindi rigettato la domanda proposta dal sig. M. ai sensi dell’art. 2932 c.c., non avendo l’attore dimostrato l’inadempimento della controparte, nè provato di aver assegnato alla società Bormio Iniziative Immobiliari un termine per provvedere alla rimozione del muro o per intervenire davanti ad un notaio per la stipula del rogito ed ha giudicato assorbita in tale rigetto la domanda di riduzione del prezzo. Quanto alla domanda di risarcimento dei danni, la corte distrettuale l’ha giudicata inammissibile, in ragione del giudicato formatosi, in assenza di specifiche censure in appello, sul capo della sentenza di primo grado che aveva a propria volta dichiarato inammissibile la domanda risarcitoria fondata sullo spoglio dell’immobile patito dall’attore.

Il ricorso si articola in sei motivi.

La società Bormio ha depositato controricorso.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza dell’8 maggio 2018, per la quale la ricorrente ha depositato una memoria illustrativa e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

L’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso – sollevata dalla contro ricorrente sul rilievo della inesistenza della prima notifica del ricorso, effettuata il 10.4.14 a “Bormio investimenti immobiliari” invece che a “Bormio iniziative immobiliari”, e della tardività della seconda notifica del ricorso, inoltrata il 10.4.14, va disattesa, perchè l’errore sulla esatta ragione sociale della società intimata, contenuto nella prima notifica, non era tale da generare un’assoluta incertezza sul destinatario dell’atto (cfr. Cass. 6352/14).

Parimenti infondata è anche l’eccezione sollevata dalla contro ricorrente in ordine al preteso difetto di autosufficienza del ricorso.

Passando all’esame dei mezzi di impugnazione, il Collegio osserva quanto segue.

Con il primo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in cui la corte distrettuale sarebbe incorsa, da un lato, pronunciandosi, rigettandola, su una eccezione di inadempimento della società Bormio iniziative immobiliari che il signor M. non aveva sollevato e, d’alto lato, non pronunciandosi sulle domande del medesimo signor M. rivolte ad ottenere il trasferimento dell’immobile con pronuncia costitutiva che tenesse luogo del contratto non concluso, previa eliminazione dei relativi difetti da parte della promittente venditrice o, alternativamente, riduzione del prezzo convenuto.

Il primo motivo è infondato, perchè la corte milanese non è incorsa nè nel vizio di ultra petizione, nè in quello di omissione di pronuncia. Dalle conclusioni formulate in appello dal sig. M., trascritte nell’epigrafe della sentenza gravata, emerge che costui aveva chiesto in via principale, nel merito, “accertare e dichiarare l’inadempimento” della società Bormio iniziative immobiliari e “per l’effetto” pronunciare sentenza costitutiva di trasferimento dell’immobile e ridurre il prezzo pattuito per vizio redibitorio (nelle conclusioni in appello dal sig. M. non compare la domanda di eliminazione dei difetti dell’opera, che, del resto, la sentenza gravata riferisce essere stati eliminati nel corso del giudizio di primo grado). L’accertamento dell’inadempimento della promittente venditrice era quindi stato richiesto dal sig. M., il quale aveva prospettato le sue ulteriori domande di trasferimento dell’immobile e di riduzione del prezzo come consequenziali rispetto a quella prima domanda. Correttamente, quindi, la corte si è pronunciata prima di tutto sulla domanda di accertamento dell’inadempimento (donde l’infondatezza della protesta di ultrapetizione) e, avendola rigettata, ha conseguentemente giudicato insussistenti i presupposti per accogliere la domanda di trasferimento dell’immobile con riduzione del prezzo convenuto (donde l’infondatezza della protesta di omessa pronuncia); va al riguardo precisato che l’espressione che si legge a pag. 7 della sentenza (“non può essere presa in considerazione la domanda di riduzione del prezzo formulata anche in questo giudizio, in quanto assorbita dal rigetto della domanda ex art. 2932”) va intesa nel senso che il rigetto della domanda di riduzione del prezzo era contenuto nel rigetto della domanda di trasferimento dell’immobile ad un prezzo inferiore a quello convenuto (la quale ultima, a propria volta, dipendeva dal rigetto della domanda di accertamento di vizi tali da integrare inadempimento della società promittente venditrice).

Con il secondo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dallo spoglio subito dal sig. M. a seguito dalla lettera da lui inviata il 24.4.03 per contestare i vizi dell’immobile; fatto la cui omessa valutazione sarebbe stata decisiva, secondo il ricorrente, per indurre la corte territoriale a qualificare l’azione esercitata dal signor M. come “grave abuso dello strumento processuale” (pag. 10 della sentenza).

Il secondo motivo va giudicato inammissibile per difetto di decisività del fatto di cui si lamenta l’omesso esame, essendo la circostanza dello spoglio subito dal promissario acquirente irrilevante ai fini della pronuncia sulla quanti minoris e, quindi, sulla domanda di trasferimento dell’immobile ad un prezzo diverso dal pattuito.

