Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29439 del 13/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 13/11/2019, (ud. 23/05/2019, dep. 13/11/2019), n.29439

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITTI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17946-2018 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA V ARRONE

9, presso lo studio dell’avvocato VANNICELLI FRANCESCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MANNA SIMONE;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI PERUGIA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso lo studio

dell’avvocato LAURO MASSIMO, rappresentata e difesa dall’avvocato

ROSSI RICCARDO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 910/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 06/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIANNITI

PASQUALE.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. B.G. ha proposto ricorso nei confronti della Provincia di Perugia chiedendo la cassazione della sentenza n. 910/2017 della Corte di Appello di Perugia che, rigettando la sua impugnazione, ha integralmente confermato la sentenza n. 737/2014 del Tribunale di quella stessa città, con la quale era stata rigettata la sua domanda di risarcimento danni in relazione al sinistro occorsogli in data 18/10/2002 lungo la (OMISSIS) con direzione Pierantonio-Perugia.

2. Ha resistito con controricorso la Provincia di Perugia.

3. Essendosi ritenute sussistenti dal relatore designato le condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta proposta ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

4. In vista dell’odierna adunanza il ricorrente ha depositato memoria a sostegno del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.II ricorso è affidato a tre motivi.

1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 1227 e 2051 c.c. nella parte in cui la Corte territoriale ha escluso la responsabilità del custode, affermando che la fuoriuscita di un veicolo dalla sede stradale può rappresentare un fattore fortuito imprevedibile tale da interrompere il nesso causale tra il bene custodito (sede stradale e sue pertinenze) ed il danno (schianto del veicolo nella scarpata). Deduce che la sentenza impugnata ripropone la consolidata distinzione giurisprudenziale tra “caso fortuito autonomo” e “caso fortuito incidentale” (che, per assurgere a dignità di scriminante, deve avere i caratteri della inevitabilità e della imprevedibilità). Sostiene che la Corte di merito, incorrendo nel vizio denunciato, ha ritenuto che il tratto viario, nel quale si era verificato il sinistro, era divenuto insidioso per effetto della sua colpevole condotta, dimenticando che la banchina, posta in fregio alla strada provinciale, era larga solo un metro e mezzo e presentava insidiosi dislivelli; e che, secondo la giurisprudenza di legittimità, lo sbandamento e la fuoriuscita dalla sede stradale di un’autovettura e la conseguente caduta dalla scarpata priva di barriere non ha carattere di imprevedibilità e, dunque, non rappresenta caso fortuito. In definitiva, secondo il ricorrente, la sua errata manovra non avrebbe dovuto essere ritenuta caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale, ma al più fattore che, assieme alla cosa in custodia, aveva partecipato al processo causativo del danno (c.d. fortuito concorrente); con la conseguenza che avrebbe dovuto essere affermata la responsabilità della provincia, anche se il quantum risarcitorio avrebbe potuto essere ridotto a motivo della sua concorrente responsabilità.

1.2. Con il secondo motivo, articolato sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, denuncia violazione degli artt. 2051 c.c., art. 14 C.d.S., e D.M. n. 223 del 1992 e D.M. n. 3256 del 1998 nonchè difetto di motivazione nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che la stretta osservanza delle norme regolamentari in materia di sicurezza esima la P.A. dal valutare in concreto sempre e comunque gli elementi di rischio per la sicurezza degli utenti. Si duole che la Corte di merito ha ritenuto di non poter ascrivere alcuna colpa all’ente custode della strada perchè la normativa vigente non imponeva l’apposizione di barriere protettive, mentre avrebbe dovuto tener conto del fatto che dall’espletata c.t.u. era risultata la pericolosità del tratto stradale in esame, con la conseguenza che sarebbe stato opportuno predisporre barriere guardrail. D’altronde la Provincia, proprio dopo il sinistro in esame, avrebbe realizzato barriere e ampliato la massicciata stradale.

1.3. Con il terzo ed ultimo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione degli artt. 1227 e 2051 c.c., dell’art. 14C.d.S., nonchè delle circolari ministeriali nn. 2337/1987 e 22/1977 nella parte in cui la Corte ha escluso l’obbligo normativo di apporre barriere di contenimento sul tratto viario in cui ha avuto luogo il sinistro, facendo riferimento (non alla normativa vigente al momento del sinistro, ma) alla normativa vigente (e in particolare alle circolari denunciate) alla data di ultimazione del tratto viario (che era ancora più stringente in relazione all’obbligatorietà della installazione di barriere contenitive).

2.11 ricorso è inammissibile.

2.1. Si premette che la Corte territoriale, sulla base del rapporto redatto dalla Polizia intervenuta, ha individuato la seguente dinamica del sinistro: in data 18/10/2002, il B., mentre stava percorrendo alla guida della sua autovettura la (OMISSIS) in direzione Pierantonio-Perugia, nell’impegnare una curva volgente a destra, aveva perso il controllo del veicolo che conduceva; ragion per cui, incrociata altra autovettura, dapprima, ha sterzato a destra, finendo con le ruote di tal lato sulla banchina sterrata e, poi, per risalire sulla carreggiata, ha sterzato a sinistra, rovinando nella scarpata che costeggiava la strada provinciale sul lato opposto. La Corte di merito ha confermato la sentenza del giudice di primo grado, che aveva ritenuto unico responsabile del sinistro il B., in quanto questi viaggiava tenendo una condotta di guida non prudenziale (per le condizioni di percorrenza del tratto stradale, per la pioggia, per l’orario notturno e superando il limite di velocità imposto sul tratto di strada, come contestato dalle autorità intervenute e come emerso nel corso dell’attività istruttoria svolta nel giudizio di primo grado).