Con il terzo motivo, rubricato con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c..

Il ricorrente lamenta che la corte territoriale abbia “escluso la sussistenza delle condizioni per l’esecuzione specifica del contratto unicamente in quanto l’attore non avrebbe dato dimostrazione di un’eccezione che sarebbe stato suo onere sollevare nei confronti della società convenuta” (pagina 16/17 del ricorso per cassazione). Al riguardo nel motivo di gravame si argomenta che colui che agisce per ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto sarebbe gravato dell’onere di provare soltanto il mancato perfezionamento del contratto definitivo dopo la scadenza del termine, anche non essenziale, convenuto nel preliminare.

Il motivo è inammissibile in quanto non risulta pertinente alle motivazioni della sentenza impugnata ed alle domande svolte in sede di merito. Il sig. M. non aveva chiesto il trasferimento del bene al prezzo pattuito (nel qual caso, effettivamente, per ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c. egli avrebbe dovuto dimostrare, oltre ovviamente al contratto preliminare dedotto fondamento della propria pretesa, solo l’intervenuta scadenza del termine, anche non essenziale, ivi pattuito), ma aveva chiesto il trasferimento del bene ad un prezzo minore di quello pattuito e, pertanto, correttamente la corte ha ritenuto di non poter accogliere tale domanda in difetto di prova dell’esistenza del lamentato vizio redibitorio.

Con il quarto motivo, rubricato con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che la difformità dell’immobile rispetto a quanto previsto nel preliminare era stata accertata dall’amministrazione municipale, la quale, con ordinanza di demolizione del 13.05.2003, aveva ordinato la demolizione del muro la cui presenza era stata contestata dal promissario acquirente.

Il motivo è infondato perchè il fatto che il Comune avesse ordinato la demolizione del muro de quo, risulta esaminato dalla corte territoriale (“la natura temporanea del predetto muro è comprovata proprio dalle modalità di demolizione dello stesso, avuto riguardo ai tempi della stessa, certamente indipendenti dall’ordinanza comunale di demolizione in data 9.6.03”, ultimo capoverso di pag. 6 della sentenza). Può peraltro aggiungersi che tale fatto è privo dell’ attributo della decisività, perchè la ratio decidendi dell’impugnata pronuncia si fonda sulla natura provvisoria del muro in questione e sul rilievo che l’inadempimento (ossia la persistente presenza del muro stesso) si sarebbe dovuto verificare al momento della stipula del contratto definitivo; stipula in ordine alla quale la corte ambrosiana, peraltro, valorizza, con affermazione non censurata in ricorso, il rilievo del primo giudice che aveva sottolineato come il sig. M. non avesse mai rivolto alla società promettente venditrice una diffida ad adempiere, sia in termini di eliminazione del muro sia in termini di indicazione specifica di una data entro la quale stipulare il contratto definitivo. Con il quinto motivo, rubricato con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente afferma che la corte territoriale sarebbe incorsa nel vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 1492 c.c., per non aver valutato quale effetto potesse produrre sul sinallagma contrattuale l’obiettiva difformità dell’opera realizzata rispetto all’opera promessa.

Anche il quinto motivo va respinto, perchè, al contrario di quanto prospettato del mezzo di ricorso, la corte territoriale ha espressamente valutato gli effetti sul sinallagma contrattuale della presenza del muro non previsto in progetto ed ha motivatamente escluso – con una statuizione che, costituendo giudizio di fatto, non è censurabile in questa sede sotto il profilo del vizio di violazione di legge – che tale presenza costituisse un vizio redibitoria. In particolare, nell’ultimo capoverso di pag. 6 e nel primo capoverso di pag. 7 della sentenza si argomenta sulla natura temporanea del muro medesimo e sulla circostanza che esso era stato rimosso dalla promittente venditrice “subito dopo l’introduzione del giudizio” (primo rigo di pag. 7 della sentenza), con una tempistica che, a giudizio della corte territoriale, consente di escludere la dipendenza di tale rimozione dall’emanazione della ordinanza comunale di demolizione del 19.6.03.

Con il sesto motivo il ricorrente chiede la cassazione della sentenza anche in relazione alla statuizione sulle spese.

Il motivo è inammissibile perchè non c’è censura della sentenza gravata; in effetti l’enunciazione del motivo (“le ragioni che ad avviso dell’esponente militano per la cassazione della sentenza impugnata comportano l’automatico travolgimento della pronuncia anche in punto di spese”) impone di qualificare il medesimo alla stregua di semplice richiamo al principio che la cassazione della sentenza impugnata travolgerla regolazione delle spese ivi contenuta.

In definitiva il ricorso deve essere rigettato in relazione a tutti i motivi in cui esso si articola.

Le spese seguono la soccombenza, con declaratoria della sussistenza dei presupposti per il versamento del raddoppio del contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater da parte del ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5,000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte lei ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 8 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2018

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