2.1. Inammissibile è il primo motivo.

In primo luogo, va rilevato che l’intestazione del motivo, sopra riportata, è equivoca. Invero, la Corte territoriale non ha affatto considerato di per sè genericamente la fuoriuscita del mezzo condotto dal ricorrente come evento rappresentante un fortuito. La Corte ha considerato da solo sufficiente a causare il danno una condotta di guida, che ha descritto analiticamente e che ha ritenuto gravemente inosservante sia del limite di velocità (che nel controricorso si è detto aver superato di ben 30 km/h – 80 invece che 50 – senza contestazione da parte del ricorrente) sia del limite ulteriore desunto dalle condizioni meteorologiche, notturne e di pioggia. Simile condotta di guida, in ragione della pluralità delle inosservanze delle norme precauzionali, non può in alcun modo costituire quello che lo stesso ricorrente ha chiamato “fortuito concorrente”.

Occorre qui ribadire che il caso fortuito, che vale ad escludere la responsabilità della P.A. ex art. 2051 c.c., ben può essere rappresentato anche dal fatto del danneggiato e rimane integrato ogni qualvolta la situazione di pericolo sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte del danneggiato stesso.

La Corte di merito ha fatto corretta applicazione di detto principio nel caso di specie nel quale era risultato che il B. procedeva, in orario notturno e in presenza di una pioggia abbondante, alla velocità di circa 80/85m km orari, in tratto stradale caratterizzato da una curva volgente a destra e nel quale erano presenti cartelli di pericolo di vario tipo.

Peraltro, il ricorrente, nell’illustrare il motivo in esame, si confronta con la motivazione della sentenza, ma non la considera con riferimento alle specificazioni in essa contenute (a pagina 6) e tanto mina tutto il valore dell’asserto.

2.2. Inammissibili sono anche il secondo ed il terzo motivo, che, in quanto strettamente connessi, sono qui trattati congiuntamente.

In primo luogo, giova ricordare che, in tema di predisposizione di barriere laterali di protezione stradale, sono ormai consolidati nella giurisprudenza di questa Corte: a) da un lato, il principio per cui le regole di comune prudenza e le disposizioni regolamentari in tema di manutenzione delle strade pubbliche non impongono al gestore, in base al rapporto di custodia, o comunque al principio del neminem laedere, l’apposizione di una recinzione dell’intera rete viaria, mediante guard-rail, anche nei tratti oggettivamente non pericolosi, al fine di neutralizzare qualsivoglia anomalia nella condotta di guida degli utenti (Sez. 3, Sent. n. 15723 del 18/07/2011, Rv. 619511 – 01); b) e, dall’altro, il principio per cui la circostanza che l’adozione di specifiche misure di sicurezza non sia prevista da alcuna norma astrattamente riferibile ad una determinata strada non esime la P.A. medesima dal valutare comunque, in concreto, ai sensi dell’art. 14 C.d.S., se quella strada possa costituire un rischio per l’incolumità degli utenti, atteso che la colpa della prima essere sia specifica che generica e quindi consistere sia nell’inosservanza di specifiche norme prescrittive che nella violazione delle regole generali di prudenza e di perizia (Sez. 3, Ord. n. 10916 del 05/05/2017, Rv. 644015 – 02). Questa Corte ha anche precisato che la P.A., qualora abbia collocato una barriera laterale di contenimento per diminuire la pericolosità di un tratto stradale, è tenuta a curare di verificare che detta barriera non abbia assunto nel tempo una conformazione tale da costituire un pericolo per gli utenti, con la conseguenza che, nel caso in cui ometta di intervenire con adeguati interventi manutentivi al fine di ripristinarne le condizioni di sicurezza, viola non soltanto eventuali norme specifiche che ad essa impongano di collocare barriere stradali nel rispetto di determinati standard di sicurezza, ma anche gli stessi principi generali in tema di responsabilità civile (Sez. 3, Ord. n. 22801 del 29/09/2017, Rv. 645773 – 01)

Ciò posto, occorre dar atto che il ricorrente inammissibilmente non indica in quale sede processuale abbia già sollevato la questione della normativa applicabile al caso di specie in materia di barriere.

Occorre poi aggiungere che, se è vero che la P.A. è chiamata a valutare in concreto eventuali elementi di rischio per la sicurezza degli utenti, è anche vero che le misure di precauzione e di salvaguardia non si estendono alla considerazione di condotte abnormi. Tale è stata per l’appunto ritenuta dai giudici di merito la condotta dell’odierno ricorrente, che, a causa dell’alta velocità tenuta nonostante la pioggia, dapprima ha sterzato verso destra, invadendo la banchina, poi ha controsterzato a sinistra, andando a superare un dislivello di 8 cm tra banchina e piano stradale; e infine è finito nella scarpata posta nell’opposto senso di marcia. Rispetto a tale condotta di guida la mancata presenza di guard rail nella corsia opposta al senso di marcia è stata correttamente non ritenuta elemento causale diretto tra l’evento ed il danno.

Infine, il ricorrente non solo non si confronta con quanto esposto dalla sentenza a pag. 8 a proposito dell’inapplicabilità nella specie dell’art. 2043 c.c. “mancando i requisiti della non visibilità oggettiva e della non prevedibilità soggettiva”, ma, là dove pretende di sostenere la pericolosità del tratto di strada, prospetta sostanzialmente a questa Corte (non una censura in iure, ma) un apprezzamento di fatto, invece precluso in sede di legittimità (cfr. sent n. 10916 del 2017).

3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, nonchè al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna il ricorrente al pagamento in favore della provincia resistente delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2019

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